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PASSIO DI MARGHERITA

SANTA MARTIRE AMMAZZADRAGHI

FAVOLE SCRITTE E FAVOLE DIPINTE
  ADALINDA  GASPARINI       PSICOANALISI E FAVOLE

DA UN CODICE MEDIEVALE GALLO ITALICO, SEC. XII
SECONDO UN CODICE OCCITANO, SEC. XIII
SECONDO LA LEGENDA AUREA DI JACOPO DA VARAGINE, SEC. XIX

SECONDO UN CODICE ABRUZZESE, SEC. XIV
NELLA PALA D'ALTARE DEL MAÏTRE DES RONDS DE COBOURG, SEC. XV
MILLE ANNI DI INDOMABILI. GALLERIA VIRTUALE ASAP PP




PASSIO DI SANTA MARGHERITA NELLA PALA D'ALTARE DEL MAÏTRE DES RONDS DE COBOURG, SEC. XV








1-2 Il prefetto romano Olimbrio vede la bellissima Margherita che guarda il gregge della sua nutrice e la fa prendere da due uomini del suo seguito. Se è una fanciulla nobile ne vuol fare la sua sposa, se è schiava, la prenderà come concubina.






3-4 La fa imprigionare e poi portare in sua presenza e le propone di rinnegare la fede cristiana e sposarlo. Margherita rifiuta, affermando che il suo sposo celeste è immensamente superiore a lui
5 Irato il prefetto romano fa infliggere supplizi a Margherita.
6 Indomita, Margherita viene gettata in prigione, dove prega Gesù Cristo di mostrarle il suo nemico. Appare un diavolo in forma di drago che la ingoia. Margherita, col segno della croce, o con la croce come arma affilata, gli apre il ventre e ne esce illesa. Allora appare il diavolo Belzabuc in forma umanoide, lamentando la morte di suo fratello Rufo, e Margherita lo interroga per poi rimandarlo all'inferno.








7 Il prefetto Olimbrio chiede nuovamente a Margherita di abiurare e sposarlo, la pulzella rifiuta.

8 Viene quindi nuovamente sottoposta al supplizio,

9 Margherita viene immersa in una vasca di acqua gelata, una colomba le appare per confortarla

10 Un numero immenso di astanti, vedendo come la fanciulla resista ai supplizi, si converte al Cristianesimo. Il prefetto Olimbrio li fa immediatamente decapitare, e decide di far decapitare Margherita per evitare altre conversioni di massa.






11 Gesù Cristo appare a Margherita assicurandole che ha meritato il Paradiso.
12 Il boia muore subito dopo aver decapitato la santa, gli angeli portano in cielo l'anima di Margherita








PASSIO DI SANTA MARGHERITA

SECONDO LA  LEGENDA AUREA DI JACOPO DA VARAGINE - SEC. XIII

Margareta dicitur a quadam preciosa gemma quae margarita vocatur; quae gemma est candida, parva et virtuosa. Sic beata Margareta fuit candida per virginitatem, parva per humilitatem, virtuosa per miraculorum operationem. Virtus autem hujus lapidis dicitur esse contra sanguinis effusionem, contra cordis passionem, et ad spiritus confortationem. Sic beata Margareta habuit virtutem contra effusionem sui sanguinis per constantiam, quia in suo martirio constantissima exstitit; contra cordis passionem, id est daemonis temptationem, per victoriam, quia ipsa dyabolum superavit; ad spiritus confortationem per doctrinam, quia per suam doctrinam multorum animos confortavit, et ad fidem Christi convertit. Cujus legendam Theotimus, vir eruditus, scripsit. Si chiama Margherita come la preziosa gemma che si chiama margherita: è una gemma candida, piccola e ricca di virtù. Così fu anche la beata Margherita: candida per  verginità, piccola per umiltà, ricca di virtù per i miracoli che operò. Di questa gemma si dice anche che abbia la virtù di contrastare le emorragie e le passioni del cuore, e di favorire il conforto dello spirito. Ebbe queste virtù anche la beata Margherita: la virtù di arrestare la sua propria emorragia e la costanza, perché con grandissima costanza sostenne il suo martirio, e per resistere alle passioni del cuore, perché vinse le tentazioni del demonio, perché sconfisse il diavolo, e confortò lo spirito con la sapienza, perché con la sua sapienza diede conforto a molti spiriti e li convertì alla fede di Cristo. La sua leggenda fu scritta dall'erudito Theotimus.
1-2
Margareta, de civitate Antiochiae, filia fuit Theodosii, gentilium patriarchae. Haec nutrici traditur; et, ad adultam aetatem veniens, baptizatur; et propter hoc exosa patri plurimum habebatur. Quadam igitur die, dum jam annum XV attigisset, et cum aliis virginibus oves nutricis custodiret, praefectus Olybrius, inde transitum faciens, et puellam tam speciosam considerans, mox in ejus amore exarsit. Et pueros ad eam concitus missit, dicens: «Ite, et eam comprehendite, ut, si libera est, eam mihi in uxorem accipiam, si ancilla est, eam mihi in concubinam habeam.»

Margherita nacque ad Antiochia dove il padre suo Teodosio era patriarca del gentili. Fu allevata da una nutrice, e quando fu cresciuta, ricevette il battesimo, e per questo fu assai invisa al padre. Un giorno, quando aveva quindici anni, e con altre vergini custodiva le pecore della nutrice, il prefetto Olybrius, passando di là, e contemplando una pulzella di tale bellezza, si accese d'amore per lei. Mandò allora dei suoi garzoni da lei, dicendo loro: «Andate, e scoprite la sua condizione: se di donna libera la prenderò in moglie, se schiava, l'avrò con me come concubina.



3-4
Cum ergo ejus adspectui fuisset presentata, eam de genere suo, ac nomine et religione requisivit. Illa autem respondit se genere nobilem, nomine Margaretam, ac religione christianam. Cui praefectus : «Duo prima tibi recte conveniunt, qui a nobilis haberis, et pulcherrima margarita comprobaris; sed tertium tibi non convenit, ut puella tam pulcra et nobilis deum habeat crucifixum.» Cui illa: «Unde scis Christum fuisse crucifixum?» Et ille: «Ex libris christianorum.» Cui Margareta: «Cum igitur legatur poena Christi et gloria, quae verecundia est vestra, ut unum credatis et alterum denegatis?» Cum autem Margareta eum sponte crucifixum fuisse pro redemtione nostra assereret, sed nunc eum in aeternum vivere affirmaret, iratus praefectus eam in carcerem mitti jussit.
Sequenti autem die eam ad se vocari fecit, eique dixit: «Vana puella, miserere pulchritudinis tuae, et deos nostros adora, ut tibi bene fiat.» Cui illa: «Illum adoro quem terra contremiscit, mare formidat, et omnes creaturae timent.» Cui praefectus: «Nisi mihi consentias, corpus tuum faciam laniari.» Cui Margareta: «Christus in mortem semetipsum pro me tradidit, et ideo pro Christo mori desidero.»

Come fu portata davanti al prefetto, lui le chiese quali fossero la sua origine, il suo nome e la sua religione. Lei gli rispose che la sua origine era nobile, il suo nome Margherita, la religione cristiana. E allora il prefetto: «Le prime due cose ti si addicono, perché mostri tutta la tua nobiltà e splendi come bellissima perla, ma non la terza, perché non ha senso che una fanciulla tanto nobile e bella adori un dio crocifisso.» Allora lei gli disse: « Da dove hai saputo che Cristo è stato crocifisso?» E lui: «Dai libri dei cristiani.» E Margherita: « E come puoi, leggendo la sofferenza e la gloria di Cristo, che è la tua vergogna, credere alla prima e negare la seconda?» E siccome Margherita affermava che Lui si era fatto spontaneamente crocifiggere per la nostra redenzione, ma che ora viveva in eterno, il prefetto irato ordinò che fosse portata in carcere, e il giorno seguente se la fece portare davanti e le disse: « Sciocca fanciulla, abbi compassione della tua bellezza e adora i nostri Dei, e te ne verrà del bene.» E Margherita a lui: «Io adoro Colui al cui cospetto la terra trema, il mare si atterrisce e tutte le creature hanno timore.» Allora il prefetto a lei: « Se non mi darai ragione, farò dilaniare il tuo corpo.» E Margherita a lui: « Cristo ha consegnato se stesso alla morte per me, e per questo io ora desidero morire per Cristo.»
5
Tunc praefectus jussit eam in equuleum suspendi, et tam crudeliter primo virgis, deinde pectinibus ferreis usque ad nudationem ossium laniari, quam sanguis de ejus corpore tanquam de fonte purissimo emanavit. Flebant autem qui ibi aderant, et dicebant: «O Margareta, vere de te dolemus, quia corpus tuum tam crudeliter laniari conspicimus. O qualem amisisti pulchritudinem propter tuam incredulitatem! Tamen nunc vel saltem crede, ut vivas.» Quibus illa: «O mali consiliarii, recedite et abite. Haec carnis cruciatio est animae salvatio.» Dixitque ad praefectum: «Impudens canis et insatiabilis leo, in carnem potestatem habes, sed animam Christus reservat.» Praefectus autem faciem chlamyde operiebat, nec tantam sanguinis effusionem videre poterat.

Allora il prefetto ordinò che la appendessero all’eculeo e che crudelmente la dilaniassero con i pettini di ferro fino a scoprire le sue ossa: così il suo purissimo sangue scorreva dal suo corpo come da una fonte. Pure piangevano quelli che si trovavano là, e dicevano: «O Margherita, noi invero siamo addolorati per te, vedendo come il tuo corpo è tanto crudelmente dilaniato; quale bellezza hai perso non volendo credere, ma almeno ora credi, e così vivrai!». E lei: « O cattivi consiglieri, cessate il vostro discorso e andatevene, questo tormento della carne è la salvezza dell’anima!» e disse al prefetto: «Cane impudente e insaziabile leone, tu hai potere sulla carne, ma  Cristo tiene per sé l’anima.» Il prefetto si coprì il volto col mantello non sopportando di vedere scorrere tanto sangue.
6
Deinde eam deponi fecit, et eam in carcerem recludi jussit, et mira ibi claritas fulsit. Ubi dum esset, oravit Dominum ut inimicum, qui secum pugnat, sibi visibiliter demonstraret. Et ecce draco immanissimus ibidem apparuit. Qui dum eam devoraturus impeteret, signum crucis edidit, et ille evanuit. Vel, ut alibi legitur, os super caput ejus ponens, et linguam super calcaneum porrigens, eam protinus deglutivit. Sed dum eam absorbere vellet, signo crucis se munivit, et ideo traco virtute crucis crepuit, et virgo illesa exivit. Istud autem quod dicitur de draconis devoratione et ipsius crepatione, apocryphum et frivolum reputatur. Dyabolus iterum, ut eam decipere posset, in speciem hominis se mutavit. Quem videns, in orationem se dedit; et dum surrexisset, dyabolus ad eam accessit, et manum tenens, dixit: «Sufficiant tibi quae fecisti, ideo nunc cessa de mea persona.» Illa autem eum per caput apprehendit, et sub se ad terram dejecit, et super cervicem ejus dexterum pedem posuit, et dixit: «Sternere, superbe daemon, sub pedibus feminae.» Daemon autem clamabat: «O beata Margareta, superatus sum. Si juvenis me vinceret, non curarem; ecce a tenera puella superatus sum, et inde plus doleo, quia pater tuus et mater tua amici mei fuerunt.» Illa virgo eum coegit ut diceret cur venisset; qui se venisse ait ut sibi consuleret quod monitis praesidis obediret. Coegit quoque ut diceret cur christianos tam multipliciter tentaret. Qui respondit naturale odium sibi esse contra viros virtuosos; et quamvis saepe ab eis repellatur, tamen desiderio seducendi ipse infestus exsistit; et quia invidet homini de felicitate quam ipse amisit, quamvis eam recuperare non possit, ipsam tamen aliis auferre contendit. Addiditque quod Salomon infinitam daemonum multitudinem in quodam vase inclusit. Post mortem suam cum de illo vase daemones ignem mitterent, et homines ibidem magnum esse thesaurum putarent, vas confregerunt, et daemones exeuntes aerem impleverunt. His dictis, virgo pedem sublevavit et dixit: «Fuge, miser!» Et daemon statim evanuit. Secura igitur efficitur, quia, quae principem vicerat, ministrum procul dubio superaret.

Allora la fece deporre e ordinò che fosse rinchiusa, e nel carcere rifulse una meravigliosa luce. Quando fu in carcere, Margherita pregò il Signore, perché rendesse visibile a lei il nemico col quale combatteva: ed ecco subito apparve un enorme drago, che voleva divorarla, ma che scomparve appena Margherita si fece il segno della croce. Oppure, come si legge altrove, il drago mise il suo labbro sul capo della giovane e la lingua sul suo calcagno e la inghiottì in un boccone, ma mentre avrebbe voluto digerirla, Margherita si difese col segno della croce: allora il drago crepitò e la vergine fanciulla ne uscì illesa. Ma questo particolare, che racconta di come Margherita sia stata divorata dal drago e di come il drago crepò, è da considerarsi apocrifo e privo di valore. Di nuovo il diavolo, per ingannarla, si trasformò in un uomo, e lei, appena lo vide, si immerse nella preghiera, poi, quando si alzò, le si avvicinò il diavolo e tenendole la mano disse: «Ti basti quello che hai fatto, ora lascia stare  la mia persona.» Lei allora afferrandolo per la testa lo sbatté a terra, mise il suo piede destro sul suo capo e disse: «Superbo demone, eccoti sotto il piede della donna. » Allora il demone gridò: «O beata Margherita, sono sconfitto; se mi avesse sconfitto un giovane, non me ne curerei, ma eccomi sconfitto da una tenera fanciulla e mi dà maggior tormento, perché tuo padre e tua madre erano miei buoni amici.» Lei allora lo costrinse a dire perché era venuto. E lui disse di essere venuto per convincerla a fare quel che le chiedeva il prefetto. Lo costrinse inoltre a dire perché in tanti modi induceva in tentazione i cristiani. E lui rispose che per lui era naturale odiare gli uomini virtuosi, e sebbene spesso fosse da loro respinto, il suo desiderio di sedurli lo rendeva sempre pronto ad attaccarli, perché invidiava agli uomini la felicità che lui aveva perduto, e che non avrebbe mai potuto recuperare: per questo faceva di tutto per toglierla agli altri. Aggiunse poi che Salomone aveva rinchiuso in un certo vaso un’infinita moltitudine di demoni, e siccome, dopo la sua morte, i demoni avevano fatto uscire dal vaso delle lingue di fuoco, gli uomini avevano creduto che vi fosse un immenso tesoro: per questo avevano rotto il vaso e i demoni avevano riempito tutta l’aria. A queste parole la vergine sollevò il piede e disse: «Fuggi, disgraziato», e il demone subito scomparve. Allora si sentì sicura, perché se aveva vinto il principe, poteva di certo vincere il ministro.
7
Sequenti igitur die, convenientibus populis, judici praesentatur, et sacrificare contemnens exuitur,

Il giorno dopo, con grande concorso di folla, fu presentata al giudici, e di nuovo si rifiutò di sacrificare ai suoi dei,
8
corpusque facibus ardentibus comburitur, ita ut cuncti mirarentur quomodo tam tenera puella tot posset tormenta sustinere.

quegli allora comandò che fosse bruciata con torce ardenti, cosicché tutti videro in quale misura la pulzella potesse tali tormenti sopportare.

9
Deinde in vase magno pleno aqua ipsam ligare et poni fecit, ut ex poenarum commutatione cresceret vis doloris. Sed subito terra concutitur, et cunctis videntibus virgo illaesa egreditur.

Poi la fece legare e immergere in una vasca piena d'acqua, affinché il dolore aumentasse cambiando il supplizio. Ma ecco che d'improvviso la terrqa tremò e sotto lo sguardo di tutti la vergine ne uscì senza alcun danno.
10
Tune V milia virorum crediderunt et pro nomine Christi capitalem sententiam acceperunt. Praefectus autem timens ne alii converterentur, concitus beatam Margaretam decollari precepit.

Allora cinquemila uomini si credettero e in nome di Cristo subirono la sentenza capitale. Allora il prefetto, temendo che altri si convertissero, ordinò che senza aspettare la beata Margherita fosse decollata..
11
Illa autem, impetrato orandi spacio, pro se et suis persecutoribus, nec non et pro ejus memoriam agentibus et se invocantibus devote oravit, addens ut quaecunque in partu periclitans se invocaret, illaesam prolem emitteret. Factaque est de coelo vox quod in suis se noverit petitionibus exauditam.

Lei allora avendo pregato che le fosse concesso il tempo di pregare per sé e per i suoi persecutori, pregò devotamente per tutti coloro che avrebbero conservato il suo ricordo e per tutti quelli che l’avrebbero devotamente invocata, chiedendo anche questo, che qualunque donna che si fosse trovata in pericolo nel parto, l’avesse invocata partorisse una creatura sana e salva, e una voce scese dal cielo, che rese noto a tutti che i suoi desideri erano stati esauditi
12
Surgensque ab oratione, dixit spiculatori: «Frater, tolle gladium tuum et percute me.» Qui percutiens, caput ejus uno ictu abstulit et sic martirii coronam suscepit. Passa est autem XIV cal. Augusti, ut in ejus hystoria invenitur. Alibi legitur quod III ydus Julii. De hac sancta virgine sic dicit quidam sanctus: «Beata Margareta fuit timoris Dei plena, justicia praedita, religione cooperta, compunctione perfusa, honestate laudabilis, patientia singularis, nihilque in ea contrarium religioni christianae inveniebatur, odiosa patri suo, dilecta Domino Jhesu Christo.


A
lzandosi dopo la preghiera disse al boia: « Fratello, prendi la tua spada e colpiscimi.» E quello colpendo il suo capo lo tagliò con un colpo solo e così Margherita ricevette la corona del martirio. Era il tredicesimo giorno delle calende di agosto, come si legge nella sua storia. Altrove si legge che era il terzo giorno delle idi di luglio. Di questa vergine santa un santo ha detto: la beata Margherita fu piena di timor di Dio, dotata di giustizia, ricca di religione, irrorata di contrizione, degna di ogni lode per onestà, unica per pazienza, e nulla di contrario alla religione cristiana si poteva trovare in lei, odiata da suo padre, amata dal signore Gesù Cristo. 



Legenda aurea, di Jacopo da Varagine, vescovo di Varazze, XIII secolo. Tratto da Legenden om St. Margareta i gammeldansk oversættelse; http://web.gvdnet.dk/GVD000191/Hellige%20Kvinder/Margareta.pdf.
Ultimo accesso. 28 dicembre 2017 ; sito non accessibile al 27 marzo 2024.





PASSIO DI SANTA MARGHERITA DA UN CODICE MEDIEVALE SETTENTRIONALE (LOMBARDO?)

(DALLA RETE, URL E RIFERIMENTI MANCANTI)
30 {E Margarita per li cavilli sì l'à preso
{E per terra lo stravolçe como tristo
E fortemente el tira como berbigo
{Et inmantinente glie prexe a dire:
{"Fel ladron, traitore tanto vile,
35 E' tu quì vegnù per volerme tradire?
Ma sapi, che tu e' pur morto e prexo.
E la virtù de Christo sì è con mego.
E sum ancilla de Christo, chi m'à dà virtù,
Che prexo t'oe e sì te voyo oçire.
40 Chè prexo eio t'ò e per força te vo'tenire,
E çà de ti, se eio no t'oçido, eio non vo' partire."
E Margarita sença paura
Sì glie tene le die polexe a la gola
E con gli(e) pey glie monta adosso.
45 E per lo fianco e per lo corpo
Tanto lo pesta con le çenocchie,
Che fora glie schiopa un de gli ochi.
Or començò lo demonio de parlare:
"O Margarita, lasame stare!
50 Che 'l te dovrave ben bastare,
Che tu ocidisti el mio fra Rufone.
E mi no t'ò fato offension.
Tu m'ay troppo ferù
Cun le pugne e con le genochie,
55 E fora m'a' tu crevado un de gli ochi.
E con li pey tu m'ay tanto pestato,
Ch'el m'è vixo, che sia manganeçato."
Dixe Margarita: "Taxe traytore."
Et incontinente sì aparse un gran splendore,
60 Sì che la prexon tuta resplendea.
E guardà quella da lo lado drito
E sì ave veçù la croxe de Cristo.
E su la croxe sì era una columba.
E la columba in su la croxe
65 Sì parlava im piana voxe:
"O Margarita, de Christo eleta,
Tu e' sempre bene(ne)decta!
La bataya tu e vençua
E con gran victoria l'e mantegnua.
70 E lo dragone ben ay vençù,
E molto ben tu t'e' defendù.
Bella corona t'è aparechià,
Donde tu seray incoronà.
Im paradixo tu e' eleta,
75 Tuta la corte del cielo t'aspecta."
{Or Margarita sì tene pur streto
{Lo demonio maledeto
E sì 'l destrençe e sì 'l sconçura:
"Dime la toa generation e la toa natura."
80 Elo respoxe: "Dire e' no tel posso,
Chè tu me pixi troppo adosso
E sì me tene tropo streta la gola."
O Margarita sì glie leuà lo pe' d'adosso,
E quello començà de parlare
85 E sì glie dixe del suo afare. 
Dixe quello: "Eio ò nome belçabù,
Che da l'inferno eio son ensù.
Principio eio son de gran tormenti
E uado semenando çiçania fra la çente,
90 Guerre, tençon, discordie e bataglie,
E uado cometando tuto el mal fare.
{E molto uolentera contristo li boni
{E molto glie do gran temptacion,
{Per farli dementegare ogni bene...





PASSIO DI SANTA MARGHERITA

SECONDO UN TESTO OCCITANO DEL XIII SECOLO
Senher, sin te plazie,
aquest don querre ti volrie:
que·m trametas angel del sel,
sant Gabriel o sant Miquel,
que·m governe e me capdele,
[...]
e que el lo pusca desdire
160 e per dreyta razon escondire,
que yeu soy atreci con la feda
que entre
·[l]s loups es em peleja,
e con l'auzels qu'es pres el bres,
que de nulh home no
·s defent,
e con lo frus c'om pren el ram,
que no
defent ni tan ni cant;
tot eysament s
·soy preza yeu:
non ay defendador may Dieus.
Signore, se ti piace,
questo dono chiederti vorrei:
che mi mandi un angelo dal cielo,
san Gabriele o san Michele,
che mi regga e mi protegga,
[...]
e che lo possa contrastare
e secondo retta ragione difendermi
perché io sono come un'agnella
combattuta in mezzo ai lupi.
sono come l'uccello preso nella rete.
che non ha nessuna difesa,
sono come il frutto che staccano dal ramo,
che non può opporsi né poco né tanto:
esattamente così io sono presa:
se non ho Dio non ho difesa.
(vv 153-168; p. 44)


Al prefetto Olimbrio che cerca di imporle di adorare i suoi dei, così che possa diventare sua moglie, Margherita risponde senza mezzi termini.
«Per re que·m digas no·t creyray,
quar en mon Dieu tot mon cor ay;
lo cors de me pos ben ausir,
aquel sap que non pot grandir,
mas de l'arma non as potder,
non la poot liar ni aver,
quar Iesu Christ l'a em baylia,
lo filh madona santa Maria.
El la creet, El la formet,
340 e Luy mezeymes la comant
que El la defenda del satant,
que es cruel coma dragon,
coma serpens, come leons,
que volont trastotz degastar
quant que podon apoderar.
Totz esamens vos tu ausir
tots sels que volon Dieu servir,
mas tu iras el fuoc durable:
lay te cruycerant los diables
».
«Puoi dirmi quel che ti pare: io non ti crederò,
perché nel mio Dio tutto il cuore ho;
il mio corpo certo lo puoi uccidere,
se che quello non si può difendere,
ma l'anima non la puoi possedere,
non puoi legarla, non la puoi avere;
perché Gesù Cristo la tiene in balìa,
il figlio di madonna santa Maria.
Lui l'ha creata, Lui l'ha formata,
e Lui stesso l'ha dotata
che la difenda dal satanasso,
che è crudele come un dragone,
come un serpente, come un  leone,
che vogliono subito divorare
quanto riescono ad afferrare.
Così anche tu vuoi uccidere
tutti quelli che Dio voglion servire,
ma tu andrai nel fuoco eterno
dove i diavoli ti tormenteranno.
(vv. 331-350; pp. 52-54)


Cant ella mielh Iesu pregava,
sus en l'arc penduda estava;
los sirvens la batien fort,
per pauc aqui non pres la mort;
ongla[s] si feyron trencant de fers
am que la penavont li cers.
Per totz los luocs qu'ela avie
390 lo sanc vermelh foras salhie;
sos vuelhs am son mantel cubrie
lo fals tirant, cant o vezie.

Quando lei più Gesù pregava,
all'arcoappesa si trovava,
i sergenti la battevano forte,
per poco non la batterono a morte,
i servi facevano uncini di ferro taglienti
per infliggerle nuovi tormenti.
per ogni parte del corpo che aveva
il sangue vermiglio a fiotti scorreva ;
il volto col mantello si coprì
quando lo vide il falso tiranno, che era lì.

(vv. 383-392; pp. 54-56)


La santa li dis: «Per ma fe,
nualh non pres tots dieus ne te.
Ars fosont els e miegh de.i.fuoc!
Tornat o ant en grant enuegh;
malastrusc es qui en els si fia:
mut e sort sont, non auzon miga!
Sel que orb es, con pot guidar
ni a se ni as autre ajudar?
Com cuda hom aver ajuda
420 del fust ni de la peyra muda?
Quant tu los pregas eysament
sort son, que no nauzon nient.
Tu dis viva m'escorgaras:
maldig sies tu, si non ho fas,
que yeu n'auray de Die guiszardon,
que tostemps es, ers e fon!
L'arma de me non pot tochar,
non la pos penre ni menar
».
Disse la santa: «In fede mia,
per me non vali un soldo, tu e tutti i tuoi dei.
Meglio che fossero bruciati nel fuoco!
Hanno portato un gran dolore;
sventurato chi in loro confida;
son muti e sordi, non sentano mica!
Chi è orbo, come può guidare
e sé e altri aiutare?
Coma si può sperare aiuto
che venga dal legno o dalla pietra muta?
Ed è proprio così, che quando li preghi
sono sordi, e niente sentono.
Dici che viva mi scoticherai:
tu sia maledetto se non lo fai,
ché da Dio premio grande mi verrà,
da Lui che sempre è, era e sarà!
L'anima mia non puoi toccare,
non la puoi prendere né portare
».
(vv. 411-428; p. 56)


Oy Iesu Christ, rey glorïos,
altra don quer que tu mi don:
que jeu veja certament
480 mon enemic apertament.
Qal es aquel qui me guereja?
Vezer lo vuekh yeu miels en sa facia
e pueys lo vuelh vezer, si
·z plas
Re nob say per que mi guereja.
Peza me ce non lo vezie
[...]
Tu jujas antre me e luy:
qui aura tort, selhuy destruy!

O Gesù Cristo, glorioso re,
un'altro dono io chiedo a te:
che io veda chiaramente
il mio nemico apertamente.
Chi è colui che mi fa guerra?
Veder lo voglio bene in faccia
e poi lo voglio veder, se ti piace
non so davvero perché mi combatte.
Non vederlo mi dispiace
[...]
Tu giudica fra me e lui:
quello che ha torto lo distruggi!
(vv. 477-488; p. 60)


Esgardet e vi .i. dragon
que fons plus fers d'un gran leon,
e fon lains que la spaventet,
mas Iesu Crist la confortet;
tengh era de mantas colors,
510 flamas gittet am grans ardors;
deyguizat fon per totz luocs,
sieu pels ardien coma fuoc;
las dens de luy eron d'acier,
los uelhs de luy semblon d'or mer,
las nars de luy gran fuoc gitavon,
calor de fornas rescemblavon;
la lenga gitet fuoc ardent;
en sa man tenc .i. lonc cerpent;
en l'autra tenc .i. glazi fort
520 dont la menasava de mort.
Tan gran pudor hac en la carce,
non es hom que la puesca pa[r]cer;
e fora mot grant si de l'alt,
ves la dona fes .i. gran salt
[et] en la carce, el mieg luoc,
ac aytal resplandor del fuoc
que nuls hom no sabrie contar,
si trop non i volie ponhar.
Quant ela vi la resplandor,
530 el'a en se mot gran pavor;
a la terra es trabucada
si com morta tot'es pla[s]mada;
de la pavor s'es hoblidada,
n
n aca major pueys que fon nada.
Dieus non la mes ges en hoblit,
quant li donet so qu
l queric:
quis li avie que
·l demostres
son enemic e qu
e·l venques.
Enans lo pas d'aqui levet,
540 las mans vers lo cel estendet.
[...]
e preguet Dieus, que serva era:
"Oy Dieus payre", dis la pieuzella,
"que per totz nos nasquies en terra,
per totz receupis aqui mort
a gran peccat et a grant tort;
apres la mort resucities,
los ties amix de ufern gities,
pueys t'en monties amont el cel,
550 am la companha des fizels,
pueys tramezis a ta maynada,
que tu avies ensenhada,
Sant Esperit que
·ls confortet
e
·us lengatges lor ensenhet;
tener venras ton jujament
al tieu segont aveniment,
dont triaras los mals de[ls] bons:
los mals iran en ufern jos,
los bons iran el gaugh durable,
560 yamays non dottaran lo dyable.
Si con es vers so que ieu dic,
tu vencques, Senher, l'enemic.
Oy Dieus Senher qu'estas el tron,
dona
·m vencer aquest dragon
que
·m vol sobir e degastar,
en sa fosa pr[i]on gitar".
Qan ella ac fagha sa orazon,
ve vos ve luy lo fer dragon;
sa guelha tenc sobre la toza.
570 Quant ella
·l vi, no·n fon joyoza!
Am sa lengua l'a traida
et en so ventre l'a essorbida;
mas la santa cros la garit,
que
·l dragon es per miegs partit.
La dona es del ventre yescida
si qu'anc dolor non ac sentida:
la santa cros la defendet,
que
lo dragon per miegh fendet.
Tot lo devezi en dos parts,
580 ans re no
·i val engent ni art.
D'aqui apres ella c'estava
totta sola e cossirava;
gardet ves la senestra part:
vi .i. diable de mal art.
Cest era companh del dragon;
plus era ardens de .i. tizon.
Sezie si, sol era a vist,
mas mot avie fer lo vist;
590 plus era negres en totz luocs
non fora si l'agues art fuoc.
Vejayre
·l fon qu'am corejadas
ac as ginols las mans liadas.
Des que Margarita s'ho vic,
en so corage si gauczit
e lauzet
Dieu que molt amava
e cu[y] servie e cuy duptava.
Los huels del cors ves lyu tenet
e mot pïament lo preguet:
«Oy Iesu Crist, Dieus, rey del[s] angels,
600 de las profetas e dels arcangels,
de las patriarcas atresci,
que per tots sufertie martir,
comensament de sabieza,
fontdament de tota fermeza,
que as poder en tot cant es,
te queri gracias e merces
[...]
quar tu m'as creysut mos bens:
tot m'as donat cant ti querie
610 e tot quant de bon grat volgui;
am l'enemic mi combatiey,
am lo tieu nom si lo venquiey;
per lo miegh luoc lo desparti
am la cros qu'el tieu nom fezi;
dïables mis sos mos pes jos:
si tot s'es mals et ergolhos,
anc contra me no·s poc defendre,
ans lo fezi per miegh luoc fendre.
Mot
«demenava gran pudor,
620 mas yeu non senti anc flayror;
per so non era apellat
Rufo, que avie mal art
en luy e tota sa maleza
que avie per lo mont compreza.
M'arma se n'est mot esgauzida,
quar tolguy al satan la vida;
tot degastava cant podie,
qu'el cegle grant poder avie;
mot es gran gauch e gran fisansa, {p. 68}
630 grans securtat e gran speransa
[a] la[s] vergenas que ho auzirant
que yeu ay venteur aquest satan,
et ara non firra mays res,
que yeou vey florrida es ma fes.
Una colomba ay aguda
que del cel es saïns venguda
per me defendre del tirant
e de Rufo, lo mal sathant;
so que queric tot ay agut
640 e lo d
ïable ay ventcut.
Dieu fasa de me so que li plazera
,
ja re huey mais no·m tirara.
De Iesu Crist ay nom mortals,
reys dreghuries e reys reals,
que es durables e governayre
e de tott lo mont emperayre,
refudes de tots peccadors,
Senher del pauc e dels majors,
colopna de grant altesza
650 e port de grantda fortalesza
e cahaps de grant refectïon,
[qu]e nos donas lo pauc e
·l pron,
que conduzes
or a gaug tos amixc
et a perdoa tos enemixc·
»
Guardò e vide un dragone
più feroce d'un gran leone,
e là in mezzo la spaventò,
ma Gesù Cristo la confortò;
era dipinto di tanti colori,
fiamme gettava con grande ardore;
era variopinto in ogni luogo;
i suoi peli ardevano come fuoco;
i suoi denti erano d'acciaio,
gli occhi parevano di puro oro,
le sue narici gettavano un gran fuoco
calore di fornace sembravano;
la lingua gettava fuoco ardente
in una mano teneva un lungo serpente,
nell'altra teneva un gladio forte
col quale la minacciava di morte.
Un tale fetore c'era nel carcere,
che nessuno lo poteva sopportare;
e grande, oltre ogni dire, dall'alto
verso la donna fece una gran salto
e nel carcere, al centro di quel luogo,
c'era un tale splendore del fuoco,
che nessuno lo potrebbe raccontare,
se non si volesse troppo sforzare.
Quando lei vide tale fulgore
fu agitata da un gran terrore;
alla terra fu precipitata
come morta si era accasciata
dalla gran paura era svenuta,
mai una così grande ne aveva avuta.
Dio la fanciulla non dimenticò
e quel che aveva chiesto le donò,
che per sua grazia lei vedesse
il suo nemico e lo vincesse.
Ecco che subito da terra si alzò
e le mani verso il cielo levò.
[...]
e pregò Dio, che era la sua serva:
"O Dio padre", disse la pulzella,
"che per noi tutti nascesti sulla terra,
per tutti qui subisti la morte,
fu gran peccato, ti fu fatto gran torto,
dopo la morte resuscitasti,
dall'inferto i tuoi amici traesti,
poi fino in cielo salisti
coi tuoi fedeli per compagnia
e poi i tuoi discepoli hai mandato,
a loro tu avevi insegnato,
lo Spirito Santo che li rincuorò
e molte lingue gli insegnò;
verrai a presiedere il giorno del giudizio
sarà allora il tuo secondo avvento,
quando dividerai i buoni dai cattivi
i cattivi andranno giù all'inferno,
i buoni andranno nel gaudio eterno,
e mai più il diavolo li spaventerà.
Così com'è vero quello che dico,
tu vincerai, Signore, il nemico.
O Dio Signore che siedi sul trono,
fammi vincere questo dragone
che mi vuol dominare, annientare,
e nella sua fossa profonda gettare".
Quando ebbe compiuto la sua orazione
le venne addosso il feroce dragone;
a gola aperta sulla pulzella.
Quando lo vide gioia non ne sentì!
Con la sua lingua la lambì
e nel suo ventre l'assorbì,
ma la santa croce la salvò,
perché il dragone in mezzo tagliò.
La donna è dal ventre uscita
così che dolore non ha sentito:
la santa croce la difendette
che il dragone in mezzo fendette.
Lo divise tutto in due parti,
a nulla gli valsero ingegno o arte.
Dopo di questo lei se ne stava
tutta sola e considerava;
guardò dalla sinistra parte
e vide un diavolo dalla mala arte.
Era compagno del dragone;
ed era ardente più del tizzone.
Stava fermo, sembrava solo,
ma in viso era feroce, molto;
in ogni parte era nero il suo corpo
più che se gli avessero dato fuoco.
Parve alla santa di vedere legate
le mani alle ginocchia con le corde.
Come Margherita lo vide,
esultò nel suo cuore
e lodò Dio che molto amava
che serviva e che temeva.
Verso di lui gli occhi levò
e molto piamente lo pregò:
«Divino Gesù Cristo, re degli angeli,
dei profeti e degli arcangeli,
dei patriarchi altresì
che per tutti soffristi il martirio,
principio della saggezza
fondamento d'ogni fermezza,
che hai potere su tutto ciò che è,
ti chiedo grazia e mercede
[...]
perché tu il mio bene l'accrescesti
tutto ciò che ti chiesi me lo desti
e tutto ciò che col cuore io volli;
con il nemico ho combattuto,
nel tuo nome l'ho abbattuto,
a metà lo dividesti
con la croce che nel nome tuo mi feci:
mi son messa il diavolo sotto i piedi
per quanto fosse cattivo e superbo,
contro di me non si potè difendere,
mentre io lo feci a mezzo fendere.
Molto emanava grande fetore,
ma io non sentivo quell'odore;
e lui era così chiamato,
Rufo, che la mala arte aveva
in sé e tutta la sua malvagità
che nel mondo era compresa.
L'anima mia se n'è molto rallegrata
quando a satana la vita ho levata;
tutto quel che poteva devastava
ché sulla terra grande potere aveva;
motivo è di gioia grande e fidanza
gran sicurezza e grande speranza
per le vergini che lo udiranno
che io ho vinto questo satana,
e non c'è cosa che mi possa battere
ora che vedo la mia fede fiorita.
Una colomba ho avuta
che dal cielo è venuta
per difendermi dal tiranno
e da Rufo, malvagio diavolo;
quel che ho chiesto l'ho avuto
ed il diavolo l'ho vinto.
Dio faccia di me quel che vorrà
ormai più nulla mi dispiacerà.
Per Gesù Cristo io sono mortale,
re di giustizia e re reale,
che è durevole durevole e governa
e su tutto il mondo impera,
rifugio di tutti i peccatori,
Signore dei poveri e dei maggiori,
colonna di grande altezza
e porto di grande fortezza
e principio di ogni ristoro,
che a noi doni il tanto e il poco,
che che conduci al gaudio i tuoi amici
e alla perdizione i tuoi nemici».

p. 61-68; vv. 505-654

E mentre qu'ela Dieus pregava
et ayci gent s'arazonava,
lo diables em pes si levet
e ves la dona ce approchet;
par miegh la man a pres la tosza,
660 que non es ges de Dieu dopthoza,
pueys li a digh
: «Hoy, Margarita,
mot es santa la tieu vida;
mot es santa ta orazon,
lo cors de tu es purs e bons;
preguar ti vuelh: dis, dona bona,
non forsa ren a ma persona;
grant mal me fays, laysam'estar,
prec ti de mon cor non tocar.
Mon frayre te tramis Rufo
670 en semblansa de un fer dragon,
qu'el te eyssorbes e degastes
e ins en ufernt t'en portes,
que
·t tolgues ta vergenetat
e que destruyces ta beltat,
e ta mentbransa te tolgues,
mas de tot so no
l fonc ans res;
[...]
mas comparti te cudies de luy;
mas Dieus non i voc consentir.
680 El nom de Dieu tu l'aucizis
et haras vos mon cors delir
am las horazons que t'auzi dir,
mas yeu ti prec que non m'auniscas
ni non m'afolles ne
·m delisquas!m».
Adonc la dona
··l sobrepres
pels cabels a sos pes lo mes;
adonc lo mes contra la terra
am los dos pes aqui l'abauzet;
sos pes li pauzet sobre
·l col,
690 pueysas li dis:
«Ben t'ay per fol,
quar tu me volies enganar
ni ma chastetat vïolar!
Maclinne, gart, laysam star! 
·
No
·m pot noze ni aajudar,
quar Dieu del cel, qu'es mos salvayre,
mos defendeyre e mos gardayres,
me gardara, que n'ha poder,
non t'ent dara Dieus nul lezer!
El me defent, El me capdela
700 con la cieua quitia pieuzella:
non ay defendor mays Lhuy,
El ama me et yeu ben Lhuy.
Laysam'estar, cruel dïable,
tost temps ardras el fuoc durable!
»
Quant ho ag dic, vi resplandor,
pueys que nasquet no·n vi majior;
totta la carcer resplandi
plus que solhelh cant reluzis.
Sobre son cap .i
a. cros vi,
710 que era de Dieu qui servi.
Una colomba em pes estet
sus en la cros cant lhy parlet;
plus era blancqua d'una flor,
semblava de grant dolsor.
So li a dig, tot en parlant:
«Non doptar mingua lo tirant,
que yeu ti dig ben sertament
que Iesu Crist del cel entent.
Tu l'as amat e deszirat,
720 tu l'as servit, tu l'as honrat;
tu l'as gardada ta chastetat
ton cors e ta vergenetat;
la gloria t'es aparelhada
que tu avies tan dezirada:
recep lo gauc de paradis
ont cera tostemps pas e fins;
aqui vieuras am grant deport,
per so non deus doptar la mort!»
«Oy Dieus», dis la benaürada,
730 «qui ay cervit pueys que fuy nada,
ti queri gracias e me[r]ces,
quar tostemps m'as creysut mos bens»
Pueys se viret ves lo satan,
si·l demantdet en contrastant:
«Don yes, diables, ni don venes?
Digas mi qui say t'a trames!
So qu·t querray respont a me,
garda·t non me·n mentir de re!»
740 «Tot diray, dona, aquo que·t platz
Mas d'una ren ti vuelh pregar
e no m'ent layces fadiar:
leva·m lo pe de sobre·l col!
Tot cant ay fagh te comtaray,
tottas mas hobras ti diray;
tot quant anc fezi ni diyci,
per que combat ayci vengui».
Adonc la dona[
·s] refrenet;
750 lo pe de sobre
·l col l'ostet,
car vi e sap que mal li dolie,
si que parlar petit podie.
«Belsebuc soy apellat,
anc non agui tregua ni pas;
apres Belsabuc soy senher yeu,
en tot peccat yeu ay mon fieu;
most bon homes ay fagh pecar,
neguns homs no
·m pot contrastar.
Tostemps ay guerra am los dreghuries
760 et am bons homes vertadies;
cant yeu los ay vencut trastotz,
yeu los en meni jus el pos.
Hanc non pogui celuy trobar
que pogues am me contrastar
mas te, que m'as tot debrizat
e de mon chap los huelhs gitast;
tottas m'as toltas mas vertust,
tot soy cassat e cofondut.
Tu m'as mon frayr Rufo delit
770 e me mezeys forment aunit;
so que ti plas pos far de me,
quar Iesu Crist hobra per te;
El te dona tot cant tu vols
per so car l'as amat e colt;
En te El perman, en te renha,
El te defent et El t'ensenha;
quant Iesu non era en te,
non avies ger poder e me;
quant eras terra e caytivier,
780 fems e cenres e poyridier,
mot eras de flebla natura,
mas aras ies nepta e pura
et ar as ton cors ben mudat,
non ha en te crim ni peccat.
Tals hora fon tu eras mia,
aras non vos ma companhia:
Dieus es am te, que t'ama mot,
per s
·om fas tremolar trastot.
El t'a donat entendements 

790 los pes e la[s] mans eysament;
El t'a donat so que tu as,
ren d'altruy may de luy non as.
Si tu de mi ayso agueces,
l'erguelh que fas ja non fezeces,
per so non ay yeu potestat
que yeu 'abatta em peccat.
Sobre ton cor non ay poder
ni non ay forsa ni leszer,
si Iesu Crist non mi la dona
800 que tost los sieus amixe corona.
Mot as en Dieus ferm lo coracge,
per so non pos penre damnatge.
El nom de Dieu Rufo ventquies,
el nom de Dieu tu me lhies.
Yeu hay mostz homes trebalhasts
e most caytieus encarserrasts;
[...]
tost los mange dedins lo cors;
pueys los mange autra vegada,
810 que aytal es ma destinada.
Am dreyturies ay ma batalha,
tot cant els fan mal ieu meti en talha;
pechar los fauc en tot engens:
premieyremens lus tol lo sens;
peccar los fauc am molheradas
et am moynas santifiadas,
e de rauba los meti envie
e frange gleyras e mostirs.
Quant els dormon, yeu los reycide
820 e d'atruy molher los convide;
quant yeu non los puec reycidar,
aqui mezeus los fauc pechar:
per trop dormir e per deliegh
los fauc pechar ins en lur liegh;
per sonolensas eysamens
los fauc pechar tot en durment.
Homes fauc ausir e trenquar,
las terra[s] e
·ls sans deraubar;
quant yeu non poc ren d'ayso far,
830 los sans Dieu lor fauc jurar;
pueys mi viri ves autra part,
quar yeu say pron d'engent e d'art.
De clau[s]tras fauc morgues yeci,
homes lur fauc trenquar et ausir;
per aver fauc messas cantar
e gleyras vendre e comprar;
enpense fauc tota clercie
e mortal crim de ssimonie:
simonïat son los avesquest,
840 los abatz e los arcivesques,
et atretal an [li] lhach preyre,
li chapellan e lhi preveyre.

E mentre lei Iddio pregava
e così nobilmente ragionava,
il diavolo in piedi si alzò
e alla donna si avvicinò;
prese per mano la fanciulla,
per manche in Dio era n Dio era ferma e sicura,
poi le disse:
«Oh! Margherita,
molto è santa la tua vita;
molto è santa la tua preghiera,
pe il tuo cuore è puro e buono

voglio pregarti: donna buona
non infierire sulla mia persona;
gran male mi fai, lasciami stare,
ti prego il mio corpo non lo toccare.
Rufo, il fratello mio ti mandai
con l'aspetto di feroce dragone,
che ti divorasse e ti annientasse
e nell'inferno ti portasse,
che ti togliesse la verginità
e distruggesse la tua beltà,
e la tua mente confondesse,
ma di tutto ciò nulla gli riuscì;
[...]
ma pensasti di liberarti di lui;
ma Iddio non volle che accadesse.
In nome di Dio tu l'uccidesti
e ora vuoi distruggere il mio corpo
con le orazioni che ti sentii dire
ma io ti prego: non mi disonorare,
non mi abbattere, non mi disfare!
».
Allora la donna lo afferrò per i capelli
e se lo mise ai piedi;
allora lo spinse contro la terra
con i suoi piedi ce lo rovesciò;
gli pose i piedi sul collo,
e poi gli disse:
«Dico che sei un pazzo,
se mi volevi ingannare
e la mia castità violare!
Maligno, guarda, lasciami stare!
Non mi puoi nuocere né aiutare:
il Dio del cielo, che mi ha salvato,
mi ha difeso e mi ha guardato,
mi guarderà, che ne ha potere,
non lascerà a te Dio nessuna occasione!
Lui mi difende, lui mi protegge,
come pulzella che a lui si è votata:
non ho altri difensori che Lui,
Lui ama me e io tanto amo Lui.
Lasciami stare, diavolo crudele,
brucerai per sempre nel fuoco eterno!
»
Appena lo disse, vede uno splendore,
dacché era nata non ne vide uno maggiore;
tutto il carcere ne fu acceso
più che il sole quando risplende.
Sul suo capo una croce vide,
che era di Dio che serviva.
Una colomba stava ritta
in cima alla croce quando le parlava;
era più bianca d'un fiore,
era dolcissima a vedersi.
E parlandole disse così:
«Non temere in nulla il tiranno,
che io ti dico che certamente
Gesù Cristo dal cielo ti intende.
Tu l'hai amato e desiderato,
tu l'hai servito, tu l'hai onorato;
hai preservato la tua castità,
il tuo corpo, la tua verginità;
per te la gloria è preparata,
quella che tanto hai desiderata:
ricevi il gaudio del paradiso
dove per sempre saran concordia e pace,
qui vivrai con grande sollievo,
perciò la morte non devi temere!».
«O Dio», disse la benedetta,
che ho servito da quando son nata,
ti chiedo grazia e mercede,
perché sempre hai accresciuto il mio bene»
Poi si voltò verso il demonio,
e opponendosi a lui gli domandò:
«Da dove esci, diavolo, da dove vieni?
Qui ora dimmi, chi t'ha mandato!
Rispondi a quello che ti domando,
e bada bene di non mentire su nulla!»
«Quel che vuoi, donna, te lo dirò tutto!
Ma d'una cosa ti voglio pregare
e non volermela rifiutare:
levami il piede di sopra al collo!
Tutto quello che ho fatto ti dirò,
tutte le mie opere ti racconterò;
tutto quello che ho fatto e detto,
e per quale causa son qui venuto».
Allora la donna si frenò;
il piede di sul collo gli levò,
perché vide e seppe che male gli faceva,
sì che poco parlare poteva.
««Belsebuc sono chiamato,
non ebbi mai tregua né pace;
sotto a Belsabuc tengo la signoria,
su tutti i peccati la potestà è mia,
molti uomini dabbene ho fatto peccare
nessun uomo mi può contrastare.
Tutto il tempo fo guerra ai retti
e agli uomini buoni e sinceri;
e quando li ho tutti sconfitti,
me li porto giù nel pozzo.
Mai qualcuno ho potuto trovare
che mi potesse contrastare
prima di te, che m'hai tutto spezzato
e fatto schizzare gli occhi dal capo,
i miei poteri tutti m'hai levato,
son tutto rotto e devastato.
Tu Rufo, mio fratello, hai ammazzato,
e me gravemente disonorato,
tu quel che vuoi puoi far di me,
perché Gesù Cristo opera per te;
Lui ti dona tutto quel che vuoi,
perché sempre tu l'hai amato;
Lui in te risiede, lui in te regna,
Lui ti difende e Lui t'insegna;
Quando Gesù non era in te,
non avevi potere su me;
quando eri polvere e miseria,
letame e cenere e putredine,
eri di molto debole natura
ma ora sei netta e pura,
e hai il tuo cuore ben mutato,
non c'è in te colpa né peccato.
Un tempo accadde che tu fossi mia,
ma ora non vuoi la mia compagnia:
amandoti molto con te c'è Dio,
per questo tremo tutto io.
l tuoi pensieri lui te li ha dati,
insieme ai piedi e alle mani;
Ti ha donato tutto ciò che hai,
da altri che da Lui tu non l'hai.
Se tu da me l'avessi avuto,
mostrar tanto orgoglio non avresti potuto,
per questo non ho avuto il potere
di precipitarti nel peccato.
Sul tuo cuore non ho alcun potere
non ho forza e non ho legge,
se Gesù Cristo non me la dona,
Lui che tutti i suoi amici incorona.
Molto fermo in Dio poni il coraggio
perciò non posso farti danno.
Nel nome di Dio Rufo hai eliminato,
nel nome di Dio me hai legato.
Io molti uomini ho travagliato
e molti infelici ho incarcerato;
[...]
tutti li mangio da dentro il cuore;
poi li divoro una volta ancora,
perché a questo fui destinato.
Contro i retti è la mia battaglia,
sul male che fanno, tutto, metto una tassa;
faccio fare peccati di ogni genere:
prima li privo dell'intelligenza;
li faccio peccare con le maritate
e con le monache santificate,
gli metto voglia di rubare
e chiese e monasteri violare.
Quando dormono li faccio svegliare
e le mogli d'altri desiderare,
quando non posso farli svegliare,
sotto le coltri li faccio peccare:
per troppo dormire con piacere
li faccio peccare nei loro letti;
e se son troppo sonnolenti
io li faccio peccare dormendo.
Il prossimo li induco a uccidere e
squartare, le terre e le chiese a derubare,
quando queste cose non le posso fare,
i santi di Dio li faccio bestemmiare;
poi mi rivolgo da un'altra parte,
perché son ben fornito d'argento e d'arte.
Dai chiostri faccio i monaci fuggire,
il prossimo li induco a squartare e uccidere;
per denaro faccio le messe cantare
e chiese vendere e comprare;
per merito mio tutto il clero è attaccato
alla simonia, mortale peccato:
simoniaci sono i vescovi,
e altrettanto i cattivi preti,
i cappellani e gli arcipreti
.

pp. 68-78; vv. 665-842


Dieus fauc comprar e fauc vendre,
nuls homo no
·s pot de mi defendre
mas solamens las bonas gens,
qu'ant en Dieus lus entendemens,
que son per luy pres e liat,
batut e mory et escorgat
si come ies tu, can ies batuda
850 am trencan vergas tota nuza.
Per so non ay poder en te,
major poder as tu e me:
e mos amixs ay ieu poder,
mas ens autres non ay lezer;
non lus puec rendre gisardon
mas d'engant e de trascïon.
Quant els son mort, ieu los emmene
ins en ufern: aqui los pene,
en luoc puden los fauc cezer,
860 el lhiegh ardent los fauc jascer;
jamays .i. jorn non dormirant,

jamays .i. jorn ben non aurant;
tostems mays ceran em pudor:
aytal loguier an per m'amor;
aytal loguier
an mieu fizels,
ja non auran lo gauc del cel;
ja non aurant gauch ni clardat,
tostemps seran en escurdat.
Tu m'as vencut, don soy irat:
870 non m'ausizas, dona, si·s plas!
Plus soy irat et esperdut
quar yeu per femna soy vencut
non fora ce .i. homs mi venques,
que me lies la[s] mans e
·[l]s pes;
quar tu es femna, so me pesza:
mot en pres mens nostra proesza,
mot en pres mens nostra vertut,
quar .i. femna m'a vencut;
et d'ayso soy ieu plus dolens
880 quar non vos segre tos parens:
quant els moron, ieu los guovern,
a me los me[ne] en ufernt;
lay los mene, lay los ausi,
jamais .i. jorn non aurant fin.
Mot es ayso gran meravilha:
som payre a vencu la filha!
Ventcut a veramens son payre
e sa ceror e pueys son frayres;
tot son lh[i]nghage a vencut
890 e
·ls diables fay estar mut;
d
ïable ausi e destrenh.
Dieus es am luy, ges non s'en fenh;
tot quant si vol pot de me far
e negus non li pot contrastar;
en luy non ay dreg ni razon,
Dieus la defent, que tostemps fon.
Tostemps mays soy yeu enhantat,
quar hanc per femna fuy lhiat.
Mala nos fon aquelha hora
900 en que nasquet aquesta toza
que
·ls dïables lia e prent
e los ecaucsa eysament!
».
Iddio lo faccio comprare e vendere,
nessun da me si può difendere,
tranne soltanto la buona gente,
che in Dio volge i suoi pensieri,
che son per lui presi e legati,
battuti, uccisi e scorticati
come sei stata tu, quando eri picchiata
tutta nuda con la verga affilata.
Perciò non ho potere su te,
maggior potere hai tu su me:
sui miei amici ho io potere,
ma sugli altri non ho risorse;
non do loro altro compenso
che d'inganno e tradimento.
Quando son morti, io li meno
giù nell'inferno, qui li punisco,
in loco fetente li faccio sedere,
in loco ardente li faccio giacere;
giammai neanche un sol giorno dormiranno,
giammai un bene neanche un giorno avranno;
per sempre nel fetore saranno
per il mio amore questo premio avranno;
per essermi fedeli questo riceveranno,
mai non avranno il gaudio del cielo
mai non avranno gioia né chiarità,
saran per sempre nell'oscurità.
Così mi hai vinto, così sono abbattuto:
non uccidermi, donna, per piacere!
Tanto più sono disperato e smarrito
perché da una femmina sono qui vinto
non lo sarei se un uomo mi vincesse,
e mani e piedi mi legasse;
perché tu sei femmina, questo mi pesa,
io stimo molto meno il nostro valore
io stimo molto meno la nostra virtù,
perché una femmina mi ha vinto;
e io ne sono ancora più dolente
perché non vuoi seguire i tuoi parenti:
quando muoiono, io li governo,
e me li porto all'inferno;
laggiù li porto, laggiù li tormento,
giammai dalla pena avran sollievo.
La cosa desta grande meraviglia:
il padre lo vinse la sua figlia!
Veramente suo padre lei ha vinto
e sua sorella e anche i suoi fratelli
tutta la sua dinastia ha vinto
e i diavoli sono ammutoliti
anche i diavoli tormentati.
Dio è con lei, non si discosta;
tutto quello che vuole di me può fare
nessuno c'è che la possa ostacolare;
su lei non ho diritti né potenza,
Dio la difende, che da sempre regna.
Per sempre io sono disonorato,
perché da una femmina fui legato
Mala ora per noi fu quella
in cui nacque questa pulzella
che i diavoli lega e prende
e li perseguita parimente!
»
pp. 78-80; vv. 842-902

La santa dona, quant ho aus,
am lo sathant parla tot suau:
«Diias», so dis, «qui t'engendret
ni aquest mestier ti donet:
armas penar; homes ausir
nit tot ayso que yeu ti au dir.
Mot ti donet avol mestier,
910 qu'el ti lieuret a caytivier
».
Lo satan dis ingnellament:
«Digas mi tu premieyramens
dont as hagut aquest poder,
ni com Iesu intret en te,
que
·t fa far so que·t plas de me.
De nos pos far tot quant ti vols,
bons es lo Senher que tu cols;
d
ïables prenes e fas fugir
920 e los lias e
·[l]s fas murir.
Pueys ti diray tot eviat
e tost mos dist e tost mos fast
».
La santa pulcella, quando ha sentito,
al satanasso serenamente parla:
«Dmmi», gli dice, «chi t'ha generato
e questo mestiere ti ha dato
di anime tormentare, di uomini assassinare
e di tutto quello che ti sentii raccontare.
Un mestiere molto tristo ti ha dato
che ti consegna alla miseria
».
Il satanasso rispose immantinente;
«Dimmi tu primieramente
come hai avuto questo potere,
e come Gesù è entrato in te,
per farti fare quel che vuoi di me.
Di noi puoi far quel che ti pare,
forte è il Signore che tu adori;
acchiappi i diavoli e li fai fuggire
e lo leghi e li fai morire.
Poi ti dirò quello chevuoi
tutte le mie storie e tutti i miei fatti».
pp. 80-82; vv. 902-922


Li dona dis: «So non covent,
que yeu de Dieu te diga ren;
so non coven noi non se thagh
plus que maracdes en estagh;
non vol davant los porcs pauzar
margarita que hom ten quar,
ni aur en femoras tener,
930 quar tu non as sen ne saber;
non ies dighnes que aujas ma vos:
tostemps seras lay ins el pos!
Pero so dic ieu verament:
en Dieus ay mon ententdeme[n]t
».
Des que la dona so layset,
lo d
ïables apres parlet:
«Saphas legir», dis, «l'escriptura
que ti dirat la vertat pura,
dont trobaras nostre linhacge,
940 nostra perdoa, nostre damnage.
Sathanas non es comandayres,
car Iesu Crist maudis, lo payre,
cant lo gitet de paradis
on avie son hostal pris.
Sest fes pecar Adam et Eva,
sest quazex del ciel en la terra.
Mas ieu non auze ab te parlar;
quar Iesu veg ab te estar;
El te defent, El es ab te;
950 El t'ensenha, El te chapten.
Dice la pulcella: «Non è conveniente,
io di Dio non ti dirò un bel niente;
non sta bene e non è adatto
alla pozzanghera lo smeraldo;
non voglio davanti ai porci posare
la perla che gli uomini sanno apprezzare,
né l'oro nel letame gettare,
perché tu non hai senno né sapienza;
la mia voce non sei degno di sentire:
per sempre starai nel pozzo a marcire!
Perciò ora ti dico il vero:
in Dio si volge il mio pensiero
».
Quando la pulzella si fermò,
il diavolo così parlò:
«Sappi leggere», dice, «la scrittura
che ti dirà la verità pura,
vi troverai la nostra perdizione
la nostra origine, la nostra dannazione.
Satanasso non è il sovrano,
perché maledì Gesù Cristo, il padre,
quando lo gettò dal paradiso
dove aveva preso dimora.
Lui fece peccare Adamo ed Eva,
lui precipitò dal cielo in terra.
Ma con te io non oso più parlare;
perché con te vedo Gesù stare;
Lui ti difende, Lui sta con te,
Lui t'insegna, lui ti protegge.
p. 82; vv. 923-950


Grant pavor me fay quant lo vey,
mot lo doptam meu e li mieu;
per l'ayre annam ieu e miei par
quar non podem per terra anar;
nos em maclingne esperit
q'anam sautan com fay quabrit;
mas de .i
a. ren ti vuelh pregar:
que me layces .i. pauc parlar;
relargua me, que trop me dol,
960 pueys ti diray so que dire vuelh
».
Li samta dona lo amplet;
lo d
ïables apres parlet:
«Eu te conjur», dis lo sathans,
«el nom de Dieu, qu es senher gran,
et el nom de santa Maria,
qu'es de Iesu Christ mayre e filha
,
d'ayci enant no
·m demandar
del chaytivier que ieu ay fagh,
ni de las armas con las pene
970 ni en ufern am me las mene,
mas envia mi en tal terra
que ieu non pues[ca] fayre guera
ni te ni altre trabalhar
ni las armas justiciar.
Ayso m'es pena et afant
et a totz jors me creys mos dans;
mot volgra mays ayci estar
qu'armas penar ni trebalhar.
Donc Salamons cant el renhava
980 et son regisme governava,
nos siam claus en .i. vaycel,
en que estem grant temps for leu;
ges grant mal non sofertavam,
quar encarcerat aqui ciam.
Quando lo vedo grande paura mi fa,
molto io e quelli come me lo temiamo:
io e i miei simili per l'aria andiamo
perché per terra non possiamo;
noi di cose maligne esperti
ci muoviamo a saltelli come capretti;
ma di una cosa ti voglio pregare;
che mi lasci un po' parlare;
allenta la presa, ché troppo mi fa male,
poi ti dirò quello che voglio dire
».
La santa donna la presa allentò,
e il diavolo allora parlò:
Disse il satanasso: «Io ti scongiuro»
«nel nome di Dio, signore grande di sicuro,
e nel nome della santa Maria,
che di Gesù Cristo è madre e figlia,
da ora in poi non mi interrogare
sulle cattiverie che ho potuto fare,
con quali armi e quale pene
me le porto con me all'inferno,
ma fammi andare in una terra
dove io non possa fare guerra
né te né altre travagliare
né con le armi giustiziare.
Questo mi dà pena e affanno
e ogni giorno cresce il mio danno;
mi piacerebbe molto più con te restare
che altre anime punire e travagliare.
Al tempo in cui Salomone regnava
e il suo Paese governava,
noi stavamo chiusi in un vaso,
nel quale molto tempo tranquilli
restammo;
allora un grande male non pativamo,
incarcerati come eravamo.

p. 83; vv. 951-984


Apres sa mort grant fuoc n'ieyci,
que anc major hom non [en] vic,
d'aquel vaycel en que nos ciam,
mas ges eysir nonc ne podiam,
dos que de Babilonia ventgront
990 homes que aquel camin tengron;
viront lo fuoc d'aqui eysir,
enqueront se de nos salhir:
cuderont aqui aur trobar.
Lo vaycel comenson a espesar,
frayceront lo, c'anc ren no i remas
liams ni davant ni detras.
Quant lo vaycel fon deyliat,
caschun de nos fon deylieurat;
per tot lo mont anam vazent,
1000 pueys avem penat motz chaytieus
».
Quant aus la dona la razon
del diable, non li sap ges bon:
«Pat aias mays d'ayci avant»,
dis la dona,
«que ieu t'o comant,
car tot es faulha e chansons
tot quant tu dis ni cant espon;
d'ayci avant non vuelh auzir
de la[s] paraulhas que ieu t'augh dir;
razon
·t rendra, ben o saphas,
1010 Dieus dreyturie que tu enganas
».
Pueyas anet per miegh la carcer,
que plus non es volguda pa[r]cer.
En .i. angle lo fes venir,
pueys affagh la terra partir.
Adonc lhi dis:
«Vay, satanas,
ins en ufern qui serviras!
».
Lo satanas s'en vay brugent
am los autres ins en ufern.

Dopo la sua morte una fiamma tanto alta
che mai nessuno ne aveva vista un'altra,
uscì da quel vaso dove eravamo,

ma uscirne noi non potevamo,
finché da Babilonia arrivarono
uomini che per quella via andavano;
videro il fuoco dal vaso salire,
si diedero da fare per farci uscire,
credendo che dentro si trovasse oro.
Il vaso cominciarono a spezzare,
lo ridussero in frammenti, e non ne rimase
un pezzo sano né davanti né dietro.
Quando il vaso fu spezzato,
ognuno di noi fu liberato;
per il mondo intero andiamo vagando
molti cattivi tormentando
».
Quando la pulzella sentì il racconto
del diavolo, non gli sembrò buono:
«Stattene buono da qui in avanti»,
dice la pulzella,
«io te lo comando,
perché sono tutte favole e canzoni
le cose che tu dici ed esponi;
da qui in avanti non voglio sentire
altre parole di quelle che sentii dire;
ti darà quel che ti spetta, stanne sicuro,
Dio che è giusto e che tu inganni
».
Poi andò al centro di quella prigione,
perché non lo volle più sopportare.
In un angolo lo fa stare,
e poi lo fa sottoterra sprofondare.
Così gli dice: 
«Satanasso ora vai,
giù all'inferno dove servirai!
».
Il satanasso se ne va squittendo
con gli altri diavoli all'inferno.
pp. 84-86; vv. 985-1018



NOTE



Testo occitano tratto da: Roberta Manetti, La passione di Santa Margherita. Testo occitano del XIII secolo (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashburnam 105) Edizione con versione a fronte, introduzione, note e glossario. Firenze: Alinea Editrice 2012; pp. 168.
La presente traduzione italiana e le note sono nostre.



Sos vuelhs am son mantel cubrie

Riportiamo, anche se potrebbe essere solo una nostra libera associazione, l'analoga reazione del marchese Gualtieri di fronte alla sofferenza che infligge alla sua sposa Griselda per provarne l'assoluta obbedienza:

Gualtieri, che maggior voglia di piagnere avea che d'altro, stando pur col viso duro, disse:
- E tu una camicia ne porta. (La novella di Griselda, Decameron)

E, tanto per fare un'ipotesi, se la potenza della donna nel cristianesimo, almeno in quello dei Vangeli e dei primi secoli, quelli dei martiri e delle martiri, fosse stata in larga misura rimossa, mettendo il piede dell'uomo - del padre, dei fratelli, del marito, sul collo della donna, uccidendola se riesce a liberarsi dalla stretta? Il piede del maschio legittimante sulla donna farebbe della donna stessa una creatura diabolica, da domare a qualunque costo: janua diaboli.

Tu es diaboli janua, tu es arboris illius resignatrix, te es divinae legis deserti, tu es quae cum perusasisti, quem diabolus aggredi non valuit. Tu immagine Dei, nomine, tam facile elisisti: propter tuum meritum, id est mortem, etiam Filius Dei mori habuit; et adornari tibi in mente est super pelliceas tuas tunicas?
(Tertulliano, II-III sec. d. C.)
Tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell'albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto l'immagine di Dio, l'uomo, con tanta facilità. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto morire. E tu hai in mente di adornarti con altro che non siano le tuniche che coprono la tua pelle?

Ma la donna è anche, e resta, colei che col piede calpesta il serpente schiacciandogli la testa, con o senza l'aiuto di angioletti o di Gesù Bambino. Qui sotto, si può osservare l'analogia fra l'Immacolata Concezione e santa Margherita.

Felice Brusasorci
Santa Margherita
1542-1605
Esteban Murillo
Immacolata Concezione
1652



El nom de Dieu tu l'aucizis

Rufo, usualmente tradotto con Rufone, il diavolo che si mostra a Magherita dopo la sua preghiera, in forma di drago, è abbastanza grande da porre la lingua sotto il suo piede e la mascella superiore sopra la sua testa, e la mangia in un boccone. Reinfetazione per opera del satanasso che è giunto rispondendo alla preghiera del prefetto romano che la santa sventa immediatamente col segno della croce, oppure, come in altre versioni, usando la croce come uno stiletto col quale taglia la pancia del drago, ed esce illesa. Di uccisione del suo fratello Rufo, o Rufone, parla Belsabuc: nella dottrina cristiana, come nella Bibbia, angeli e demoni sono immortali, a differenza degli uomini. Infatti alla fine Margherita dirà a Belsabuc che le sue parole sono favole e canzoni, un inganno nel quale lei non cade e che Dio punirà giustamente.
Belsabuc chiede a Margherita chi sia il valente signore che le ha dato tanto potere su lui e sugli altri diavoli: potrebbe essere considerata una domanda volta a far cadere in qualche modo in un tranello la Santa, se non fosse che poco dopo Belsabuc racconta dell'origine dei demoni, riportando non la storia dell'angelo caduto ma la storia dei demoni domati da Salomone col suo sigillo, che si liberano uno ad uno nelle Mille e una notte. Qui invece si liberano tutti in un solo colpo. Una fiamma si sprigiona dal vaso, per iniziativa dei demoni - o jinn - imprigionati, e vedendola gli uomini pensano che segnali la presenza di grandi tesori, e per questo tolgono il sigillo, così che i demoni fuggono riempiendo l'aria in ogni dove. La fiamma si collega al tema degli adoratori del fuoco, come i magi e gli zoroastriani, ma anche alle fiamme dei pozzi di petrolio prima del loro sfruttamento. Gli adoratori del fuoco adoravano quindi il calore che si sprigionava spontaneamente dalla Madre Terra, vale a dire il principio vitale connesso alla sua origine potente e misteriosa?
Mi piacerebbe capire come sia stato possibile unire la mitologia musulmana o comunque orientale e quella cristiana occidentale. Comunque qui nella versione medievale occitana della storia di Margherita si trova un diavolo, Belsabuc, che sa e non sa qual è la sua origine, che obbedisce al prefetto Olimbrio, e un altro diavolo che muore: i jinn orientali possono morire, mentre i diavoli cristiani sono eterni come gli angeli.
Quando Margherita respinge come faulha e chansons il racconto di Belsabuc, che potrebbe essere interpretata come una dichiarazione di superiorità rispetto all'Islam - Maometto è successivo al tempo passato da Margherita sulla terra, ma non a quello in cui questo testo occitano viene scritto - ci lascia però un punto interrogativo a proposito della morte del dragone: se un diavolo può morire, è assimilato ai jinn delle favole islamiche, altrimenti non può essere ucciso, come gli angeli, creati senza carne e per questo eterni.



Donc Salamons cant el renhava

Sorprendente la presenza di Salomone domatore di demoni nella stessa versione delle Mille e una notte: ma Margherita non crederà alla storia delle proprie origini raccontanta da Belsebuc. In ogni caso troviamo un sottoinsieme comune alle due grandi religioni monoteistiche debitrici la prima all'ebraismo, la seconda all'ebraismo e al cristianesimo. Nel rimosso - i demoni nel vaso - potrebbe esserci la ricchezza, l'oro. Invece ci sono i demoni, le stesse creature indomabili - il resto non civilizzabile, quel che l'Io non può annettersi - che nella Teogonia di Esiodo sono imprigionate nello strato più profondo della Terra, lontane dalla superficie della Dea Madre quanto questa superficie è lontana dalla volta celeste. Una metafora che indica all'uomo l'inaccessibilità di questi contenuti rimossi, analoga a quella di cui parla Freud quando dice dell'inattingibilità della roccia dura della pulsione, dell'ombelico del sogno.
Non dimenticare l'esistenza dell'inconoscibile, sia perché esiste sempre e da sempre e per sempre - nella versione del credente - sia perché non è mai esistito, come un vuoto terrificante, per l'ateo. Riempire questo vuoto terrificante con le ideologie ha rimandato l'angoscia di cui oggi soffriamo, e non smetteremo presto di soffrirne. Comunismo e nazionalsocialismo sono due risposte che derivano dalla convinzione che l'uomo - il duce, il Fürer - sia trionfalmente arrivato in cima al Monte Sinai, da dove poteva dettare i suoi comandamenti: la propaganda di massa è stata - è - il suo strumento. Ricordiamo le parole di Ernesto De Martino, secondo il quale Hiler sciamanizzava l'Europa. L'ideologia illuministica - e l'industria e l'uso dei combustibili fossili e delle macchine - scala il Sinai. La bomba - culminando nell'atomica sganciata nel 1946 - è uno strumento di potenza paragonabile a quello di Dio: può distruggere il genere umano come il diluvio, e solo i più potenti si salveranno - vedi il Dottor Stranamore di Kubrick (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, 1964). Allo stesso modo si erano salvati i prediletti di Dio dal diluvio: Noè sull'arca è il riferimento ideale della descrizione del dottor Stranamore, di come si potranno far passare sottoterra i cento anni necessari perché l'atmosfera terrestre torni respirabile - con dieci donne scelte in base a quanto sono sessualmente attraenti, per ogni uomo, scelto in base alla sua competenza politica o scientifica. Tutto ricomincerà daccapo, come dopo il diluvio narrato dall'Antico Testamento e da tante altre tradizioni. Una palingenesi? No, solo ricominciare daccapo la storia umana, constatando il suo fallimento, ora per opera degli uomini, allora di Dio. Il popolo eletto - ovvero gli statunitensi, determinanti nella guerra e nella pace del mondo - decide chi deve sopravvivere, quale civiltà deve permanere dopo la distruzione delle altre. Ma l'elezione non è altro che la detenzione del massimo potere. Ma forse anche l'elezione divina attesta il massimo potere? Il potere è legittimo se viene da Dio, illegittimo se viene dall'uomo? in nome di Dio le guerre sono forse state giuste? fu mai giusta la sopraffazione di popoli e culture contro altri popoli e altre culture? fu giusto l'annegamento degli egizi durante la fuga di Israele? Quale sconfitta e distruzione è mai giusta? Al massimo è conseguente a un patto considerato giusto, come quello fra Israele e Jhavè, o quello fra i principi greci prima che Elena scelga uno di loro, primo esempio di alleanza fra diversi stati, piccoli a piacere. Dio non c'entra per il mito greco, se non come custode implacabile dei giuramenti. Ma Ulisse tenta di sottrarvisi fingendosi pazzo, e Teti cerca di sottrarvi Achille travestendolo da donna: l'inferiore non è tenuto a rispettare il giuramento che vincola il superiore, ovvero il maschio, in pieno possesso dei suoi attributi mentali e fisici. Gli dei greci non abitano nel cuore dell'uomo, ci si può nascondere se si è astuti, e il gioco dell'intelligenza avrà come protettrice Athena, il femminile indomito, per quanto sua madre sia stata divorata prima di partorirla. Se il maschile divora il femminile, se si appropria delle sue doti, come fa Zeus con Mètis, impedendole allo stesso tempo di far progredire la stirpe divina generando un figlio più forte del padre, c'è però un femminile che esce dal padre reinfetante e va per il mondo con una certa autonomia: Atena. Senza Atena Ulisse non ce la farebbe, ma è vera anche la reciproca: Atena non dispiegherebbe le virtù dell'intelligenza e della forza che combatte se non scegliesse Ulisse fra gli uomini, se non lo amasse e se non se ne prendesse cura più di quanto faccia con qualunque dio olimpico.
Il segreto pare ancora da cercare nella superficie della cultura della Grecia classica, la penisola della madrepatria, la Grecia, e la Magna Grecia, la parte più mediterranea dell'Italia.



Car tot es faulha e chansons


Il discorso di Margherita svuota di senso la storia che le ha raccontato Belsebuc, ovvero l'origine dei diavoli che tormentano chi non crede in Cristo come quella dei jinn delle Mille e una notte. Quindi i diavoli tentano di ingannare la santa pulcella raccontandole la versione musulmana dei demoni imprigionati da Salomone e poi liberati da uomini che speravano di trovarvi ricchezze. Resta la morte del diavolo Rufo o Rufone, che come diavolo cristiano sarebbe immortale, mentre come demone orientale può essere ucciso - cosa che capita non troppo di rado nelle Mille e una notte.








PASSIO DI SANTA MARGHERITA DI ANTIOCHIA

CODICE ABRUZZESE, XIV SEC.


[A]lu nomo de Dio e della vergene Maria
e de sancta Margarita, vergene beata,
in moysi di sanctiximo fone conmensata
8
4 essa ne defenda dalle mortali peccata. Amen.

Picculi et grandi, per Deo me entendate,
queste parole con core le ascoltate,
per lo vostre anime si·lle
operate,
8 che la corona de Deo recepate.                 

A Jhesu Cristo degiate servire,
cha ipso per nui volze morire,
ché siate digni de recepire
12 la sancta gloria, che no pò perire
9.

Innanti ogi fone una polzella,
Margarita per nomo, fo multo bella,
credecte in Cristo lei e novella
10,
16 li quali miraculi fece per ley
a11

Assai fo gentile per natura et per nativitate;
Teodetio abe nomo lu sou patre
12,
patriarcha fone, gran potestate.
Quando fo picciula radduseli alla matre;
a nutricare fo data in altre contrate.       
Multo era picciola quando credecte
in Jhesu Cristo, con a
13 alla soa festa;
co
·llo sou patre e unca no stecte,
cha colìa li dicti da Oriente teste
14.                              
Ma Jhesu Cristo sempre invocava,
facea oratione et assai deiunava;
de so’ bellecze ià no finava;
29 pascea le pecora della marina
15.   

Pascea le pecora quante n’avìa
16 ,
co·ll’altre polzelle in compagnia.
lu spiritu sancto con essa avìa,
33 e nullu marito ià no volea.                           

Multe martoria audìa dire
alli cristiani se feceano patire:
chi Cristo invocava, lu facea morire
37 Perfecto iniquo
17: n’avìa lo potere.      

Perfecto iniquo scì·nne passone,
alle soe belleze sì resguardone,
alli soi ministri sì conmandone:
«S’ène libera, io la vorragio;
42 se foxe libera, la demandone.

Se è libera, io la vorragio,
et per moglèra la prenderaio;
e se no è libera, io la vorragio,
46 et no vaglio che faccia altro viagio».  
Li cavaleri andaro ad essa.
Cristu chiamava multo spisso,
che.lla sua anima no fosse conquisa
50 et a
·lli mali pagani no fosse promessa:

«Fàmme allegare, Signore Deo,
et collaudare lu nomo teo,
che se no socze lu corpu meo
54 con quisto iniquo, ch’è falzo et reo».

Li cavaleri intisero bene
cha Jhesu Cristo era soa spene
e
·lla sua fede perfecta ène,
58 che con Perfectu se no convene.

E
·lli cavaleri poy la pigliaro,
nanti ad Perfecto sì·lla menaro,
quanto odero de lui, tucto contaro,
62 onde fo tristo assai quillo avaro.

Lu iniquo Perfecto colore à mutato,
dello sou nome à demandato
e quale fosse de sou parentato
66 e quale Deo avesse adoratu.

«Io me chiamo nella mia gente
Margarita; libera so’, no te nego niente:
io adoro Cristu, Deo omnipotente;
70 in Cristo, sou figlio, agio la mente».

«Tu adori Cristo, che fone iudeo,
fecese chiamare figliolo de Deo,
poy fo conoscuto falzo et reo,
74 fo crucifixo dalli parenti mei».                            
«Se·lli toy parenti lu crocefixero
e con Pilato, che tanto lo dissero,
meglio lo fora che nati no fuxero,
78 cha entraro no inferno et sì ne corsero».

Allora Perfectu si se adirone
18,
80 per grande ira sì conmandone:
[...]
«Na scura carcere sia lu sou statu,
per quella parola che.llo à sì adolorato,
e·llo sou honore sia dessonoratu».
84 [I]n Anti(i)ochia(m) Perfectu ingannatu
19.

E·lli soi dei vay ad horare,
sonno surdi et muty et forsa no ài;
87 secundo la fede soa, opera vana.
[...]

All’altro dì la fece venire,
como signore prese ad sedere,
ademandola et preseli a dire:
91 «Vana zitella, per che vòi morire?

La tua belleze no deguastare:
multo si’ bella, assai in ti se pare;
consentite ad mi, cha te voglio sposare,
95 e se·lli mei dei voy tu adorare».

Margarita respuse: «Ià no farragio!
Per quesse parole me no ammollaraio;
conescela Deo la voglia
20 che agio:
99 della sua via me no parteragio.

La mea belleza ad Cristo assenai,
che regna in secula sempre mai.
Se tu lo cridi, bene farrai,
103 cha nello inferno no andarai;

cha lu meo Deo in cielo è laudato,
per nui peccaturi vols’essere natu,
lu mare lu obedìo et Petri à salvatu
107 e alli venti restrense lu flatu».

Disse Perfectu: «Se no aduri
li mei dei, che so’ signurj,
pene te dono, che so’ forti et dure;
111 et se ad mi te consenti, averai multo honore.

Questo te dico davanti ad questa gente:
per mogliera te sposo, se voy, al presente».
Margarita respuse: «No voglio niente:
115 l’anima et lu corpu do a Dio omnipotente;

cha isso per nui se adusse alla morte;
e io per isso no temo la morte,
de paraviso à operte le porte,
119 co·lla soa croce me fece assai forte».

Lo mal Perfectu la voglia à smarruta,
in una alta stanga l’ay facta appenduta,
con verge suctili l’ay facta vactuta
21.
123 Con Deo pregare la sancta se aiuta:

«Signore Deo, io te pregai,
che no scìa confusa mo, né giammai;
che no se·nne gabbe quisti pagani;
127 che per tene
22. sostène; tu loro lo sana.

Per lu tou amore me aiuta, Signore,
che no scìa confusa in quisto dolore;
resguarda a mi per lu tou amore,
131 che scìa libera de quisto dolore.

De queste pene no scìa turbata,
nellu meo core no sia smagata;
Segnore Deo, manda rosata
a23,
135 che de queste pene scìa resanata».

Essa orava: pure era vactuta,
la soa belleza tucta era giuta,
lu sangue correa per omne feruta:
139 «Cristu» chiamava «ora me aiuta!»

«O Margarita, ora me cridi,
141 cha ben te sarrà, se ben te providi.  
[...]

Et quella nuda nella stanga pendea;
como fontana lo sangue correa;
e·lli tirampni
a24 sì·lli dicea:
145 «Se cridi ad Perfectu, serrai libera issa via».

«O mali consigli perché consegliate?
Delle mei pene vui no smagate,
alle vostre opere vui resguardate:
149 cha Deu de mi averà pietate.

Et allu meo Deu vui credate,
ch’è forte et potente et à gran potestate.
Chi ad isso crede è la verdate,
153 de paraviso le porte li no so’ serrate.

E tu, iniquo Perfectu signore
se alle mei carni day passione
in paraviso averagio lu honore
157 et tu nello inferno averai ardore».

Allora Perfectu scì se adirone,
che fosse inpesa scì conmandone,
con verge acutissime la carne guastone;
161 la sancta in cielo poy resguardone: 
                         
«Da multi cani so’ tormentata:
liberame, Cristo, de sì dura spada,
de vocca de lione no scìa devorata
165 et da quisto iniquo no sia abbassata. 
                     
Confortame, Cristu, et damme
25 spene de vita;
la mea oratione in cielo sia odita:
manda la palomma, ch’è bene ardita,
169 che vencha quisto iniquo che me à sturdita».
           
Et li carnifici pur la vactìano;
Perfectu la factia se coperìa,
172 sì gran crodeza veder no potea;
[...]

«Per che no me aduri, o Margarita?
No ày mercede alle carni scurite?
Nello tou judicio sarrai smarrita;
176 consèntite a me, averai la vita.   
                          
E·lli mei dey voglio che adurj:
178 serrai libera de quisti doluri».               
[...]

Respuse la sancta arditamente:
«Se agio mercede alle carni dolenti,
l’anima mea vay nello focu ardente,
182 como la tua, che stane presente».
                           
Allora Perfectu sì·sse adirone,
nella oscura carcere sì·lla inzerrone.
Ad Cristu la sancta se accommandone,
186 et co·lla croce se consinone:

«No me lassare, Signore Deu!
Tu me demostra lu innimico meo
26,
che io combacta per l’amore toa:
190 tu si’ pro vedere me et isso reo.

Che·lla mia mente no sia turbata,
et co·lli yduli no sia assocciata;
cha
27 la mia spene in ti è fondata:
194 per lu tou nome sia salutata».
                         
In quella carcere, in uno cornone
28,
allora ne uscìo un grande dragone,
che menava grande furore
198 et era pincto de omne colore
29.

Li capilli et la barba d’oro parìa,
como smirangi
30 l’ochi parìa;
li denti della bocca focu parìano,
202 gran focu et fume della vocca l’uscìa.                
Sopra allo collu una spada arrecava
et una in manu, che·lla scrullava;
et per la vocca gran flamma iectava,
206 che tucta la carcere si alluminava.

De questo la sancta paura la’ntrava,
paura de morte si·lla pigliava,
che tutte le membra li conturbava;
210 la preghera che la recordava.
E Jhesu Cristo si·lli mustrava
lu innimico, che con essa stava et pugnava.
La sancta in terra si·sse iectava,
214 de Deo pregare ià no finava,
che destrengesse la fera prava,
216 che verso de essa se appressomava.
[...]

«Deu [’n]visibile, che non ci lassi vedere,
l’abisso ne trema de sou potere,
219 lu paraviso fondasti, no poy perire.
[...]

Tu che·llo inferno sì deguastasti,
et lu diabolo dentro legasti,
quisto dragone tu lu creasti:
223 destringi la forza che·lli donasti».

Et lu dragone se appressomone:
la sancta glucte
31, in ventre l’introne.
E·llu signo della croce che·sse signone
227 che·llu dracone per mesu crepone.
Un altro diabolo a quella ora gìa,
como hom nigro, fuscho parìa
32;
in sinistra parte sì·sse sedea,
231 che Margarita sì·llu vedea:
«Re immortale, Signore Deu,
laudo et glorifico lu nome tio
con tucta la fede, Signore meo:
235 destrengi quisto, che è falso e reo.                    
Vidi lu gaudio dell’anima mea:
Rufone demonio mortu iacea,
quillo dragone che gran forza avea
239 e·lla mia croce che sempre floria».

Fone mortu in un omo toa gran
33
re immortale imperadore
et eternale e·lli peccaturi
243 qui·llei che in te vole sperare.
Mintri l’orare la sancta fecea,
lèvase lu demonio et scì·lli dicea:
«Rofone, meo
34 frate, gran forza avea;
247 co·lla croce lu partisti, che fo in parte rea.

Me occidere no te pensare:
da parte de Jhesu Cristo te voglio pregare;
alla mia persona no te appressomare,
251 cha grandemente te voglio adorare».             
Ad questo la santa lu piglione
per li capilli, in terra lu geptone;
co·llu pede rictu lu calpistone,
255 sopre allu collu si·sse fermone.
«Factura de focu et è fera iniqua,
Cristo è mio spuso et jo soa
35 amica:
la mea vergenetate te è jnimica:
259 invero de mi ne te no appressomare.

Ancilla de Deo sempre serragio,
della soa via no me parteraio,
sponsa so’ de Cristu, gran spene ce agio
263 et darrame forza, che·cte venceragio».

Mentro la sancta questo dicea,
la croce de
36 Cristo da celo venìa,
che nella carcere gran lume fecea,
et una palomma
37 de sopre sedea,
268 ad allta voce sì·lli dicea:

«O Margarita, tu si’ beata !
La vergenetate ày desiderata,
im paraviso ora scì andata.
272 Corona de gloria t’ène apparecchiata».

Allora Margarita Deo rengratione,
allo demonio poy parlone.
Dellu sou nomo sì·llu ademannone
276 e·llo demonio sì·lla prea:          
«Solleva un pochu lu pede tou
et io te mo dico tucto lo reo
che agio factu contra Deu
280 et como se chiama lu nome meu.        
Multe anime iuste agio gliuctite,
con chiunqua pugna, sì·ll’ ò venciuto;
Rufone, meo frate, sì·llo ài occiditu
284 et io lo succursy, poy che·ll’ò veduto.                      
Tu lu meo collu sì decollasti
e·lla mia forza sì desprezasti;
Rufone, meo frate, in terra geptasti
288 co·llu signo della croce che·cce signasti.             
In altra casa lu faccio intrare
che senza croce posso trovare
38
et in sonno lu faccio peccare,
292 cha ne agio la forza e la potestate.
Como li venti nui annamo,
contra ally iusti sempre pugnamo,
li quali vedemo et li quali ingannamo
296 e dalli quali vani trovamo.

Sì como da te mortu iarrào,
incontra de te forza no agio,
p[e]rò mai in terra me lasso per stagio:
300 mintro so’ vivo no conbacteragio».

Ad questo la sancta lu
39 demandone
dellu sou lignaio, che·llu crione
e quale signore lo conmandone,
304 che queste opere considerone.

Respuse lu demonio, questo li disse:
«Und’ è la tua anima, che tanto fola disse,
[...]
307 et como Cristu in te ne manesse».

Respuse la sancta arditamente:
«La forza de Deu omnipotente!
Como si’ arditu, suczo fetente!
311 Tu no si’ digno de audire niente».

Respuse lu demonio: «Lu nome meo se chiama
Belzabucth et fo’ creatu dellu Deu nostro
40
et Satanasso lu rege nostro à quillo
315 et place et ànne forza de fare.

Male a noi dane conforto [...]
Ma Salamone me inserrone in un vasellu,
ne segellone per homini de Babbilonia
319 quillo speczone, auro se·nci penzò trovare
41.

Allora nui n’esciamo,
et tucto lo mundo renovamo;
multi alegri ne fecciamo,
323 quando allo inferno ne regiamo».

Ad questo la sancta se consione
42,
allo demonio poy conmandone
e nellu abisso lu mandone,
che fece rascione de quando operone.

Nell’altro dy Perfectu la fece venire
devanti a·ssene, ove stava a·ssedere.
Quando de carcere vende ad uscire,
331 accommandose ad Cristo, sou syre:

«O Margarita ad me te consenti,
poy de dolore micha no senti;
adora li dei, che sono potenti:
335 fallo per amore de questa bona gente».      
         
Respuse la santa arditamente:
«La mia voluntà ad ti no consente,
cha li toy dei sonno surdi, no odo’ niente:
339 adora lu mio, che è omnipotente».

Perfecto conmandone che fosse empesa,
lardiata, et fosse inpesa inciesa
43.
E·lli tirampni sì·ll’ào presa:
343 «Facciàmmone martorio sensa offesa».  
         
«O Deo omnipotente, verace Signore,
resguarda allu meo grande dolore,
che quisto iniquo me fau, segnore;
347 cha io lo paczo per lu tou amore».     

Disse Perfectu: «Puella taupina,
consèntite ad me, mo èi regina;
sacrific’a li dei, ch’è fede fina:
351 se questo no fai, serrai in ruina».

Respuse la sancta: «Jà no farragio,
che a·cti ma’ me no consenteragio,
nè·lli toy dey no adoraragio».
Disse Perfectu: «Io te vederagio,
356 ché tanto è duro lo tou coragio».

Un grande vasellu fece venire
et d’acqua freda lu fece implire,
359 dentro nell’acqua legate gire
44.
[...]

La sancta in cielo poy reguardone :
«Hostia te laudo,» sacrificone.
[...]
362 che rompesse li legami che portone:

«Questa acqua me sia sanitate,
et baptismo mo m’è de Deu patre,
365 Qui est trinus et unus in secula per unitate».
[...]

In quella hora foro gran terramuta,
e una palomma con croce è venuta
45;
la sancta tocca et poy la saluta
369 et tucta la gente in terra è caduta.

Lu spiritu sancto l’ài confortata
e dalla palomma, che da celo è venuta,
de’ ligami l’ài assalluta;
373 de fore dell’acqua la sancta ène uscita.

«Ello mio Signore sempre regnava,
de multe belleze sì·mme adornava
,
della sua forza assai me donava
46,
377 per la sua forza me glorificava».

E·lla palomma sì·ll’ài toccata:
«O Margarita, tu si’ biata
e47!
La vergenetate ài desiderata;
381 la gloria de Cristu ài guadagnata».

Cinquemilia credecte de quella gente
48
in Jhesu Cristo, Deo omnipotente.
Multu Perfectu ne fo dolente;
385 sententiare la fece presente.

Incontra sententia ène data:
«Della mia spada scì è
49 decollata,
per quella parola che·llu ài scì adoloratu
e50!
Ché·lla mia voglia ne sia alegrata».
390 De fore della citade la sancta è menata.

Malcho, tirampno, questo li dicea:
«Inclina lu capu et stenni la cervice,
recepi la spada, che è tagliatrice,
394 cha Cristu è con teco et è la tua vece».

Disse la sancta ad quella fiata:
«Se Cristu è con meco et no m’ài lassata,
sòstete un pochu cho·lla toa spada arrotata,
398 mintri lu pregho, che·lli sia aconmandata».

E·llo tirampno scì se sostenne;
la sancta in terra scì se geptava,
a Jhesu Cristo scì se accommandava
402 et grande dunu a·llo
51 impetrava.

«Deu, ch’el celu
e52 con palmo mesurasti
e·lli fili de Israel che·lliberasti,
de sopre allu abisso la terra fundasti 
406 et la mala via demostrasti.

E chi lu meo nome vole chiamare
e chi della mia paxione è recordatu
et casa me fane de sou guadagnato,
410 sìali remisso omne peccato.

Chi la mia passione scrivere facesse
chi che·lla lege, overo la odisse
e chi luminaria in casa fecesse,
414 le soe peccata li siano admesse.

Anche, Signore, vi voglio pregare,
chi, in iudicio terrebele, me vole mentuvare
e·llu meo nome vole chiamare,
418 de quillo judiciu lu digi liberare.

Della mia legenda fa de soi conparato,
della soa fatiga, oy de sou guadagnato;
in soa casa no sia domoniaco
53,
422 né cecu, né surdu, né da malu spiritu tentatu.

Anche te prego, Signore Deu,
che questo facci a·llu nome meo:
no se deguaste lu guadagno seo,
426 né sia temptatu da spiritu reu;

se nanti fosse statu tentatu,
odenno lu libro, scì n’è sfugatu,
no sia in isso nullu peccatu,
430 de spiritu sancto scìa conflammatu».

In quella hora foro gran terremuta,
432 Cristu co·lli angeli in terra è venuto.
[...]

La sancta stava in terra a Deo pregare,
vedendo Jhesu Cristo inn[a]cti stare,
della paura commenzò
54 ad tremare,
436 con gran paura luy ad adorare:

«Prégote tine, altissimo Dio,
quillo che chiama lu nome meu,
tu li ademplisci lu desideriu seu
440 della sanctitate, Signore Deu».

«O Margarita, tu sci’ biata,
dalli peccaturi tu sci’ recordata;
la tua petitione te sia confìrmata:
444 vene alla gloria, cha te è apparecchiata.

O Margarita, perciò so’ venuto,
co·lli mei angeli m’ero desusu,
quanto ày ademandato, te scìa ademplito».
448 Per mani la prese et disse Jhesu55: «Vèy suso.

Multo sarrai grande in quillo locu biatu,
ov’è le toe orliquie e xarrài lu tou statu:
cunqua ne plange, averande passato,
452 sìali admisso ogni peccato.

Dove lu tou libro sarrà trovato
loco no scìa demoniacho,
in quella hora li admicti omne peccatu:
456 de spiritu sancto scìa conflammato».

Margarita scì se voltone,
allu populo poy favellone:
«Patri et matri» scì·lli chiamone,
460 da parte de Jhesu Cristo scì·lli pregone,

«la mia paxione aiàtela ad mente
e·llo meo nome chiamète presente,
cha agio pregato Deo omnipotente,
464 ch’e’ vostri peccati no recorde niente».          

Poi dice a Milecho
56 la sancta biata:
«Lèvate susu co·lla tua spada arrotata
et percùtime in una fiata,
468 cha nella gloria ogi so’ annata».

Disse Melecho: «Jà no farragio,
Cristu ài con teco, a chi serveragio ?
Io non te tocco, cha gran paura agio,
472 ca io agio vedutu lu sou messagio».

Dice la santa: «Se·llo no fai,
im paraviso parte no ày.
La mia compagnia poy perderai
476 e nella gloria no intrarai».

Poy che queste à udito, scì·sse levone,
con gran paura la spada piglione,
a Jhesu Cristo se accommandone,
480 in uno culpu la decollone.

«O Jhesu Cristu, Signore beatu,
in quisto corpu sanctificato,
no scìa in me quisto peccatu,
484 che in quisto dy agio operatu».

Tucti li infirmi, che loco stava,
ciunchi et surdi et muti sanava,
delli occhi medemme li alluminava
488 et tucte le demonia se·nne fugiano.

Loco vìndero l’angeli mantenente,
recepero quell’anima immantenente,
fìcero laude a Deu omnipotente,
492 che·lle loro peccata no recordasse niente.

Uno hom, Detimo
57 se chiamava,
lu corpu della santa socterrava,
la soa legenda ipso trovava,
496 per tucto lo mundo la nominava.

L’anima sanctissima in cielo ne andava
58,
co·ll’altre sanctissime accompagniata.
Essa ne sia nostra avocata,
500 che Deo ne perdune le nostre peccata. Amen
59

RIFERIMENTI E NOTE

Teresa Nocita: Vita e passione di S. Margherita d'Antiochia secondo il codice XIII.D.59 della Biblioteca Nazionale di Napoli. Pp. 22
ultimo accesso: 27 marzo 2024.

NOTE CONTENUTE NEL TESTO SUCCITATO
Si omettono in questa pagina le note 1-7, relative all'Introduzione, accessibile con un click sul riferimento bibliografico succitato.

8 Si deve intendere probabilmente come un riferimento che il copista fa al momento in cui iniziò a scrivere il testo, cioè il mese del martirio di santa Margherita, che è venerata il 20 luglio, secondo il calendario romano.

9 Dopo questo breve prologo termina nel ms. la distinzione in quartine monorime e i versi si susseguono in colonna, senza interruzioni.

10 Pèrcopo edita crede[n]cte in Cristo lei è novella e interpreta credette in Cristo, essa è giovanetta (novella). Penso che si possa intendere più fedelmente al manoscritto lei credette in Cristo e nella sua (di Cristo) novella.

11 Pèrcopo restituisce la rima sostituendo ella a leya, da intendersi come pronome personale lei.

12 «Margarita de ciuitate Antiochie filia fuit Theodosii gentilium patriarche», Legenda Aurea 1999, p. 616.

13 Pèrcopo corregge in co’ va.

14 Non stette a lungo con suo padre, perché era pagano (letteralmente: coltivava i detti di Oriente come testimone).

15 Da intendersi probabilmente come madrina, balia. La Legenda Aurea ricorda che l’incontro con il prefetto avvenne a quindici anni mentre Margherita pascolava assieme ad altre ragazze le pecore della sua nutrice, cfr. Legenda aurea 1999, p. 616.

16 Anadiplosi, come ai vv. 41-43.

17 È il prefetto Olibrius, ricordato nella Legenda aurea.

18 Endecasillabo ripetuto, cfr. vv. 158, 183.

19 Ms. Nanti Iochia(m); seguo la proposta di Pèrcopo.

20 Ms. voglio.

21 «Tunc prefectus iussit eam in eculeum suspendit et tam crudeliter primo uirgis deinde pectinibus ferreis usque ad nudationem ossium laniari [...]», Legenda aurea 1999, p. 617.

22 Ms. perdene : accolgo l’emendamento di Pèrcopo.

23 Rugiada.

24 Tiranni, con il significato di carnefici, cfr. vv. 342, 391, 399.

25 In questa strofa correggo due letture errate di Pèrcopo: dame, ms. da(m)me, mia, ms. mea. Preferisco sciogliere la scriptio continua che bene al v. 171 in ch’è bene ardita, a differenza di Pèrcopo che edita che ben’è ardita, perché più frequenti sono i casi in cui la terza persona del verbo essere si lega al pronome relativo, che non quelli in cui si unisce all’avverbio.

26 Pèrcopo scioglie l’abbreviazione in mio; preferisco meo, forma più frequente nel testo e migliore per la rima.

27 Errore di lettura di Pèrcopo, che pubblica ché.

28 Canto, cantone, angolo di una stanza.

29 «Et ecce, draco immanissimus ibidem apparuit», Legenda aurea 1999, p. 618.

30 Smeraldi ?

31 Inghiotte. Per aver compiuto il miracolo di uscire viva dalla pancia del drago Margherita è invocata come protettrice delle partorienti.

32 Seconda tentazione del maligno, che si manifesta stavolta con fattezze umane.

33 Strofa corrotta.

34 Pèrcopo pubblica mio; cfr. v. 188.

35 Pèrcopo: so' soa.

36 Ms. da.

37 L’immagine della colomba, personificazione dello spirito santo, è assente nella Legenda aurea, ma si trova nella Passio bizantina del V secolo, data a Timoteo/Teotimo.

38 Nel ms. i vv. 289-290 sono invertiti: accolgo la correzione proposta in nota da Pèrcopo.

39 Ms. la.

40 Pèrcopo edita vostro.

41 «Addiditque quod Salomon infinitam demonum moltitudinem in quodam uase inclusit, sed post mortem suam cum de illo uase demones ignes mitterent et homines ibidem magnum esse thesaurum putarent, uas confregerunt et Demones exeuntes aerem impleuerunt», Legenda aurea 1999, p. 619.

42 Pèrcopo pubblica consinone.

43 Inizia il martirio del fuoco.

44 Segue il supplizio dell’acqua: «Deinde in uase magno pleno aqua ispam ligari et poni fecit [...]», Legenda aurea 1999, p. 619.

45 «[...] sed subito terra concutitur [...]», Legenda aurea 1999, p. 619. Il terremoto è uno dei segni dell’ira divina ricordati nella narrazione della passione di Cristo. Per l’immagine della colomba cfr. nota 36.

46 Ms. gl[or]ificava (et) donaua. Nota giustamente Pèrcopo che si tratta di un’anticipazione, da eliminare, della parola in rima del verso successivo.

47 Pèrcopo legge e stampa erroneamente beata.

48 «Tunc quinque milia uirorum crediderunt [...]», Legenda aurea 1999, p. 619.

49 Pèrcopo edita scìe, ma nel ms. i due termini sono separati. Per il tema della decollazione nelle vite dei santi cfr. Tufano 2007.

50 Identico al v. 82; secondo Pèrcopo è un’interpolazione.

51 S’intenda a·[i]llo.

52 Ms. con celu; accolgo la correzione di Pèrcopo.

53 Preceduto nel ms. dal termine espunto dominato.

54 Pèrcopo non considera il titulus e edita comenzò.

55 Interpolato, secondo Pèrcopo.

56 È il Malcho del v. 391.

57 È il già ricordato Timoteo/Teotimo, l’autore della Passio bizantina.

58 Pèrcopo emenda andata e legge quindi n’è andata.

59 Segue nel ms. una preghiera latina a Santa Margherita e a Santa Caterina.








IMMAGINI



Margherita e il drago (il diavolo)
https://www.meer.com/it/61432-margherita-e-il-drago
ultimo accesso 27 marzo 2024


Dijon, Musée des Beaux-Arts, Retable du Maître des Ronds de Cobourg représentant Sainte Marguerite d’Antioche.
https://histoiresduniversites.wordpress.com/2017/02/08/martyre-de-sainte-marguerite/
ultimo accesso: 27 marzo 2024



https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2b/Sainte_Marguerite_et_Olibrius_%28cropped%29.jpg; ultimo accesso 27 marzo 2024.


Felice Brusasorci, Santa Margherita (1542-1605)
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/23/Saint_Margaret_of_Antioch_-_Felice_Brusasorci.jpg
ultimo accesso 27 marzo 2024.


Esteban Murillo, Immacolata Concezione (1652)
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7e/Inmaculada_Concepcion_%28La_Colosal%29.jpg
ultimo accesso 27 marzo 2024.


Online dal 28 dicembre 2017
Ultima revisione 27 marzo 2024
© Adalinda Gasparini