ADALINDA GASPARINI              PSICOANALISI E FAVOLE

FIABE ITALIANE ANTICHE, REGIONALI E ALLOGLOTTE
V
STORIA D'UNA SIRENA

ITALIANO
1893



V
STORIA D'UNA SIRENA
(Del popolo tarentino)
Una bella donna, sui venticinque anni, co' capelli e gli occhi neri come l'inchiostro, e le carni bianche come il latte, una volta che il marito marinai navigava in lontane regioni, tentata da un bel giovine, cedette a costui, e divenne infedele.
Presto però pentissene, e, tornato il marito, gli si gettò alle ginocchia, confessando il fallo, e domandogli perdono.
Il marinaio però non cedette alle sue preghiere, e benché amasse di forte amore la moglie, decise di punirla.
- Preparati a morire, - le disse.
La donna, atterrita, pregò di nuovo, supplicò, pianse, strappandosi  i capelli...
Fu vana ogni promessa pel futuro...
I marinai hanno una sola parola!
Lo stesso giorno, solo colla moglie infedele, sciolse le vele alla sua nave, e partì.
E appena giunto in alto mare, all'improvviso strinse la moglie per la vita e la gettò fra le onde.
- Ora sono vendicato, - disse, e mestamente tornò in porto.
Le sirene però ebbero pietà della bella annegata, e l'accolsero tra le loro braccia.
La bellezza è cagion di pietà, e una donna come quella non poteva morire ignobilmente come pasto de' pesci.
L'accolsero dunque, e la condussero ne' loro palazzi incantati, ove uno stuolo di belle donne e di vaghi giovani l'attendevano per farle festa: e chi le pettinò le chiome lunghe e lucenti, chi le profumò le mani e il seno, chi le pose al collo di cigno una collana di rossi coralli, chi le infilò alle dita sottili grossi anelli rilucenti...
E le posero questo nome: Schiuma.
Ella, stupita da tante ricchezze e tante cortesie, dimenticò in parte le sue passate sventure.
Dopo pochi giorni però il dolor del tradimento fatto al giovine e amato marito cominciò a poco a poco a torturarle di nuovo l'anima. E divenne a un tratto triste e taciturna. E dal suo volto sparì il colore, dalla sua bocca il sorriso.
Le sirene ne furon dolenti, e per consolarla alquanto le impararono molti soavi canti. Era questo un segno speciale di loro affetto, giacché elle solamente possedevano il segreto di cantare in modo sì dolce e allettatore, da attirare nelle loro reti gl'incauti marinai. La donna perciò prese posto nel coro delle belle sirene.
Ella però non sempre appariva a galla confusa nel vago stuolo, ché anzi amava la solitudine, e spesso soletta vagava di qua e di là.
Una notte, mentre il cielo e il mare erano illuminati dolcemente dal plenilunio, ella scorse da lontano un grosso legno, che colle vele gonfie navigava...
Mentre vi si avvicinava, le sirene le dissero:
- Vieni con noi, vieni con noi a cantare...
E, sotto il bastimento, elevaronsi le note soavi d'un canto non mai più inteso...
Allora, dal parapetto del legno, si vide un uomo slanciarsi in mare: egli, allettato dal canto, era preda delle vaghe abitatrici del mare.
Schiuma però, alla luce della luna, lo aveva riconosciuto: quell'uomo era stato suo marito.
Allora pregò e supplicò le sirene che non l'uccidessero, né lo trasformassero in corallo, o in bianco cristallo... ché ella voleva tentare a modo suo la trasformazione... che lo lasciassero vivo almeno altre sole ventiquattr'ore.
Le sirene, mosse a pietà dalle sue parole, acconsentirono a tutto quanto ella disse.
Allora, vistasi di nuovo sola, si appressò a un bianco palazzo, dove era stato chiuso il marinaio. E cominciò a cantare soavemente.
Dicea la canzone:

- Io ti conobbi in vita, e a te fui ingrata; tu mi amasti, traendomi dal mio nido di fanciulla, per pormi nel dolce talamo dell'amore; ti tradii; quanto ho pianto, quanto ho pianto pel tradimento mio! Ora riconoscimi, sono tua moglie, che non può più tornare sulla terra. Per darti una prova dell'amor mio, sono venuta qui per salvarti, e ti salverò!
Intese l'infelice prigioniero la canzone, e ne rimase meravigliato. Chi mai cantava così? Davvero era sua moglie?
E proseguia la canzone:
- Per salvare te, io avrò la morte, perché le sirene mi puniranno di aver data la libertà a chi era destinato a morire. Morirò beata per te!
- Ora ascoltami. Le sirene sono qui presso a giuocare, ed  è già tardi. Il sole sta per spuntare, e tu sai che esse il giorno riposano, e la notte tendan le reti ai marinai. Nella prossima sera, appena esse di nuovo si saranno allontanate da qui, io verrò a prenderti. Tu abbracciati a me, e lasciati portare dove io voglio! Ora addio, finisce la canzone!
Passò il giorno, giunse la sera.
Il marinaio, trepidante, aspettava, ancora dubbioso, che la sua salvatrice venisse a salvarlo.
E venne infatti ella, raggiante di gioia, e presolo seco, navigò, navigò per molte ore, finché giunse presso un grosso legno.
- Domanda aiuto a quei naviganti, - dissegli la donna.
 Il marinaio gridò tre volte.
Dal bastimento fu calata in mare una scialuppa, e il naufrago fu preso a bordo, e salvato.
Ritornossi egli in sua casa, sentissi però infelice. Risvegliossi in lui il vecchio amore per la moglie, commisto a un alto sentimento di gratitudine.
E allora decise di salvare, a sua volta, la moglie, o di morire nelle onde presso di lei.
S'internò in una foresta, e s'assise sotto un albero di noce, ove era fama che scendessero spesso le fate a carolare.
Attese, attese. Ad un tratto, accanto a sé, scorse una brutta vecchia che sorridea.
- Chi sei tu? - domandògli la strana megera.
- Io sono un infelice! - esclamò melanconicamente il marinaio.
- Sentiamo un po' da che cosa dipende questa tua infelicità...
L'altro capì che la vecchia era una fata, e che avrebbe potuto salvarlo da ogni suo danno, e, aprendo l'animo alla speranza, raccontò tutt'i casi della sua vita.
- Bene, - disse la vecchia in fine, - tu mi sembri un buon giovine, e io voglio farti riacquistare tua moglie. Però, ad un patto. Accetti?
- Farò tutto quello che voi mi direte.
- Quando è notte profonda torna qui stesso, e deponi sotto quest'albero un fiore che trovasi soltanto nel palazzo delle sirene, e che chiamasi il più bello...
- Ma come farò io, poveraccio, a torre dal fondo del mare un simil fiore?
- Eppure, se vuoi riacquistare tua moglie, devi portare qui tal fiore.
- Va bene, tenterò, - disse l'altro, e giunto alla riva, s'imbarcò sul suo magnifico bastimento, e sciolse le vele a' venti.
Giunto in alto mare, chiamò per nome la moglie. La bellissima donna gli rispose subito.
- Amore mio, - disse, – io ho pensato di salvarti.
- E come? - domandò commossa la poverina.
- Se tu hai il potere di darmi un fiore, ch'è ne' palazzi delle sirene, e che si chiama il più bello, sarai salva, e ritornerai presto nella nostra casa.
- Ah, ciò è impossibile. Il fiore c'è, e tramanda profumo celeste, ma esso fu rapito alle fate, e quel giorno in cui fosse ritornato a quelle, morrebbero cento sirene. Io sarei compresa tra queste, sicuramente.
- Tu non morrai, - disse il marinaio, - perché ti salverebbero le fate.
- Vieni domani qui stesso. Ti darò la risposta.
All'indomani il marito tornò.
- Ebbene? - domandò alla moglie.
E quella:
- Perché io possa arrecarti il fiore che desideri, è necessario che tu compia un sacrificio.
- Quale?
- Ecco: devi vendere ogni tuo avere, e col denaro ricavato devi acquistare i più bei gioielli che c'è nei magazzini degli orafi delle principali città del regno. Le sirene, attratte dalla vista di così bei gioielli, si allontanerebbero tutte dal palazzo, e io potrei rapire il fiore.
- Va bene, - rispose il marito, e tornò a terra.
In pochi giorni vendette ogni suo avere, e acquistò i più splendidi gioielli del regno. Con quelli si recò in alto mare, e li espose al sole.
Una  turba di sirene lo cominciò a seguire, pregandolo di dar loro qualche cosa.
Mentre ciò avveniva, si udì all'improvviso un profondo scoppio, e l'acqua del mare si elevò a immensa altezza.
Le sirene compresero tutto...
Cento di esser morirono.
E si vide navigare a cavallo d'una scopa, per l'aria, una fata che portava con sé la bella donna, moglie del marinaio, col fiore rapito...






RIFERIMENTI E NOTE
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TESTO
Giuseppe Gigli, "Storia d'una sirena", in: Superstizioni pregiudizi e tradizioni in terra d'Otranto.Con un'aggiunta di canti e fiabe popolari. Firenze: G.Barbera, 1893; pp. 231-238
Rist. anast., Sala Bolognese: Arnaldo Forni Editore, 1979.
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TRADUZIONE PP/ASAP
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IMMAGINE Arthur Rackham, UndineThe final illustration by A.R. for  Friedrich de la Motte Fouqué's 1909 publication, Undine.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arthur_Rackham_1909_Undine_%2815_of_15%29.jpg; ultimo accesso 6 agosto 2025.
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NOTE

Zio Gilletto






online dal 12 agosto 2025