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1.
Quale fiaba. Si scelga una fiaba con le caratteristiche di ricchezza narrativa e di densità simbolica che caratterizzano sia molte fiabe antiche, sia molte fiabe raccolte alla fine del XIX secolo dai demologi in Italia come in tutta Europa: chi non intende condurre una ricerca personale può scegliere in questo sito fra le fiabe che ho reso in italiano per Giunti (Collana Gemini, Basile-Straparola, Le prime fiabe del mondo, Firenze 1996), o fra altre fiabe italiane, antiche, dialettali e alloglotte. |
2. Fra queste fiabe l’insegnante sceglierà quella che avverte come più bella e significativa, anche se non sa il perché e non ne conosce l’interpretazione. Nulla che non sia bello e sensato per l’insegnante potrà apparire tale ai suoi bambini. |
3. Per prepararsi,
l’insegnante che non abbia già fiducia in sé come
lettore narratore, legga ad alta voce la fiaba più
volte, ricorrendo al registratore per riascoltarsi,
o chiedendo di ascoltarlo ad altri. Quando sentirà
la propria recitazione come efficace potrà
leggere la fiaba alla classe. |
4. Ai bambini, prima
della lettura Agli alunni va detto che la
lettura della fiaba è un lavoro diverso dal solito,
precisando, in particolare, che non darà luogo a
nessun tipo di correzione o valutazione. Si precisi
che la fiaba che ascolteranno antica, e che è
considerata un pagina raffinata di letteratura, di
solito riservata a un ristretto numero di studiosi.
Si anticipi che non si darà nessuna spiegazione sul
significato di termini difficili o strani, che fanno
parte dell’esperienza, o del gioco: i bambini non
devono preoccuparsi di quanto non capiscono, e sono
autorizzati a interpretarlo come meglio credono. |
5. Durante Nella mia esperienza, dalla
scuola materna alla media inferiore, e nei gruppi di
adulti, il silenzio del gruppo in ascolto è intenso,
di una qualità rara. Direi che se non si realizza
questo silenzio si può considerare fallita
l’esperienza: quale dei punti precedenti non è stato
rispettato o compreso? |
6. Dopo
Si lasci qualche momento di
silenzio, come dopo la proiezione di un film, e poi
si dica ai bambini che ora possono scrivere o
disegnare la storia, tutta, come un riassunto,
alcune parti, o anche una parte sola. Sono da
evitare frasi trite come ‘fai quello che ti ha
colpito di più’ o ‘che più ti ha interessato’. Si
dica che chi non vuole partecipare potrà restare in
silenzio, lasciando lavorare gli altri. Si dia un
tempo definito, in base alle proprie esigenze -
nella mia esperienza va bene sia un quarto d’ora sia
un’ora - e si precisi
che chi non disegna né scrive non darà il suo
contributo per il nuovo racconto della fiaba. A
questo proposito non si diano spiegazioni, neanche
se richieste: si mantenga il mistero, come per una
sorpresa che si sta preparando. In questa fase è
indispensabile che il narratore non intervenga in
alcun modo se non ribadendo quanto ha già precisato,
né correggendo nessun elaborato, né charendo nessun
fraintendimento, né dando la minima indicazione su
come procedere nel lavoro. Si può ribadire che non
possono esistere errori e che non ci saranno né
correzioni né voti per nessuno. Seguire questa
regola è indispensabile per creare uno spazio
diverso da quello usuale. |
7. Raccolta Si raccolgano e si mettano da parte con cura gli elaborati. Il narratore da solo, più tardi, li guardi senza fretta, senza preoccuparsi in un primo momento di come potrà usarli per la versione collettiva. Di solito la prima impressione è che i lavori siano poco significativi, ma continuando a osservare e a riflettere, possibilmente con intervalli di tempo, a un certo punto cominciano a parlarci. |
8.
Organizzazione del materiale per |
8a.
ogni alunno deve essere rappresentato almeno con un disegno o con un brano, anche una sola frase, nella versione collettiva, perché ogni alunno senta che la sua voce, la sua parola, è parte integrante della versione collettiva; |
8b.
per ottenere un racconto che tenga, e che perda il meno possibile della ricchezza della fiaba letta, l’insegnante selezionerà prima di tutto i singoli passaggi riespressi dalla classe, anche se da un solo disegno o da una sola frase, in modo da inserirli nella versione collettiva; |
8c. se un alunno che mostra abitualmente
poco interesse alle attività didattiche ha lavorato
con particolare passione, il suo frammento di
racconto dovrebbe trovare una collocazione che
valorizzi questa partecipazione, ma senza enfasi,
perché resti in equilibrio con tutti gli altri;
|
8d. dopo aver dato spazio a tutti i bambini,
alcuni dei quali possono aver scrit o disegnato solo
un particolare, l'insegnante userà ora i riassunti
che aveva messo da parte, di solito scritti dagli
alunni normalmente migliori; grazie ai loro testi
potrà dare la forma migliore e più completa al
tessuto della narrazione, colmando le lacune dovute
al fatto che la maggioranza degli alunni di solito
rappresenta soltanto due o tre passaggi della fiaba;
|
8e. quando l’insegnante sentirà di disporre
di una nuova versione della fiaba, interamente
formata dai frammenti narrativi tratti dai bambini,
ricca e significativa quanto quella originaria,
anche se abbastanza diversa, potrà passare alla fase
successiva.
L’insegnante esperto di fiabe e miti sarà sostenuto in questo lavoro dalla consapevolezza che le storie collettive sono frutto di continue trasformazioni, e che ogni narratore, colto o analfabeta, modifica la storia che ha sentito ogni volta che la rinarra. L'insegnante che abbia un'esperienza psicoanalitica, o che conosca qualche studio sulla fiaba, come il lavoro dello psicoanalista freudiano B. Bettelheim o della junghiana M. L. von Franz (vedi Bibliografia) sarà consapevole dell'importanza della fantasmatica inconscia nella vita affettiva del bambino: partecipando sia di questa sia della fantasia cosciente, le fiabe sono esche di menzogna per verità segrete, difficili da condividere. La loro potenza risiede su questo, che è il motore della versione collettiva: per sperimentarla sono necessarie doti di pazienza, sensibilità, apertura, intelligenza, passione e una capacità lavorativa non comune, mentre la competenza psicoanalitica è presiosa ma non indispensabile. |
9. Presentazione
della
versione collettiva In questo sito si posso osservare esempi di versioni collettive, relativi a varie esperienze nella scuola dell’obbligo. Fra i testi su questo tema accessibili online, fra le pubblicazioni di Adalinda Gasparini, vedi in particolare, per questa sperimentazione, Re porco e i bambini narratori, e L'orologio e la gemma. L’insegnante in questa fase dovrà dar fondo alle sue abilità di sceneggiatore e regista. Nelle mie prime esterienze, quando nessuna scuola aveva i mezzi tecnici ora presenti, la versione collettiva poteva essere solo scritta - possibilità poco praticabile prima della quinta elementare - e quindi recitata, oppure si potevano appendere con un certo gusto i disegni e i testi dei bambini, per poi vederli come una mostra d'arte, ripercorrendo con la regia dell’insegnante o del formatore la storia rinarrata. Il risultato è ottimo, e corrisponde al gusto dei bambini, utilizzando un computer e un videoproiettore: si costruisce un powerpoint con i disegni passati allo scanner e le trascrizioni - fedeli anche negli errori vistosi - degli scritti dei bambini che si sono scelti. Oppure si possono proiettare i disegni e leggere i testi, o anche proiettare solo i disegni: questo può essere necessario alla scuola materna e nei primi anni delle elementari, quando i bambini non sanno o non desiderano scrivere. Questa fase finale, la cui riuscita dipende dalla laboriosa fase descritta al punto 9, richiede un entusiasmo e una sensibilità, possibili come frutti di tutto il lavoro precedente. L’insegnante che proporrà ai bambini la versione collettiva di cui è regista, non sarà presente come personaggio, perché il suo lavoro servirà a fare il miglior film con gli attori e le risorse che ha a disposizione: se ci riesce è un buon regista. Se l’insegnante ha difficoltà tecniche, sarà utile che possa contare sull'aiuto di un altro adulto che lo supporti come tencnico durante la preparazione e la presentazione della versione collettiva. Sarà così più libero di orchestrare la regia. Nelle classi di scuola elementare, in cui parti essenziali della fiaba non erano state rappresentate, le ho fatte raccontare lì per lì dai bambini tra un disegno e l’altro: è però sicuramente meglio che gli alunni in questa fase siano solo fruitori. Il loro piacere è scoprire che come insieme, quasi un coro, hanno saputo raccontare la fiaba: che diventa a questo punto la loro fiaba, di ciascuno individualmente, e del loro gruppo come insieme. |
10. Conclusione Se ciò che l’insegnante
ha potuto osservare, nelle proprie reazioni e
nelle risposte del gruppo classe e dei singoli
alunni, non è ampio e profondo, se per
l’insegnante questa esperienza non è
particolarmente significativa, si può dire che
il lavoro della versione collettiva non è
riuscito. I motivi possono essere molti, e
andrebbero analizzati volta per volta in un
lavoro di supervisione: se questa possibilità
manca, è meglio che l’insegnante cerchi altri
metodi di lavoro. L’esperienza personale
di cui si parla in maniera sintetica in questo decalogo, scritto nel 2000 su
richiesta di un gruppo di insegnanti che avevano
partecipato all’esperienza della versione
collettiva, sarà la condizione migliore
per comprendere e utilizzare i lavori che ho
scritto su questo tema. Per ulteriori
approfondimenti su educazione e psicoanalisi,
chi lo desideri potrà inviarmi una
mail. |
Questo
disegno vuol dire quando il Re Porco uccide la
prima Principessa
Disegno e didascalia di un alunno di classe IV elementare dopo la lettura del Re Porco. |