ADALINDA GASPARINI              PSICOANALISI E FAVOLE

FIABE ITALIANE ANTICHE, REGIONALI E ALLOGLOTTE

'NDËVINË, 'NDËVËNATOURË

OCCITANO GUARDIOLO
1992

INDOVINA, INDOVINATORE

TRADUZIONE ITALIANA
2010

La lèrë in ièggë a la Gardië in marquè a la lhi piëiìë lhi ’ndëvënalhë e touttë cantë i lhi në pouìnë dirë: së ièł a ndëvënìë pè, a lëbravë in carchërè. Ma a ’ndëvënavë touttavìë: soulë du ièggë a vè pa ’ndëvinë.
Ou primmë ièggë, ina fùmmënë i lhi vè dirë:
- Ndëvinë, ndëvënatourë, filhë dë prìnchëpë ë dë gran sënhourë: primmë, ł èrë moun pairë, iérë łè moun filhë, iaië in filhë qu’ ał è marì a ma mairë.
Ou marquè a vè pa ’ndëvinë ë a s’ou vè fa ’ndëvinë dë la fùmmënë. Icustë ilh annìa a trouvarë ou pairë ’ncarchërè e, pë o farë mingë, i lou lettìë coummë in filhë: din a stèssë tumpë, iquë filhë ł’èrë ou marì dë la mairë. Ou marquè ałłourë a vè ièra libbrë ou carchërè.
In atrë ièggë, la vè ièssërë ou carchërë qu’a lhi vè dirë ou ’ndëvënalhë:
- Al à sparè enquiì a vëiìa e al à massè ënquiì a vëiìa pè; al à mëngè carnë nëssù ë pa nëssù, quièoutë abë parołłë vèlhë ë al à bouvù iaiguë quë lh’ista pè në ’n chìëlë në ’n tèrrë.
Ou marquè a lhi vè punsë joùërnë e néoutë. A la dërriërë, a s’ou vè farë dirë.
Ou carchërè, tantë iannë arrèië, ał èra scappè dë la prëssoun. A s’èra moucché din  ën coùësquë. Affamè, al avìa sparè na łèourë qu’ilh èra prènnë: al avìa sparè ëshitë ënquiì a vëiìë ë al avìa massè lhi filhë qu’a vëiìa pè. E a së në vè annarë din ëna guièizë e, abë la cartë d’ën łibrë vèlhë (parołłë vèlhë) al avìa pëcchëquè ou fiëquë pë couchënarë la łèourë: courë a së la mënjavë, la vè oassë in vès ë a lhi la vè robbë. E ł’ommë a së vè ièra countuntë dë lhi filhë, carna qu’ilh èra pa nëssù. Ł’aiguë qu’al avìa bouvù ł’èra iquèłłë dë ł’aiga santë, iaiguë quë stava pè në ’n chìëlë në ’n tèrrë.
Ou marquè a vè ièssërë ëshitë coustrèttë a lou librarë, ë d’addonunquë a vë łaissë pèrdë lhi ’ndëvënalhë.
Cera una volta a Guardia un marchese al quale piacevano gli indovinelli e tutti quanti gliene potevano dire: se non riusciva a indovinare, liberava un carcerato. Ma indovinava sempre: solo due volte non indovinò.
La prima volta, andò una donna e gli disse:
- Indovina, indovinatore, figlio di principe e di gran signore: prima era mio padre, ora è mio figlio, ho un figlio che è sposato con mia madre.
Il marchese non riuscì a indovinare e andò a farselo dire dalla donna.
Questa andava a trovare il padre in carcere, e, per farlo mangiare, lo allattava come un figlio: allo stesso tempo quel figlio era il marito di sua madre.
Il marchese allora andò a liberare il carcerato.
Un’altra volta, fu un carcerato che andò a dirgli un indovinello:
- Sparò a chi vedeva e ammazzò chi non vedeva; mangiò carne nata e non nata, cotta con vecchie parole, e bevve acqua che non stava né in cielo né in terra. Il marchese stette a pensarci giorno e notte. Alla fine si fece dire la soluzione.
Il carcerato, tanti anni prima, era scappato dalla prigione. Si era nascosto in un bosco. Affamato, aveva sparato a una lepre che era pregna: aveva sparato a chi vedeva e aveva ammazzato quelli che non vedeva. E se ne era andato in una chiesa e con la carta di un vecchio libro (vecchie parole) aveva appicciato il fuoco per cucinare la lepre: mentre se la mangiava era passato un cane e gliela aveva rubata. E l’uomo si era dovuto contentare dei figli carne che non era nata. L’acqua che aveva bevuto era quella dell’acquasantiera, acqua che non stava né in cielo né in terra.
Il marchese si vide costretto a liberarlo, e da quella volta lasciò perdere gli indovinelli.






 RIFERIMENTI E NOTE
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TESTO Taliant dë la pèirë da Garroc. Canti, filastrocche, racconti, indovinelli e proverbi di Guardia Piemontese. Raccolti e presentati da Silvana Primavera e Diego Verdegiglio, a cura e con Introduzione di Arturo Genre. Alessandria: Edizioni dell'Orso, 1992; p. 93. Il titolo è nostro.
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TRADUZIONE
© Adalinda Gasparini 2010.
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LINGUA
"La storia di Guardia è diversa da quella dei villaggi calabresi dei dintorni. È una storia affascinante e tragica. Terra promessa per popolazioni demograficamente esuberanti, che a partire dalla fine del tredicesimo secolo vi trovarono lavoro e sostentamento, assistette in seguito al loro feroce annientamento. Avamposto tra cristiani di una comunità ugualmente cristiana, ma legata a un visione della propria fede e ad un impegno diversi, vide i fratelli sterminarei  fratelli e poi braccare i superstiti e condizionarme con la forza persino il pensiero, per impedirne la diversità. " (Taliant..., cit. sopra; p. 9)
Nel sec. XIII gruppi di Occitani, prevalentemente valdesi, lasciano il Piemonte e il Delfinato fuggendo le persecuzioni religiose e popolano villaggi del cosentino. Prosperano fino al  XVI secolo, senza praticare pubblicamente la loro fede, ma escono allo scoperto quando giunge loro la notizia dell'adesione dei valdesi del Piemonte al protestantesimo. Pochi mesi dopo viene loro richiesto di rientrare nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, e al loro rifiuto seguono massacri. I pochi superstiti rimasti a Guardia Piemontese vengono posti sotto lo stretto controllo dei domenicani. Senza riti e senza cultura scritta continuano a parlare la loro lingua, ignorati anche dai valdesi settentrionali fino alla fine del XIX secolo, quando un pastore valdese 'scoprirà' in Calabria suoni e nomi familiari.
La distruzione della cultura valdese era stata condotta con un "meticoloso e calcolato progetto di alienazione mentale collettiva" (Ivi, p. 11).
Il guardiolo è rimasto totalmente isolato dalle altre parlate occitaniche, e ha subito l'influsso della parlata calabrese mentre al nord l'influsso era quello francese e italiano. Nel secondo dopoguerra il piemontese, il calabrese, e l'italiano, lingua nazionale, hanno invaso la fragile comunità di Guardia Piemontese. Nel 1990 venivano censiti appena 450 parlanti.
In tutta Europa  i governi "hanno fatto il possibile per eliminare tutte le culture e le lingue diverse" da quella nazionale "o da quelle divenute ufficiali, ignorandole, ridicolizzandole o proibendole. Ed è questa pure la risposta che sinora i governi succedutisi in Italia, anche prima della fondazione della Repubblica, hanno dato al problema, a dispetto della straordinaria varietà e ricchezza che la Penisola racchiude e che si è voluta ignorare" (Ivi, p. 14).

Vedi, in questo sito, la fiaba Mastro Benigno, anch'essa in occitano calabrese.

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IMMAGINE Da Caravaggio, Sette opere di misericordia (1607), Pio Monte della Misericordia, Napoli, https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/0/03/Caravaggio_-_Sette_opere_di_Misericordia_%281607%2C_Naples%29.jpg
ultimo accesso 9 maggio 2024.

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NOTE


Se non riusciva a indovinare, liberava un carcerato

Gli indovinelli che il marchese non riesce a risolvere sono posti da personaggi opposti a lui per condizione: così anche in altre favole, come Soldatino con la figlia del re (http://xoomer.virgilio.it/hitfc/favolea16.htm; consultato il 7 giugno 2011), e come Lo scarafaggio, il topo e il grillo. Di fronte a Turandot, gelida principessa solutrice di enigmi nella raccolta I mille e un giorno di Pétis de la Croix (vedi Bibliografia) che pone enigmi ai pretendenti, facendo loro perdere la testa definitivamente se non sanno rispondere, sta il solutore di enigmi Kalaf, principe ridotto in miseria e ignorato da tutti, al punto che nessuno può indovinare il suo nome. Il nesso fra il motivo dell'enigma e il tema dell'incesto è costante: vedi Historia Apollonii Regis Tyri, dove il protagonista scopre che l'enigma posto dal re come prova di nozze vela e svela il suo rapporto incestuoso con la figlia. Per l'enigma come svelamento dell'incesto vedi, di chi scrive, La luna nella cenere, Capitolo 3.2: L'enigma dell'incesto e il tempo senza tempo.
L'incesto come tema dell'enigma in questa favola guardiola confonde il marchese. In ogni caso l'opposizione fra colui o colei che risolve gli enigmi e colui o colei che li propone, è radicale. Si presenta in questo corpo a corpo la radicale ambiguità del linguaggio, che può significare con assoluta chiarezza e insieme velare e ingannare. Chi esercita il potere sovrano, come il re o la bellissima principessa che non vuole sposarsi, chi conosce la lingua e la usa con magica abilità, nel corpo a corpo col suo opposto incontra il limite del linguaggio, che costringe i solutori di enigmi a comprenderne l'indomabile potenza, perché mantiene nessi costanti con l'inconscio. Come il mito di Edipo è al centro della teoria freudiana, così la parola nel lavoro analitico ha la funzione di accompagnare il soggetto nell'ascolto della complessità enigmatica del linguaggio, come si rivela nei sogni notturni, nei lapsus, negli atti mancati, nei sintomi.
Nemmeno il poeta che padroneggia in misura massima la lingua può dominare la sua natura bifronte, questo è il senso del frammento sulla fine Omero attribuito a Eraclito e riportato da Clemente Alessandrino. Avvertito dall'oracolo di Delfi di guardarsi da giovani ignoranti, Omero un giorno chiese a dei pescatori cosa avessero preso, e questi gli risposero:

...ὅσα εἴδομεν καὶ ἐλάβομεν, ταῦτα ἀπολείπομεν, ὅσα δὲ οὔτε εἴδομεν οὔτ᾽ ἐλάβομεν, ταῦτα φέρομεν
http://it.wikibooks.org/wiki/Utente:Mizardellorsa/
Eraclito#fragmentum_B_56; consultato il 21 ottobre 2011
...quanto abbiamo visto e preso, questo lo lasciamo; quanto non abbiamo visto né preso, questo lo portiamo

Non riuscendo a comprendere cosa volevano dire i giovani incolti, che non pescando nulla si erano cercati i pidocchi, Omero morì di vergogna.  
Il radicale incontro con l'altro, irriducibile a noi, pone un limite all'illusione di padroneggiamento personificata da Edipo, come dal marchese della favola di Guardia Piemontese, come da Turandot: da ogni soggetto che pensa di porre enigmi di cui lui solo conosce la soluzione o di poter risolvere qualunque enigma. Nelle favole incontrare questo limite porta alle nozze, fino a quel punto impossibili.
Fabulando. Carta fiabesca della successione

Vedi la Carta di questa fiaba per accedere all'e-book e ad altre note. Vedi in particolare il Fairinfo per la storia di Cimone e Pero, con la figlia che in prigione allatta il padre salvandolo dalla morte per fame. Il soggetto è nell'immagine di questa pagina, tratta da Caravaggio.











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Ultimo aggiornamento: 9 maggio 2024