Il potentissimo re Fierarmata aveva una
figliuola a nome Ninetta, sul fulgore degli anni e
della bellezza.
Costei abitava insieme con una giovine dama di compagnia,
in una parte del castello decorata con immensa profusione
di marmi preziosi, e di preziosissimi legni odorosi. La
sua camera da letto era smagliante di pietre d'alto
valore, e il letto ov'ella dormia i suoi placidi sogni di
vergine era tutto un pezzo d'oro.
Un giorno ella volle uscire con la sua compagna in città.
Ma appena varcata la soglia del portone s'incontrò in una
vecchia d'orribile bruttezza.
La giovine regina allora mirandola esclamò:
- Com'è brutta!
Quella vecchia era una fata, che sorrise di disprezzo a
quelle parole, e rispose:
- Che tu possa trasformarti secondo il tuo desiderio, e
che tu possa innamorarti del figlio del re, e che questo
non ti ami, se non dopo che tu avrai fatto la serva!
Ninetta turbossi a questa imprecazione, ma la sua compagna
rassicurolla, pregandola a non dare ascolto alle parole
d'una vecchia.
Passarono molti mesi.
Un giorno fu annunziato al castello l'arrivo, di un
giovine principe straniero, che viaggiava per diporto. Fu
ricevuto con la massima cortesia, e rimase ospite della
real famiglia per tre giorni. Quel giovine era bellissimo,
e toccò il cuore di Ninetta. Quando egli partì per
proseguire il lungo viaggio questa rimase profondamente
addolorata, senza saperne discacciare dagli occhi la
immagine, e dal cuore il desio.
Un giorno, non potendo più tollerare tanto martirio, ne
parlò col re suo padre; il quale, amantissimo com'era di
quell'unica figliuola, e vedendola lentamente deperire
nella salute, le promise che sarebbe immediatamente
partito alla volta del reame del padre del giovine
principe, per fargli noto un così fervido amore.
Partì infatti, e vi giunse accolto cortesemente dal
vecchio re, suo amico. A costui confidò le ansie e il
desio della figliuola, pregandolo di farne partecipe il
principe.
Il vecchio re promise che tutta la sua autorità
interposta, acciò si compissero nozze lui bene
accette; ma quando la sera ne parlò al figliuolo, questi
rispose con una solenne risata, e soggiunse:
- No, caro padre, io non prendo moglie!
Il re insistette, facendogli noto il languore e il fervido
amore di Ninetta; e quello allora, traendosi di tasca un
fazzoletto finemente ricamato, disse:
- Ebbene, fatele pervenire questo fazzoletto, affinché
ella, a me pensando, si asciughi le lacrime che verserà
per amor mio!
Tornato il re Fierarmata al castello, consegnò il
fazzoletto alla figliuola, ripetendole l'ottenuta
risposta.
Questa cadde allora in profonda malinconia, e cominciò a
soffrire seriamente nella salute.
Suo padre attese parecchi mesi, e, vedendo riuscire vana
ogni cura, decise di tornare dal padre del lontano
principe, per cercare di riuscire nuovamente nell'intento.
Ma neppur questa volta fu felice, perché il crudele
giovine, consegnandogli una boccetta ripiena di profumata
acqua, disse:
- Io non prendo moglie; però presentate questa boccetta
alla vostra figliuola, affinché se l'appressi al naso,
quando si sentirà venir meno per me!
Ninetta conosciuta col ritorno del padre la brutta
novella, infermò gravemente. Invano re Fierarmata chiamò
intorno al suo letto i primi medici del reame; invano
promise metà delle sue ricchezze a colui che ridasse la
primiera salute alla sua figliuola...
Ed una notte che la malata era per morire, egli si rivolse
al suo buon Genio, ed esclamò:
- Fatela ancora vivere, sin ch'io compia un altro viaggio.
Postosi immediatamente in viaggio, dopo tre giorni, giunse
al castello del giovine crudel principe. Non appena lo
scorse da lontano, con gli occhi pieni di lagrime, gridò:
- Volete dunque farmi morire l'unica figliuola, il solo
bene della mia vita? E volete dunque mostrarvi più crudele
d'una tigre?
Quello sorrise, e traendosi di tasca un lungo laccio d'oro
finissimo, rispose:
- Io non prendo moglie; però presentate questo laccio alla
vostra figliuola, affinché, se è vero ch'ella soffre tanto
per amor mio, la finisca una buona volta colla vita, e si
appicchi con esso a un albero!
Lo sconsolato padre tornò al natio castello, e riferì,
tra' singhiozzi, alla figliuola la villana risposta.
Ninetta prese quest'ultimo oggetto, e levandosi
improvvisamente da letto, disse:
- Ora sto bene; mi ha guarita il mio buon Genio; però qui
non posso più stare, e voi, padre, beneditemi, ché per
lungo tempo non ci potremo vedere. Io debbo fare un lungo
viaggio.
Il padre cercò di ritenerla con sé, ma riuscendo vane
tutte le sue premure di affetto, la benedisse, dicendo:
- Ti accompagni la fortuna, Ninetta!
E Ninetta partì.
2.
Giunta alla città capitale del reame appartenente al re,
padre del giovine principe che ella amava, domandò ad
alcune popolane qualche informazione su' costumi di
quest'ultimo, e seppe ch'egli aveva amorose relazioni con
una bellissima donna maritata.
Ella pensò: « Ah, l'infame! Perciò dice di non voler
prender moglie! E dunque mi pospone a codesta donna?
Voglio vederla ».
Si vestì poveramente, come una mendicante, e andò a
bussare alla porta della sua rivale.
- Sono una povera giovine abbandonata da tutti, - ella
disse con voce tremante, - e vi prego di volermi
accogliere come serva.
La donna, che ricamava oro ed argento una magnifica
sciarpa da guerriero, disse:
- O povera giovine, non ho bisogno di serve.
- O buona signora, accoglietemi per carità; ascoltate, io
non voglio alcuna mercede da voi; mi basta un letto, e un
pezzo di pane, e vi assicuro che resterete contenta di me.
Accoglietemi, o buona signora.
L'onesta e bella faccia di Ninetta commosse colei, che
finalmente disse:
- Ebbene, entrate pure in casa.
Dopo parecchi giorni, tanto la donna come suo marito
eran davvero contentissimi delle buone qualità della
serva, e ringraziavano la fortuna che l'aveva loro
mandata.
Il marito, specialmente, ammirava in lei i bei modi
gentili, e la cortese favella, tanto che un giorno, dopo
aver fatto un ghiotto pranzo e alzato bene il gomito,
chiamandola per nome, disse:
- O Ninetta, tu parli tanto bene; raccontami un po'
qualche istoria...
E quella:
- O signore, io ve la racconterò fra qualche giorno.
Intanto la giovane regina non dormiva; ed a furia di
spiare, vide che ogni notte la sua padrona abbandonava il
letto del marito, e, tratto da un armadio un mazzo di
chiavi, con queste apriva quattro porte dell'appartamento,
e giunta in una stanza buia, ritrovava il giovane
principe, col quale passava molte ore...
Si fu allora un giorno che l'uomo aveva più del solito
bevuto generosamente, ella disse:
- O non volete dunque ascoltare una storia?
- Sì, sì, brava Ninetta, racconta pure...
- O signore, io vorrei, ma temo che novellando non dia
pena alla mia signora, vostra moglie.
E costei:
- Narra, narra pure.
- Ebbene, ascoltate. Vi è un figlio di re, bello e
crudele, che fa soffrire a morte una giovine principessa,
padrona del più vasto reame del mondo, per dare il suo
cuore a una donna volgare che tradisce il proprio marito.
Questa donna ogni notte si leva dal letto, apre un armadio
da cui toglie più chiavi, traversa una, due, tre, quattro
stanze, si adagia su un letto morbido di piume di cigno, e
si inebbria col giovane principe di abbracci e di baci...
La donna, a queste parole, divenne bianca come calce.
Il marito disse:
- E chi è mai questa donna?
- Voi, o signore, l'avete a lato.
- Che dici mai, mia moglie?
- Sì, o signore.
- E in quell'armadio sono le chiavi?
- Sì, o signore.
- Se ciò fosse una vile calunnia, non meriteresti tu la
pena di morte?
- Sì, o signore.
Il tradito marito si appressò all'armadio, tolse le
chiavi, aprì e attraversò le quattro stanze, attese
un'ora, due, e vide comparire il giovine principe...
Il giorno dopo alcuni barcaioli pescavano in mare il
cadavere della donna infedele.
Ninetta si era vendicata.
3.
Passarono molti altri mesi, otto, dieci forse.
Il giovine principe era intanto caduto in profonda
malinconia, dopo la perdita della donna amata. Il padre
suo aveva pure tentato ogni mezzo per distrarlo dai cupi
pensieri, ma tutto era riuscito inutile.
Si fu allora che qualcuno gli consigliò di accettare
l'offertagli mano della figlia del re Fierarmata; ma egli
rispose:
- Nel mio cuore non c'è che una sola immagine di donna, e
questa ora è morta: nessun'altra può supplirla!
Allora il re padre pensò di dare nel suo castello delle
sfarzose feste da ballo, alle quali dovessero convenire
tutte le più belle donzelle del reame, sperando che di
qualcuna di esse potesse innamorarsi il povero figlio suo.
Era una sera di gennaio la prima volta che il castello si
aprì a migliaia di invitati. Il giovine principe vide
passare sotto lo sfavillio di mille lumi le più vaghe
donzelle; ma per nessuna ebbe il più lieve sorriso.
Suonava la mezzanotte quando, all'improvviso, nella sala
sollevossi un mormorio di ammirazione. Tutti volsero gli
occhi verso l'uscio, e videro apparire la più bella
fanciulla che mai mani di fata avessero potuto scolpire.
Camminava ella con solennità maestosa, gettando qua e là
sprazzi di luce da' diamanti che tempestavano il suo
abito, tutto velo e trine. Nel viso aveva tutte le grazie
d'una dea, e negli occhi il lume d'una stella.
A quest'apparizione, rimase meravigliato il giovine
principe, che, fino allora rimasto seduto malinconicamente
in un canto, si levò e invitò alla danza la bella
sconosciuta. Questa accettò, e fu vista nelle braccia di
colui volare mollemente, più che calpestare co' piedi il
terreno.
E allora il principe domandolle.
- Chi siete mai?
- O principe, io non posso dirvelo.
- Almeno ditemi in quale paese nasceste.
- Pur questo è un segreto.
- Voi siete assai bella!
- Grazie, principe.
Chiusa alla mattina la festa, il principe mandò due
cortigiani alla ricerca della bellissima fanciulla, per
offrirle la sua mano, tanto era innamorato di lei; ma
invano quelli picchiarono a tutte le case della città, ché
nessuno aveva mai vista o albergata alcuna straniera.
Dopo alquante sere, una nuova festa fu indetta a corte, e
non era ancora scoccata intera la mezzanotte, quando
novellamente apparve la meravigliosa fanciulla.
Questa volta ella era vestita di azzurro, e sugli abiti
suoi v'erano gettate in perle le ricchezze d'un re.
Vederla, e avvicinarsele per invitarla al ballo, fu un
momento solo pel principe.
E le disse:
- Io ho pensato sempre a voi, e vi amo. Vi offro un regno
e una corona: volete accettare la mia mano?
- O principe, io non prendo marito...
- Se voi rifiutate, io passerò nel pianto la mia vita per
amor vostro...
Allora quella trasse dal seno un fine fazzoletto ricamato,
e porgendolo a lui disse:
- Se piangete per me, con questo fazzoletto asciugatevi le
lacrime.
E sparì.
Il giovane principe si struggea di malinconia.
I medici chiamati intorno a lui non sapevano trovare un
rimedio al male.
E dopo tre giorni una novella festa fu indetta a corte.
Questa volta la bella sconosciuta apparì vestita tutta di
piume di cigno, sicché parea che volasse in una morbida
nube. Scorgendo il principe sconsolato, ella sorrise, e
avvicinandoglisi mormorò:
- Soffrite, o principe?
- Sì, e per voi. Fra pochi giorni venite almeno a visitare
la mia tomba, ove voi, coll'ostinato rifiuto, mi spingeste
a poco a poco!
- Mi duole, principe, ma nulla ho da farvi: io sono
destinata a non prender marito: lo sapete: ma pure,
ecco...
E ciò detto gli porse una boccetta di cristallo:
- Qui è rinchiuso un soave profumo; se per amor mio vi
sentirete qualche volta venir meno, odoratelo, o
principe...
E sparì.
Il principe moria. Al castello si facevano già i
preparativi funebri. Allora egli chiese al padre che prima
di morire gli facessero rivedere almeno un'altra volta la
misteriosa straniera.
- Date un'altra festa, - egli disse, - così solo potrò
ritrovarla.
E la festa fu data. Il principe con gli occhi infossati e
il respiro affannoso fu portato nella gran sala.
Quando, in sulla mezzanotte, apparì la bella, egli
sentissi rivivere. Questa volta essa era coperta da una
fitta rete di smeraldi e di diamanti.
Le si appressò:
- Volete dunque davvero farmi morire disperato come un
cane? Volete davvero mostrarvi più crudele d'una tigre?
- O principe – rispose ella, - c'è chi vi ama ed è
disprezzata da voi... ora io non posso darvi che questo
laccio d'oro, affinché affrettiate la vostra morte,
impiccandovi per amor mio a un albero...
E ciò dicendo gli porse un grosso e fine laccio d'oro.
Poi sparì.
4.
Il giorno dopo tutta la corte era in movimento, perché il
giovine principe, riacquistata all'improvviso una insolita
energia, colla scorta di cento cavalieri, doveva partire
pel giro del mondo, alla ricerca della bella sconosciuta.
Un minuto prima della partenza, presentossi alle porte
della reggia una mendicante, col viso tinto di carbone e
gli abiti sdruciti, la quale chiese di parlare al re. I
domestici la volevano respingere, ma in quel momento
apparve davvero il re.
- Maestà, - gridò ella, - io sola ho la possibilità
di guarire il figlio vostro.
- E come? - esclamò il re.
Allora quella, presentandogli una focaccia di pane,
rispose:
- Mangi il principe di questo pane, e vi assicuro che
guarirà.
Il re sorrise per incredulità; pure per la curiosità del
nuovo espediente accettolla, e, rientrato in casa, la
porse al figlio.
Questi, colla scorta, partì.
A mezzogiorno, nel cuore d'una folta foresta, smontarono
tutti da cavallo per riposarsi, e rifocillarsi con qualche
leggiera colazione.
Il principe allora prese la focaccia, e nell'aprirla in
due, vide cadersi ai piedi un grosso anello d'oro.
Raccoltolo, vi lesse per il cerchio queste parole: «Chi tu
disprezzasti, ora desideri; tu vai lontano, e te la lasci
indietro. Torna nelle sue braccia, Ninetta ti aspetta!»
Stupefatto egli di ciò, comandò alla scorta di tornare al
castello, ove giunto, trovò sulla soglia d'entrata, la
mendicante che gli aveva fatta pervenire la focaccia. Le
comandò allora di venir nelle sue stanze, ove giunti, le
disse:
- Spiegatemi il mistero di questo anello.
E quella:
- O principe, imparate a rispettare meglio chi, nata come
voi, vi offre il cuore!
Allora, sorridendo, ella all'improvviso trasformossi in
vaghissima fanciulla, nella quale il giovine riconobbe la
sconosciuta sua bella, la misteriosa visione delle feste
al castello, la figlia del Re Fierarmata, Ninetta.
Il giorno dopo le sfarzosissime nozze eran proclamate da
cento araldi pe' due potenti reami.
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