ADALINDA GASPARINI              PSICOANALISI E FAVOLE

FIABE ITALIANE REGIONALI E ALLOGLOTTE


C'era una volta un re e una regina; questo re e questa regina avevano una figliola tanto bella, e godevano perchè erano felici. Dopo del tempo, la regina s'ammala, e chiama a letto il su' marito, e gli consegna un anello e gli dice: - " Tieni questo anello: fin tanto 'un hai trovato una ragazza che gli stia bene questo anello 'un sarà nessuna tua sposa; quando tu la trovi, sia chiunque, tu la devi sposare ".
Difatti lei viene a morte, e il re ripone questo anello che gli aveva lasciato la regina. Dopo tanto tempo, finito il lutto, 'un si ricordava più di questa cosa. Un giorno 'un sapendo cosa fare, si mette a bracare per casa, ed in un piccolo cassettino trova l'anello. Allora si ricordò cosa gli aveva detto la regina; prende questo anello e va a fare un giro: a vedere se trovava qualche ragazza che gli stesse bene l'anello.
Dopo aver girato tanti paesi, tante città, 'un trova nissuno che gli venisse l'anello; tutto sgomento ritorna a casa. Pensa cosa doveva fare, a chi lo doveva misurare; gli viene a mente che ci ha sua figlia; la chiama, e gli racconta quello che gli aveva lasciato detto la su' mamma. Gli misura l'anello, e gli stava bene. Povera figliola, sentendo questo, tutta sgomenta, piange e va dalla sua governante, e gli confida questa cosa: che doveva essere la sposa d'il su' babbo; e voleva fuggire. - " Possibile (diceva) che io possa essere la sposa d'il mi' babbo! Si fuggirà lontano insieme, che 'un ci possa trovare ".
Ma la governante, bona, la consiglia che 'un farebbe mai questo per non fare un insulto a il re, che in qualunque luogo li avrebbe trovato, e sarebbero state castigate.
Passa de' giorni senza sapere altro, e lei stava un pochino più tranquilla, perchè, avendogli detto di no a su' padre, credeva si fosse dimenticato di tutto. Una mattina lui manda un servitore a chiamarla, che in tutte le maniere si presentasse un'altra volta a su' padre. Lei, la si figuri con che animo andiede; si raccomandava alla su' governante di dirgli che lei 'un c'era in casa; ma la governante un lo poteva fare, perchè il re 'un n'avrebbe creduto che su' figlia fosse fori di casa a quell'ora. Si presenta a su' padre e lui gli fa il medesimo discorso: che doveva essere la su' sposa, che 'un poteva fare a meno di sposare altro che lei. - Prima la prese con le bone, poi con le cattive, con il dire che disubbidiva su' madre, che 'un sarebbe stata felice in questo mondo se avesse sposato un altro uomo. E lei poverina, sempre sgomenta, si butta in ginocchioni a raccomandargli che 'un gli facesse fare questo passo, che 'un poteva essere possibile! ... che lui l'avesse abbandonata che l'avesse mandata lontana; fosse anche povera, a lei 'un gli interessava di nulla. Per via del popolo anche.... che cosa direbbe? E poveretta piangeva piangeva!
Allora lui 'un sapendo che mezzo trovare gli disse, che l'avrebbe castigata severamente, e non sarebbe sortita di lì, senza che fosse la su' sposa. Lei convinta di questo, per timore d'il padre, lo sposò segretamente senza farlo sapere a nessuno.
Dopo del tempo lei viene di essere incinta. Ora il re rimane tanto confuso, disperato, vedendola in quello stato che è lì, e 'un sapendo come fare per non far scoprire nulla, che ti fa? chiama dei medici e la fa sparare, gli levano il figlio di corpo, e lei more. Morta la figliola la fa imbalsamare, e la chiude in un'urna di vetro, e poi in una vastissima camera, la più nascosta che ci sia nel palazzo, e dà ad intendere al popolo che la su' figlia è malata, e poi che è morta: e 'un gli manca di fare quel che gli pare, e di far nascondere tutto.' Affida questa stanza a un suo servo, e lui 'un ci va mai più, e gli dice al su' servo che 'un la faccia vedere a nissuno, pena la testa.
Dopo avergli consegnato tutto questo, di nascosto gli consegna anche il bambino, che lo porti a balia, ma distante dalla città. Gli consegna quattrini, gli consegna roba, e che lo dia a una balia, che lo tenga all'età di dodici anni, e se gli domandavano di chi era questo figlio, che 'un lo dicesse mai mai di chi era questo figliolo. Il servo mantiene di tenere il segreto; difatti, arriva a un piccolo paesetto, domanda se c'era punte balie, e gli fu indicato che c'era una balia che gli era morto un bambino da pochissimi giorni. E così arriva a questa casa, domanda di questa donna, e si presenta una donna tutta dispiacente, e lui gli dice se voleva prendere in consegna questo bambino infìno all'età di dodici anni. Lei 'un gli parve vero di vedere quel caro bambino. Quando vedde poi la roba, molti quattrini, rimase più contenta, di mantenersi in meglio stato, perchè lei era povera. Il servo disse: quando ritornava se avesse ritrovato il bambino in bono stato, e lei l'avesse tenuto bene sarebbe stata ricompensata. Poi fa un foglio, dove dice che l'avea consegnato questo bambino.
Dunque lui prende il su' cavallo e ritorna a casa, a il re consegna questo foglio, e gli dice: che l'avea consegnato a gente perbene. Ma il re rimase sempre malinconico, di pensare a questa cosa che avea fatto alla sua figlia per un capriccio.
Passa il tempo, e il servo ritorna a prendere il bambino, e lo trova grande e bello. La si figuri che ricompensi avrà dato! Il re si raccomanda che entri nel palazzo di notte tempo senza essere veduto nè da servitori, nè da nessuno, perchè altrimenti gli sarebbe dispiaciuto. Difatti lui fa tutto quello che gli dice il su' padrone. Quando fu giunto a il palazzo, vedendo questo figlio tanto bello (somigliava tutto alla su' figlia) il re principiò abbracciarlo, baciarlo, e piangere dirottamente! Il su' servo lo conforta, dice, che oramai 'un c'era più rimedio, che pensasse di voler bene a questo bambino.
Passa del tempo, e lui per sortire da questa malinconia, da questa passione, volle andare a fare un giro. Chiama i servitori che preparino tutte le robe da viaggio, tutto il necessario, che il giorno dopo volea partire; e 'un dice quando sarebbe ritornato.
Prima di partire chiama Frivolíno (gli era così che si chiamava questo suo servo) e gli dice che lui gli lascia questo bambino, e tutto quello che lui gli domandasse che lo contentasse in tutto, in tutto, e che quando tornava lui, se avesse dato un dispiacere al bambino, sarebbe condannato a morte.
Frivolino gli promette ogni cosa; il re dà addio a tutti gli amici, e parte. Gli dà ordine che chiamino i maestri, che quando tornava volea vedere il bambino un poco istruito. E gli ripete di non far vedere nulla al bambino, e che neppure lo portasse mai da quelle parti dov'era l'urna di vetro, che 'un venisse mai a scoprire questa cosa.
Il bambino fiero, abusato dalla bontà del servo, voleva fare sempre a su' modo; e il povero servitore bisognava lo contentasse per ubbidire a il re; e lo portava tutti i giorni a girare per il castello, per il palazzo, per il giardino, ma lì 'un ce lo portava mai. Questo bambino si avvide di qualche cosa; un giorno gli disse: - " Senti, Frivolino: perchè 'un mi porti mai in quella stanza? la veggo sempre chiusa? " - Lui gli risponde: - " lo 'un ci posso andare, perchè il re 'un vole; e poi io 'un ho le chiavi ". Un giorno tutto stizzito, capriccioso com'era: - " lo voglio entrare in quella stanza, se no, lo dico al babbo! "
Il povero Frivolino con una scusa o un'altra lo allontanava sempre da quel pensiero. Una mattina arrabbiato il bambino gli disse: - "lo voglio entrare in quella stanza, voglio vedere quello che c'è, altrimenti quando viene il babbo, gli dico che m'hai picchiato, 'un mi hai contentato in nulla, in tutto quello che aveva detto il re, e ti farò condannare a morte". Allora lui impaurito di questa minaccia, si raccomanda a il bambino, e gli dice che il giorno dopo lo avrebbe portato in quella stanza; gli raccomanda però che 'un dica nulla a su' padre, perchè altrimenti lui sarebbe stato castigato. E così il giorno dopo Frivolino lo porta in quella stanza.
Quando il bambino fu entrato in questa stanza e vedde quell'urna, domanda chi era quella bella signora. Il servo gli spiega tutto. Lui sentendo tutta la spiegazione del servitore, ci aveva una cavallina, pensò: - Potrei far lo stesso che hanno fatto alla mi' mamma. Scese nella stalla, la fece sparare e venne fori una cavallina. Questa cavallina lui la custodiva. (La si fìguri, come la teneva!) Allora lui che ti fa? per tenersi più accosto su' madre, va nella stalla, prende un pezzetto di pelle della cavallina morta, va nella stanza, la cambia con un pezzettino di quella della su' mamma, ci mette quella della cavallina, e quella della mammina se l'appicica nella su' mano.
Lui tutti i giorni 'un mancava di far visita a quella signora, e ci discorreva sempre. Un giorno va per la città, e vede i fogli, e si diceva che una regina voleva sentire gli indovinelli; se non li indovinava, bisognava che quello andasse alla morte; se no, lo sposava. Lui ritorna a casa, e si confida con il su' servo, e gli dice che voleva andare da questa regina in tutte le maniere. Il servo un voleva, ma poi che cosa poteva fare? Il ragazzo prende un po' di quattrini, il cavallino ' e va via. Quando fu giunto in città, domanda ove era il palazzo reale, e gli fu insegnato, e lui va albergare in una locanda proprio di faccia al palazzo reale. Stiede du' o tre giorni in riposo per il viaggio, ed intanto vedeva chi ci andava, e ne vedeva risortire pochi. Lui si mette un po' in pensiero, ma si fa coraggio " tanto, (dice) il mio 'un lo indovina, perchè è troppo diffìcile ".
Si fa coraggio, e si presenta alla regina; entra in una bellissima sala, dove c'era bande e grandi preparativi, e lei se ne stava con grande superbia a parlare con tutti quei giovani, e lei la indovinava tutto.
(La sa cosa faceva? La notte si vestiva da omo per indovinare, perchè andassero tutti alla morte, andava per le locande, e facendosi finta di essere un giovane di quelli che si dovevano presentare alla regina, scopriva tutto).
Ecco che si presenta il figliolo d'il re, e gli dice a questa regina:

Nato non sono io,
Neppure il cavallo mio;
In man porto mia madre,
Son figlío della figlia di mio padre.

E lei (era molto difficile a indovinar questo!) gli risponde: - " Oh! Oggi sono stanca, tornate domani; ci penserò oggi cosa vorrà dire ". Il re va via, la sera tardi, lei si veste da omo, fa finta di essere un forestiero, si presenta al padrone della locanda, e gli dice, che lui era giunto in un'ora tarda così, che se ci aveva posto, si contentava di qualunque posto, purchè andasse lì ad albergare. Gli risponde che lui 'un ci aveva posto, che era tutto pieno, che erano arrivati di gran forastieri, che andesse in un altro posto. E allora lei gli dice che si sarebbe accomodata in tutte le maniere, anche con quel giovane che era arrivato poco prima di lei.
Il padrone va da questo giovane, e gli dice che c'era un altro giovane: se si contentava che venisse a dormire con lui. - " Fatelo venire, purchè sia un giovane perbene ". Il locandiere va giù dalla regina, e dice che poteva andare, chè quel signore era contento. Va su, entra in camera, gli fa i suoi complimenti, che gli dispiaceva dargli quel disturbo, e che era un giovane anche lui, che si doveva presentare alla regina a dire lo indovinello; difatti si spoglia, spegne il lume, entra in letto. Il figlio d'il re gli dice: - " Quale sarebbe il vostro? ". Lei gliene dice uno qualunque. - " E il vostro qual'è, giovane, ditemelo? ". - " Il mio è troppo difficile; chi lo sa, se lo indovinate! ... ". Lei la regina si raccomanda; e il figlio d'il re gli spiega lo indovinello, "E' bello di molto, e difficile ". Lei birbona, la si figuri come la se lo tiene a mente! Il re s'addormentò, e lei la mattina si alzò ben presto per non esser vista da nessuno andar via, invece di pigliar la su' camicia, prende la camicia d'il re; dalla furia, ha inteso? e va via. Il re si sveglia, e 'un vede più il giovane a letto. - "Bella, e questa? Oh che affare l'è questo! Andar via senza dir nulla! Bravo giovane! ".
Va per vestirsi, invece di trovarci la su' camicia, e' ci trova una camicia da donna. Allora sì che rimane più meravigliato che mai! Guarda questa camicia, e vede le cifre della regina. Se la mette addosso, si veste più meglio che suole, e si presenta alla regina.

Lei con superbia gli dice: - " Dite il vostro indovinello tanto difficile ". Il figlio d'il re dice:

Nato non sono io,
Neppure il cavallo mio;
In man porto mia madre,
Son figlio della figlia di mio padre.

" Off! ci vuol di molto a indovinare il vostro indovinello! Difficile! lo chiamate voi dífficile. Vuol dire questo ", e gli spiega tutto che aveva saputo la sera avanti.
Allora principiarono a sonare, a dire: - " A morte, a morte, che sia condannato a morte! " - " Adagio, adagio, prima che io vada alla morte, vi dirò il motivo perchè l'ha indovinato questo. La vostra figlia è una sfacciata (disse al re), una civetta, una pettegola "; insomma gli dice tutti i trattamenti che gli poteva dare. Il padre della regina sentendo offendere la su' figlia, si figuri! Allora irritato più che mai lo voleva discacciare. - " Come potete dire che la mia famiglia è in questa maniera? " " Come? " e gli fa vedere la camicia - " Ho ragione di dare questi nomi a vostra figlia? ".
Allora il padre la obbliga di sposarlo quel giovane. Fa un gran convito di tutti i signori, di tutti i re, e la fa sposare.

E lì se ne stiedero,
nulla mi diedero,
Mi diedero un confettino;
Lo messi in quel buchino;
Guarda se c'è più!




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TESTO

Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. Rivista trimestrale diretta da G. Pitrè e S. Salomone-Marino. Volume Primo;  Palermo: Luigi Pedone Lauriel, Editore, 1882; pp. 183-189.
Novelline popolari toscane, Raccoglitore Giuseppe Pitrè, Firenze, "Dalla Tancreda Ciabatti."
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IMMAGINE Warwick Goble Illustrator. Giambattista Basile, Stories from the Pentamerone. E. F. Strange Editor. London: Macmillan & Co. 1911. https://archive.org/details/b1109153/page/n441/mode/2up; ultimo accesso: 18 aprile 2024
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NOTE


Passa del tempo, e lui per sortire da questa malinconia, da questa passione, volle andare a fare un giro

Per il pellegrinaggio dal quale il re incestuoso non torna perché muore, vedi anche, in questo sito: La legienda di Vergognia e di Rosana,

Nato non son io...
Riguardo al motivo dell'enigma, osserviamo che chi pone un indovinello a una principessa o a un barone che li ha indovinati sempre tutti racconta di solito qualcosa di incestuoso. Il più celebre recita più o meno così: Pizza ammazza Bello, Bello salva me, mangiai carne non nata, cotta con fuoco di parole: il protagonista è un diseredato piuttosto male in arnese, odiato dalla matrigna - motivo non espresso di Fedra e Ippolito. La focaccia preparata dalla matrigna era avvelenata e ha ucciso il cane che in questo modo ha salvato il protagonista. La carne non nata sono gli uccellini contenuti nelle uova prese in un nido, e il fuoco di parole è quello di un libro usato per arrostirli. Qui sembra non si tratti di incesto, ma del confine labile fra vita e morte, e fra materialità e immaterialità delle parole. Confrontandolo con l'enigma della Sfinge di Edipo osserviamo che si tratta di uan condizione di rigetto da parte del genitore - Laio ha abbandonato Edipo, Edipo abbandona senza una parola i re di Corinto dei quali si crede figlio. Si osservi anche la breve favola in provenzale calabrese, 'Ndëvinë 'ndëvënatourë: l'indovinello al signore che pensava di indovinare tutto è posto da una donna che ha nutrito col latte del proprio seno il padre che visitava in prigione. Andando al IV-V sec. d. C. si trova l'enigma posto ad Apollonio re di Tiro, ripreso da Shakespeare nella sua opera Pericles Prince of Tyre, tratta dal romanzo antico: l'enigma è impossibile da risolvere perché rende a parole il mistero dell'incesto, ovvero il dramma dell'avvicendarsi delle generazioni: che rivela e cela la relazione fra la vita e la morte.
Lo stesso motivo del non nato ricorre inoltre come enigma irrisolto, e non compreso, da Macbeth:il re regicida - colpevole quindi di parricidio - pensa di essere invulnerabile, perché le streghe gli hanno detto che nessun uomo nato da donna potrà ucciderlo. Duncan gli spiega che è nato grazie al taglio cesareo. Taglio che nell'antichità veniva praticato sulla madre morta durante il travaglio. La vita del figlio è la morte del genitore: in termini drammatici si descrive l'avvicendarsi delle generazioni. Si è detto che la riproduzione sessuata e la morte dell'individuo sono grandi invenzioni della vita, consentendo un rinnovamento continuo. Nell'essere umano però la fine della propria persona è impensabile, e la tendenza a imporre ai discendenti la propria natura è irresistibile quanto la loro determinazione a rifiutarla. Il genitore si eterna specchiandosi nel figlio, il figlio per vivere deve rifiutare questo rispecchiamento.
In sintesi si può dire che l'incesto, inteso come confine non riconosciuto fra le generazioni, e per estensione come misconoscimento della morte come confine del singolo soggetto, forma l'enigma degli enigmi, al quale nessuno sa rispondere. O se si risponde, i travagli e le pene sono quasi illimitati, come accade a Edipo tragico e ad Apollonio romanzesco. 
Contiamo di riprendere questo tema in modo più organico in un libro sull'avvicendarsi delle generazioni come croce della vita umana e della realtà psichica, e dell'incesto - agito o sognato - come resistenza a questo avvicendamento.

Il tema della successione è al cuore di Fabulando. Carta fiabesca della successione. (2015-2018).









©
Adalinda Gasparini
Posted 10 gennaio 2012
Last updated: 18 aprile 2024