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ADALINDA GASPARINI              PSICOANALISI E FAVOLE
LEGGERE E RILEGGERE IL DECAMERON IN TEMPO DI GUERRA, PANDEMIA E CRISI CLIMATICA
GIORNATA TERZA

NELLA QUALE, SOTTO IL REGGIMENTO DI FILOMENA, SI RAGIONA DI CHI ALCUNA COSA MOLTO DA LUI DESIDERATA
CON INDUSTRIA ACQUISTASSE O LA PERDUTA RECUPERASSE



Novella prima Novella.seconda
Novella terza
Novella quarta Novella quinta
Novella sesta
Novella settima
Novella ottava
Novella nona
Novella.decima
Filostrato
Pampinea
Filomena
Panfilo
Elissa
Fiammetta
Emilia
Lauretta
NEIFILE
Dioneo
Masetto giardiniere nel monastero
Re Agilulf e il palafreniere tonduto
La finta confessione
dell'innamorata
Don Felice e Frate Puccio beato
Il palafreniere
tonduto dal re cornuto
Ricciardo, Filippello e sua moglie
Tedaldo prima accusa poi per-dona la sposa Ferondo mandato in purgatorio Giletta da Narbona medico
Alibech mette
il diavolo nell'inferno



Introduzione alla terza giornata

Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli iv’entro, la quale, non so se da natural vena o da artificiosa, per una figura che sopra una colonna nel mezzo di quella diritta era, gittava tanta acqua e sí alta verso il cielo, che poi non senza dilettevol suono nella fonte chiarissima ricadea, che di meno avria macinato un mulino. La qual poi; quella dico, che soprabbondava al pieno della fonte; per occulta via del pratello usciva, e per canaletti assai belli ed artificiosamente fatti fuor di quello divenuta palese, tutto lo ’ntorniava: e quindi per canaletti simili quasi per ogni parte del giardin discorrea, raccogliendosi ultimamente in una parte dalla quale del bel giardino avea l’uscita, e quindi verso il pian discendendo chiarissima, avanti che a quel divenisse, con grandissima forza e con non piccola utilitá del signore due mulina volgea.
click di seguito sui titoli delle novelle per leggerle online (wikisource)

GIORNATA TERZA NOVELLA PRIMA
Filostrato racconta
Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano d’un monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.

COME MASETTO DA LAMPORECCHIO SEPPE LA SUA GIOVINEZZA BENE ADOPERARE

È una delle novelle più belle, simile a quella di Andreuccio da Perugia, dove il soggetto, a servizio ella vita e di se stesso, ottiene quel che voleva quasi come se operasse una conversione, che allontana da qualunque ideologia o tribunale superegoico e fa sentire la vita.
Dopo un lunga carriera,
Nelle quali, come che esso assai monachin generasse, pur sí discretamente procedette la cosa, che niente se ne sentí se non dopo la morte della badessa, essendo giá Masetto presso che vecchio e disideroso di tornarsi ricco a casa sua; la qual cosa saputa, di leggeri gli fece venir fatto. Cosí adunque Masetto vecchio, padre e ricco, senza aver fatica di nutricare i figliuoli o spesa di quegli, per lo suo avvedimento avendo saputo la sua giovanezza bene adoperare, donde con una scure in collo partito s’era, se ne tornò, affermando che cosí trattava Cristo chi gli poneva le corna sopra il cappello. (Wiki)



Nel De mulieribus illustris Rea Ilia XLV si conclude col tema delle monacazioni forzate.
RAI RADIO 3. AD ALTA VOCE.
Leggere il Decameron, Lettura VI, Masetto da Lamporecchio



GIORNATA TERZA NOVELLA SECONDA
Pampinea racconta
Un pallafrenier giace con la moglie d’Agilulf re, di che Agilulf tacitamente s’accorge; truovalo e tondelo;
il tonduto tutti gli altri tonde, e così campa della mala ventura.


UN TRIO DI GRANDE SPOLVERO

Malato d'amore e pronto a morire se non ottiene grazia dalla regina, un palafreniere dopo aver preso tante risoluzioni, e alla fine quella di morire, si finge il re ed entra dalla regina senza parlare. Dopo che l'amante se n'è andato arriva il re e capisce dallo stupore della regina che qualcuno ha preso il suo posto. Agilulf deduce che dev'essere una persona al suo servizio e va a sentire il battito del cuore a tutti coloro che sono addetti alla stalla. Trovando il battito accelerato scopre il colpevole,  e gli tagli dei ciuffi di capelli, per individuarlo il giorno dopo. Ma il palafreniere soddisfatto tagli i capelli allo stesso modo a tutti i suoi colleghi. Il re si rende conto dell'intelligenza del suo rivale, come si è reso conto che la sua sposa è convinta di essere stata con lui.
[Il re] Poi, veggendo che senza romore non poteva avere quello ch'egli cercava, disposto a non volere per piccola vendetta acquistar gran vergogna, con una sola parola d'ammonirlo e di mostrargli che avveduto se ne fosse gli piacque; e a tutti rivolto disse: "Chi 'l fece nol faccia mai più, e andatevi con Dio."


GIORNATA TERZA NOVELLA TERZA
Filomena racconta
Sotto spezie di confessione e di purissima conscienza una donna innamorata d'un giovane induce un solenne frate, senza avvedersene egli,
a dar modo che 'l piacer di lei avesse intero effetto


COME L'ES POSSA RAGGIUNGERE LA SUA META ALLEANDOSI CON IL SUPERIO  1.

Se c'è una novella che mostri cosa si può fare col Superio oltreché subirlo o fingere che non esista, è questa della donna che lamentandosi della corte di un uomo che di lei non si è nemmeno accorto gli trasmette l'invito a farle visita, e allo stesso tempo ottiene fama di donna onestissima dal santo padre che viene completamente messo in mezzo senza che possa minimamente avvedersene. QUando finalmente il suo amato entra nella sua cambra:

  La quale, con grandissimo disidèro avendolo aspettato, lietamente il ricevette dicendo: — Gran mercé a messer lo frate, che cosí bene t’insegnò la via da venirci. — Ed appresso, prendendo l’un dell’altro piacere, ragionando e ridendo molto della simplicitá di frate bestia, biasimando i lucignoli ed i pettini e gli scardassi, insieme con gran diletto si sollazzarono. E dato ordine a’ lor fatti, si fecero, che, senza aver piú a tornare a messer lo frate, molte altre notti con pari letizia insieme si ritrovarono; alle quali io priego Iddio per la sua santa misericordia che tosto conduca me e tutte l’anime cristiane che voglia n’hanno. (W)


GIORNATA TERZA NOVELLA QUARTA
Panfilo racconta
Don Felice insegna a frate Puccio come egli diverrà beato faccendo una sua penitenzia; la quale frate Puccio fa,
e don Felice in questo mezzo con la moglie del frate si dà buon tempo.

COME L'ES POSSA RAGGIUNGERE LA SUA META ALLEANDOSI CON IL SUPERIO 2.
Una moglie ha un marito bigotto e poco sveglio, che per guadagnare il paradiso digiuna e costringe a digiunare la giovane e bella moglie, che si innamora ricambiata di un giovane bel frate. Questo insegna al marito bigotto come guadagnare il paradiso stando a guardare il cielo, digiuno di cibo e della moglie, senza muoversi, fino al mattino. Così il frate può frequentare la donna, e siccome il marito da sopra sente muoversi il letto e la interroga, lei risponde che Chi la sera non cena, tutta notte si dimena. Lo stratagemma escogitato dal giovane frate va incontro alla donna che lo desidera ma non vuole uscire di casa, nemmeno per lui.
Continuando adunque in cosí fatta maniera il frate la penitenza e la donna col monaco il suo diletto, piú volte motteggiando disse con lui: — Tu fai fare la penitenza a frate Puccio, per la quale noi abbiamo guadagnato il paradiso. — E parendo molto bene stare alla donna, si s’avvezzò a’ cibi del monaco, che, essendo dal marito lungamente stata tenuta in dieta, ancora che la penitenza di frate Puccio si consumasse, modo trovò di cibarsi in altra parte con lui, e con discrezione lungamente ne prese il suo piacere. Di che, acciò che l’ultime parole non sieno discordanti alle prime, avvenne che, dove frate Puccio faccendo penitenza si credette mettere in paradiso, egli vi mise il monaco, che da andarvi tosto gli avea mostrata la via, e la moglie, che con lui in gran necessitá vivea di ciò che messer lo monaco, come misericordioso, gran divizia le fece. (Wiki)


GIORNATA TERZA NOVELLA QUINTA
Elissa racconta
Il Zima dona a messer Francesco Vergellesi un suo pallafreno, e per quello con licenzia di lui parla alla sua donna ed, ella tacendo,
egli in persona di lei si risponde, e secondo la sua risposta poi l’effetto segue.


COME L'ES POSSA RAGGIUNGERE LA SUA META ALLEANDOSI CON IL SUPERIO 3

Il giovane Zima in questo caso insieme alla sua amata, moglie dell'avaro Francesco, utilizza la gelosia e l'avidità di quello per ottenere quel che desidera. Ancora allegria da finale di fiaba:
La qual veggendol venire, levataglisi incontro, con grandissima festa il ricevette, ed egli abbracciandola e basciandola centomilia volte, su per le scale la seguitò; e senza alcuno indugio coricatisi, gli ultimi termini conobber d’amore. Né questa volta, come che la prima fosse, fu però l’ultima: per ciò che mentre il cavaliere fu a Melano, ed ancor dopo la sua tornata, vi tornò con grandissimo piacere di ciascuna delle parti il Zima molte dell’altre volte. (Wiki)
 

GIORNATA TERZA NOVELLA SESTA
Fiammetta racconta
Ricciardo Minutolo ama la moglie di Filippello Sighinolfo, la quale sentendo gelosa, col mostrare Filippello il dì seguente con la moglie di lui dovere essere ad un bagno,
fa che ella vi va, e credendosi col marito essere stata, si truova che con Ricciardo è dimorata.


COME L'ES POSSA RAGGIUNGERE LA SUA META ALLEANDOSI CON IL SUPERIO 3

Ricciardo Minutolo ama non riamato Catella, che è gelosissima del marito, e le dà a intendere che ora ama un'altra e che il marito di Catella vuole conquistare sua moglie. Così le fa credere che suo marito aspetti sua moiglie presso un bagno, dove lui accordandosi con la titolare del luogo si mette ad aspettarla:
Catella, udendo questo, senza avere alcuna considerazione a chi era colui che gliele dicea o a’ suoi inganni, secondo il costume de’ gelosi, subitamente diede fede alle parole, e certe cose state davanti cominciò ad attare a questo fatto: e di subita ira accesa, rispose che questo fará ella certamente, non era egli sí gran fatica a fare, e che fermamente, se egli vi venisse, ella gli farebbe sí fatta vergogna, che sempre che egli alcuna donna vedesse gli si girerebbe per lo capo. (Wiki)
Amata teneramente da Ricciardo, la donna fa una parte feroce a quello che crede il marito traditore, ve nuto all'appuntamento con la moglie di Ricciardo, finché lui parla:

Ora, le parole furono assai ed il ramarichio della donna grande; pure alla fine Ricciardo, pensando che, se andare ne la lasciasse con questa credenza, molto di male ne potrebbe seguire, diliberò di palesarsi e di trarla dello ’nganno nel quale era: e recatalasi in braccio e presala bene, sí che partire non si poteva, disse: — Anima mia dolce, non vi turbate; quello che io semplicemente amando aver non potei, Amor con inganno m’ha insegnato avere: e sono il vostro Ricciardo.
(Ivi)

Catella allora vorrebbe strapparsi da lui, ma lui la tiene stretta, piange disperata e vuol vendicarsi.
Ricciardo, che conoscea l’animo suo ancora troppo turbato, s’avea posto in cuore di non lasciarla mai se la sua pace non riavesse; per che, cominciando con dolcissime parole a raumiliarla, tanto disse e tanto pregò e tanto scongiurò, che ella, vinta, con lui si paceficò, e di pari volontá di ciascuno gran pezza appresso in grandissimo diletto dimorarono insieme. E conoscendo allora la donna quanto piú saporiti fossero i basci dell’amante che quegli del marito, voltata la sua durezza in dolce amore verso Ricciardo, tenerissimamente da quel giorno innanzi l’amò, e savissimamente operando molte volte goderono del loro amore. Iddio faccia noi goder del nostro. (Ivi)


GIORNATA TERZA NOVELLA SETTIMA
Emilia racconta
Tedaldo, turbato con una sua donna, si parte di Firenze; tornavi in forma di peregrino dopo alcun tempo; parla con la donna e falla del suo error conoscente,
e libera il marito di lei da morte, che lui gli era provato che aveva ucciso, e co’ fratelli il pacefica; e poi saviamente colla sua donna si gode.


L'INGANNEVOLE SUPERIO DELLA LEGGE

Tedaldo non avendo speranza d'esser amato da Monna Ermellina se ne va da Firenze e divent ricco mercante, poi sentendo cantare una canzone da lui stesso fatta per Ermellina decide di tornare e trova che il marito di lei è accusato di averlo ucciso.

Tedaldo, udito questo, cominciò a riguardare quanti e quali fossero gli errori che potevano cadere nelle menti degli uomini, prima pensando a’ fratelli, che uno strano avevan pianto e sepellito in luogo di lui, ed appresso l’innocente per falsa suspizione accusato, e con testimoni non veri averlo condotto a dover morire, ed oltre a ciò la cieca severitá delle leggi e de’ rettori, li quali assai volte, quasi solleciti investigatori del vero, incrudelendo fanno il falso provare, e sé ministri dicono della giustizia e di Dio, dove sono dell’iniquitá e del diavolo esecutori. Appresso questo, alla salute d’Aldobrandino il pensier volse, e seco ciò che a fare avesse compose.

Se ne va in incognita da Monna Ermellina e dice di venire da Costantinopoli per salvare suo marito, le fa confessare di no naver mai smesso di amare lui, Tedaldo. Lei confessa che avendola un frate spaventata a morte dicendole che sarebbe andata all'inferno, non volle più riceverlo né vederlo né sentire una sua ambasciata. Per due pagine Tedaldo ne dice di tutti colori dei frati, chiamando quello che ha allontanato da lui Ermellina brodaiuolo manicator di torte (Cento 465). La donna si cdichiara pronta a tutto quel che il finto frate di Costantinopoli le dice, e allora Tedaldo si fa conoscere mostrandole l'anello che lei gli ha dato l'ultima notte, e lei si spaventa pensando che venga dalla tomba e non dal mare. La nobiltà d'animo di chi è innamorato è superiore a quella di chiunque altro: fa venire in mente il discorso di Fedro nel Simposio, quando dice che se solo amati e amanti fossero gli abitanti di una città o i combattenti di un esercito, quella città e quell'esercito sarebbero invincibili. Dopo aver sistemato tutte le faccende in un lieto convito con i suoi fratelli e i parenti del  marito di Ermellina dice che è il momento di far tornare Tedaldo:
E di dosso gittatosi la schiavina ed ogni abito pellegrino, in una giubba di zendado verde rimase, e non senza grandissima maraviglia da tutti guatato e riconosciuto fu lungamente, avanti che alcun s’arrischiasse a creder che el fosse desso.
Alla fine si viene anche a sapere che quello che è stato ucciso era un masnadiere sosia di Tedaldo, il quale  ...adunque tornato ricchissimo, perseverò nel suo amare, e senza più turbarsi la donna, discretamente operando, lungamente goderon del loro amore. Iddio faccia noi goder del nostro.
Questa novella è teatro, incluso il dettaglio del color verde - colore di Venere, verga, verde... - e tutti i movimenti dell'agnizione, seguente all'ultimo racconto del narratore di terzo grado, onnisciente dopo il suo ritorno, come Boccaccio ed Emilia, i narratori di primo e secondo grado.


GIORNATA TERZA NOVELLA OTTAVA
Lauretta racconta
Ferondo, mangiata certa polvere, è sotterrato per morto; e dall’abate, che la moglie di lui si gode, tratto della sepoltura, è messo in prigione
e fattogli credere che egli è in purgatoro; e poi risuscitato, per suo nutrica un figliuolo dello abate nella moglie di lui generato.


FERONDO COME CALANDRINO

Un bell'abate s'innamora della moglie di Ferondo, e se la gode con tutto l'agio del mondo mentre lui dorme ed è come morto grazie a una certa polvere posseduta dall'abate. Gli fa credere d'essere in purgatorio, e quando sua moglie resta incinta dell'abate lo fanno tornare sulla terra, guarito dalla gelosia che nell'Aldilà gli viene svelata come il suo peccato più difficile da perdonare.


GIORNATA TERZA NOVELLA NONA
Neifile racconta
Giletta di Nerbona guerisce il re di Francia d’una fistola; domanda per marito Beltramo di Rossiglione, il quale, contra sua voglia sposatala, a Firenze se ne va per isdegno, dove vagheggiando una giovane, in persona di lei Giletta giacque con lui ed ebbene due figliuoli; per che egli poi, avutola cara, per moglie la tenne.

FIABA NOVELLA
                                                                                                          

Difficile pensare che le tante fiabe nelle quali la sposa non amata si unisce al marito fingendosi un'altra non dipendano da questa meravigliosa novella. Sembra una sceneggiatura cinematografica, o una pièce teatrale. Giletta figlia del medico Gerardo di Nerbona gioca da bambina con  il bel Beltramo, figlio di Isnardo conte di Rossiglione. Quando muore suo padre Beltramo è a Parigi, da quando il vecchio conte è morto e Giletta, bella, ricca e sola rifiuta varie proposte di matrimonio. La ragione per andare a Parigi è un tumore che cresce al re nel petto, ed essedogli stata tolta male, gliene resta una fistola molto fastidiosa, che nessuno è riuscito a curare. Prepara certe polveri, va a vedere Beltramo, si presenta al re, e vedendo di che soffre gl idice che in otto giorni può guarirlo completamente. In un primo momento il re non ha fiducia e la licenzierebbe, dicendo che non crede lei possa riuscire dove tanti medici hanno fallito.
Monsignore, voi schifate la mia arte perché giovane e femina sono, ma io vi ricordo che io non medico con la mia scienza, anzi con l’aiuto di Dio e con la scienza del maestro Gerardo nerbonese, il quale mio padre fu e famoso medico mentre visse. — Il re allora disse seco: — Forse m’è costei mandata da Dio; perché non pruovo io ciò che ella sa fare, poi dice senza noia di me in piccol tempo guerirmi? — Ed accordatosi di provarlo, disse: — Damigella, e se voi non ci guerite, faccendoci rompere il nostro proponimento, che volete voi che ve ne segua? — Monsignore, — rispose la giovane — fatemi guardare, e se io infra otto giorni non vi guerisco, fatemi brusciare: ma se io vi guerisco, che merito me ne seguirá? — A cui il re rispose: — Voi ne parete ancora senza marito; se ciò farete, noi vi mariteremo bene ed altamente. — Al quale la giovane disse: — Monsignore, veramente mi piace che voi mi maritiate, ma io voglio un marito tale quale io il vi domanderò, senza dovervi domandare alcun de’ vostri figliuoli o della casa reale. (Wiki)
Chiamato dunque il conte Beltramo di Rossiglione il re gli dice che è ora che torni nel suo contado e che prenda per moglie la bella damigella che l'ha guarito, e Beltramo gli chiede se dunque gli tocca sposare una medichessa: obbedisce, come si deve, ma non ha alcuna intenzione di consumare il matrimonio. Giletta prende possesso del contado di Rossiglione, lo amministra come si deve e lo fa rifiorire. Poi manda a domandare al marito, che nel frattemo si è fatto capitano di ventura per i fiorentini, se vuole che lei lo raggiunga da qualche parte, e lui risponde che no: andrà da lei quando avrà avuto un figlio da lui e avrà al dito l'anello dal quale non si separa mai. Allora Giletta ...dolorosa molto, dopo lungo pensiero diliberò di voler sapere se quelle due cose potessero venir fatto. (Cento libri 484) Ai suoi sudditi raccomanda il contado e dice di aver intenzione di spendere in pellegrinaggi il resto della vita. In un alberghetto a Firenze vede passare Beltramo con la sua compagnia e le vien detto come sia apprezzato e come sia innamorato di una giovane onesta e povera. Si presenta alla madre della giovane di cui è innamorato suo marito, e le dice come entrambe siano poco fortunate, ma come ci sia un modo per ribaltare questa sfortuna. Ottenuta assicurazione di lealtà da parte della donna, Giletta le rivela tutta la sua storia, poi le promette una dote per la figlia, in cambio del piano che lei ha pensato. Chiederà a Beltramo come provadel suo amore l'anello che porta al dito, e poi gli concederà la figlia, al posto della quale ci sarà Giletta, in una stanza opportunamente buia. Beltramo gode il suo amore e ingravida la moglie, offrendogli gioielli ogni votla che le fa visita.
La quale, sentendosi gravida, non volle piú la gentil donna gravare di tal servigio, ma le disse: — Madonna, la Dio mercé e la vostra, io ho ciò che io disiderava, e per ciò tempo è che per me si faccia quello che v’aggraderá, acciò che io poi me ne vada. — La gentil donna le disse che, se ella aveva cosa che l’aggradisse, che le piaceva, ma che ciò ella non avea fatto per alcuna speranza di guiderdone, ma perché le pareva doverlo fare a voler ben fare. A cui la contessa disse: — Madonna, questo mi piace bene; e cosi, d’altra parte, io non intendo di donarvi quello che voi mi domanderete, per guiderdone, ma per far bene, ché mi pare che si debba cosí fare. (Wiki)
L'onesta vedova chiede cento lire e Giletta gliene dà cinquecento, e gioielli. Beltramo sentendo che Giletta ha lasciato la contea vi torna, e Giletta a Firenze partorisce due gemelli che fa allevare e poi si reca a Nerbone passando per Montpellier, a una gran festa data da Beltramo, vestita da pellegrina.
E sentendo le donne ed i cavalieri nel palagio del conte adunati per dovere andare a tavola, senza mutare abito, con questi suoi figliuoletti in braccio salita in su la sala, tra uomo ed uomo lá se n’andò dove il conte vide, e gittataglisi a’ piedi, disse piagnendo: — Signor mio, io sono la tua sventurata sposa, la quale, per lasciar te tornare e stare in casa tua, lungamente andata son tapinando. Io ti richeggio per Dio che le condizion postemi per li due cavalieri che io ti mandai, tu me l’osservi: ed ecco nelle mie braccia non un sol figliuolo di te, ma due, ed ecco qui il tuo anello. Tempo è adunque che io debba da te sí come moglie esser ricevuta secondo la tua promessa. — Il conte, udendo questo, tutto misvenne, e riconobbe l’anello ed i figliuoli ancora, sì simili erano a lui; ma pur disse: — Come può questo essere intervenuto? — La contessa, con gran maraviglia del conte e di tutti gli altri che presenti erano, ordinatamente ciò che stato era, e come, raccontò; per la qual cosa il conte, conoscendo lei dire il vero e veggendo la sua perseveranza ed il suo senno, ed appresso due cosí be’ figlioletti, e per servar quello che promesso avea e per compiacere a tutti i suoi uomini ed alle donne, che tutti pregavano che lei come sua legittima sposa dovesse omai raccogliere ed onorare, pose giú la sua ostinata gravezza ed in piè fece levar la contessa, e lei abbracciò e basciò e per sua legittima moglie riconobbe, e quegli per suoi figliuoli: e fattala di vestimenti a lei convenevoli rivestire, con grandissimo piacere di quanti ve n’erano e di tutti gli altri suoi vassalli che ciò sentirono, fece non solamente tutto quel dì, ma piú altri grandissima festa, e da quel di innanzi, lei sempre come sua sposa e moglie onorando, l’amò e sommamente ebbe cara. (Ivi)


GIORNATA TERZA NOVELLA DECIMA
Dioneo racconta
Alibech diviene romita, a cui Rustico monaco insegna rimettere il diavolo in inferno; poi, quindi tolta, diventa moglie di Neerbale.

ALIBECH PARENTE DI ALATIEL

Partendo da ragazzina con la pia intenzione di servire il dio cristiano al meglio, Alibec ìh va nella Tebaide, dove due padri eremiti la mandano più in là, e l'accoglie il terzo, Rustico, che dopo una forte tentazione cede e le insegna come mettere il diavolo nell'inferno. Vedendo Rustico tutto nudo Alibech chiede che sia quella cosa ...che così si pigne in fuori, e non l'ho io? È il diavolo, e tu, le dice Rustico, hai l'inferno, e ora si rimette il diavolo nell'inferno.
Piace tanto ad Alibech che sollecita al povero Rustico prestazioni difficili da sostenere, fino a quando il romito non ha più forza succificente:

Rustico, se il diavol tuo è gastigato e piú non ti dá noia, me il mio ninferno non lascia stare; per che tu farai bene che tu col tuo diavolo aiuti ad attutare la rabbia al mio ninferno come io col mio ninferno ho aiutato a trarre la superbia al tuo diavolo.

Un incendio distrugge i suoi genitori e tutti i suoi fratelli, così Alibech rimane l'unica erede di una grande fortuna, e la chiede in isposa
Neerbale: provvederà lui, le dicono le donne, d'ora in poi, a rimettere il diavolo nell'inferno.




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© Adalinda Gasparini
online dal 30 giugno 2022
ultima revisione 17 ottobre 2022
LAVORI IN CORSO