HOME PAGE
FAVOLE PUBBLICAZIONI
INCONTRI BIBLIOSITOGRAFIA SCUOLA
CV
E-MAIL

ADALINDA GASPARINI                 PSICOANALISI E FAVOLE

HOME PAGE DI GRISELDA

STELLA E MATTABRUNA
a
  Cantare
(1569)



1569
CANTARE ANONIMO
HISTORIA DELLA REGINA STELLA ET MATTABRUNA

1 Glorificata Vergine Maria,
Che in questo mondo portasti dolore
Del tuo figliuol, quando la gente ria
Gli sparse il sangue con tanto furore,
Concedi grazia nella mente mia,
Di dir d'Oriano che fu Re di Belfiore,
Di Mattabruna, e la Regina Stella,
E del figliuol, come il libro favella.

2 Questa Regina Stella era chiamata,
Più bella donna che mai fosse alcuna,
Dalla suocera sua era tanto odiata,
La quale aveva nome Mattabruna,
Madre del Re malvagia, ed insensata,
Notate ben quel che volse fortuna,
Che la Regina Stella mai facesse
Un ben che a Mattabruna non spiacesse.

 3 Questa malvagia vecchia orgogliosa,
Tenendo il suo figliuol la Signoria,
In guardia gli lasciò sempre ogni cosa,
E come madre ogn'or la riveria,
Pur la Regina Stella graziosa
De suoi orgogli forte si temia,
Di modo tal che'l Re non s'avedeva
Del falso cuor che Mattabruna aveva.

4 Non si mostrava questa vecchia alpestra,
Nessun de' suoi orgogli s'accorgia,
Pur stando un giorno insieme alia finestra,
Vidde una donna che due figli avia,
L'un da man manca, l'altro da man destra,
In su la piazza quella si venia,
A provveder si per lor da mangiare,
II Re la vidde, e cominciò a parlare.


5 Piacendo a Dio, di cosi fatto dono
Hai fatto a questa donna tanto bene,
Ed io, che Re di tutta Spagna sono,
S'io n'avessi un sarai fuor di pene,
Per tua misericordia, Signor buono,
Dimostra le tua degne virtu serene,
Per tua somma possanza, e buon consiglio
Della mia Stella mi concedi un figlio.

6 Or come piacque alia Vergine pura,
La notte la Regina ingravidossi
Di quattro figli che piacque a natura,
Di che il Re in gran gioja trovossi,
E Mattabruna, ch 'a questo pon cura,
Che la Regina Stella approssimossi
All'hora, e'l punto del suo partorire,
A l'altre donne cosi prese a dire.


7 Dicendo, ognun vadia a sua magione,
Ch'io voglio con mia nuora rimanere,
E servirolla ben d'ogni ragione,
Che sia bisogno a tutto suo volere;
Ogni donzella a casa ne mandone.
E Mattabruna all'hor vi fo a sapere
In una zambra si serrò con lei,
Dicendo: - Tu non sai quel ch'io vorrei. -

8 Con doloroso core partorendo
Questa Regina Stella graziosa,
In quel che venne gli figli facendo;
Ora udirete Signori ogni cosa :
Del corpo della madre quegli uscendo,
Cialcuno usci con grazia diletosa,
Cioe' con una catenella d'argento,
Intorno al collo tra le spalle, e'l mento.

9 Tre furno i maschi, ed una fanciulletta,
E ciascun che quelle catenelle avia,
Avea una tal grazia benedetta,
Mentre che seco addosso la tenia,
Non poteva morir di morte in fretta;
II primo che la madre partoria,
Aveva un ver segnal senza magagna,
Da poi del padre di esser Re di Spagna.

10 E Mattabruna plena di nequizia
Quei quattro figli subito prendia,
Poi si parti con perfetta malizia,
Ed un suo donzello chiamar si facia;
Senza pietade con poca amicizia,
Giunse il donzel, che Guido nome avia,
Dicendo: - Dama, che t'è in piacimento? -
Menol da canto, e diegli sacramento.


11 E in una camera dove pose i figli,
Lo menò, e disse, tu mi servirai,
Hor fa che questi figliuoli tu pigli,
Dove ti pare tu gli porterai,
Ad annegargli; fa che t'assottigli,
Tal che novella non se ne sappia mai,
E da me n'averai buon guiderdone,
E da te innanzi non sarà barone.

12 Ma se io ne sapessi mai niente,
Se tu il dicessi mai a creatura,
lo ti farei di tua vita dolente;
E lui a Mattabruna all'hor pon cura,
La minacciava si terribilmente,
Dicendo a lei non aver paura.
Dicendo, Dama, farò vostro comando,
Se ben credessi aver di vita bando.

13 E un mantel che Guido indosso aveva,
All'hora Mattabruna ebbe a pigliare,
A uno a uno quei figli metteva,
Dicendo a Guido, va dove ti pare,
Che gli annegasse, questo gli diceva;
All'hora Guido prese a sospirare,
Dicendo, Re Oriano, gli tuoi figli,
Se non gli ajuti, sono a gran perigli.

14 Alta Regina Stella dilettosa,
Che non t'accorgi del tuo gran dannaggio,
Che sei rubata di si cara cosa;
Li tuoi figliuoli riceveranno oltraggio,
Guido si parte all'hora, e non si posa,
Vassene via con amaro coraggio,
E per la selva tanto camminava,
Che a un grandissimo fiume lui arrivava.

15 Giunto al fiume, ch'era grande t'avviso,
Aperse il mantel per voler annegare
Quei quattro figli; all'hor fece un riso,
Guido gli guarda, e cominciò a pensare,
E in su la riva del fiume sta fiso,
Per gran pietade prese a lagrimare,
Dicendo: - O Dio, che creasti questi,
Alla tua immagin che gli concedesti. -

16 Che non fussin nasciuti in questo mondo,
Son questi figli da patir tormento,
Or s'io gli getto in questo fiume al fondo,
II mio cuor non sara mai contento;
Non getterò per l'alto Dio giocondo,
Hor fa di me Dio il tuo piacimento,
O Dio mio, - Guido - par che dicessi, -
Tu gli creasti, e tu gli custodisci. -


17 E 'n su la riva del fiume gli lassa,
E fagli addosso il segno della Croce,
Avvolti in quel mantel senz'altra fassa,
Poi ritornava alla vecchia feroce,
Pien di paura con la testa bassa,
E giunto a lei con parlar veloce,
Gli disse: - Dama benigna, e gradita,
Di quel che mi dicesti sete ubbidita. -

18 E Mattabruna, ch'al mal far non cala,
Credendo che sian morti que' figliuoli,
In una stalla andò sotto una scala,
Dove una bracca avea quattro cagnuoli;
Tosto gli tolse, e ritornossi in sala,
Per metter la Regina a mortal duoli,
Con essi in grembo in camera fugita,
Per farla pel dolor perder la vita.


19 E quei cagnuoli se gli messe a lato,
Gridando forte con parole strane,
Dicendo: - Puttana c'hai tu generato,
Che in adulterio sei stata con un cane,
Io ti prometto per l'alto Dio beato,
Che ti convien morire per le mie mane!  -
In modo tal che cosi arrabbiata,
Gridando fuor di camera fu andata.

20 Dov'era il Re con la sua baronia,
Ch'aspetta della donna sua novella,
Questa malvagia vecchia se ne gia,
Per metter fama ria addosso a quella,
E corrucciata forte a lei dicea:
- Gran fallo inverso te ha fatto Stella! -
Il Re rispose: - Vorrei ben saperlo - 
Mattabruna gli disse, va a vederlo.


21 Il Re sentendo si fatto parlare,
Con quei baroni ch'aveva d'intorno,
Alia camera andò senza tardare;
All'entrar dentro molti col Re furno,
E vidde Stella con quattro cani stare,
E Mattabruna allor non fe soggiomo,
Di dir al Re sbattendosi le mane:
- Adulterata ha questa con un cane. -

22 La Regina Stella non s'era sentita,
Nel parto pel dolor ch'avesse fatto;
II Re credeva, che di questa vita
Fosse passata Stella a questo tratto.
Con gran dolor di Zambra fe partita,
Ed a suoi baron si volse in cotal atto:
- Dicendo, mi maraviglio, e non lo credo
Che vero sia quel che con gl'occhi vedo. -


23 Mattabruna co suoi sensi arrabbiati.
Presto rispose, e disse: - O figliuol mio,
Di te già non son nati ne creati,
Da lei procede questo fallo rio. -
II Re allor co sua baron pregiati
Alzò le mani al Ciel lodando Dio,
Vedendo questo Mattabruna all'hora
Diè per consiglio, che la Regina mora.

24 Dicendo: - Figliuol mio, gran vendetta
Farai sopra di questa miscredente. -
II Re disse: - Di dargli morte in fretta,
Non pote sopportarlo cor vivente,
Perchè m'e stata sposa si perfetta,
Non sofferirei mai tanto inconveniente. -
La madre disse: - Fa ciò, che t'ho detto,
Se non figliuol da me sia maladetto. -


25 Il Re con gran dolor gli diè parola
Che la Regina fosse imprigionata;
Non domandar se'l Re si strugge, e scola, 
E Mattabruna forte corrucciata,
Inver la zambra come uccel che vola,
Se n'andò tutta quanta indiavolata,
E Stella sentendo all'hor ch'ella venia,
Piangendo gridò: - O Vergine Maria! -

26 E Mattabruna nella zambra entrava,
Con seco piu donzelle in compagnia,
La bella Stella pe capei pigliava,
Dandogli calci e pugna tutta via,
Fuor del suo letto si la strascinava,
Poi falsa meretrice, gli dicia,
Che al tuo marito hai latto fallo tanto,
Ma la Regina faceva gran pianto.


27 E gli figliuoli volea ricordare.
Mattabruna la bocca gli turava
Con le mani e non la lascia parlare,
E sempre andando, questa rimbrottava.
Fortemente la fe' imprigionare
Poi con istizza a tutti comandava
Che la prigione non volesse aprire
Sotto tal pena di dover morire. 

28 Pane e acqua gli dava con sua mano,
Altra persona non andava da lei
Gran dolore n'aveva il Re Oriano,
Che giorno, e notte si diceva oimei,
Per tutto Belfiore a ciascun Cristiano
Ne rincresceva, ne mai a colei,
Perche temea, che Stella co sua grazia
Non l'avesse col Re messa in disgrazia.


29 Poi che tanto male ebbe commessa,
II Re doglioso già non s'accorgeva,
E Stella piangeva forte fra se stessa
Per i bei figli, che perduto aveva,
Dicendo: - O Dio, dami la mort'espressa -
Piangendo forte tutta si struggeva
E spesso per la prigione stramortia,
Chiamando sempre Vergine Maria.

30 Torniamo a Guido, che fu deliberato
Di fuggirsi via in altri paesi,
Per i bei figli, che haveva lasciato,
Che a Mattabruna non fossi palesi;
Andossene via, che mai fu trovato,
Fra se dicendo: -  Dio, gl'abbi defesi
Che dalle fere non sian divorati! -
Torniamo a lor, che son male arrivati.


31 Era Romito Santo che servia
A Cristo benigno in quella selva folta,
Ed una cella divota gli avia,
Ed ogni dì fuora usciva una volta,
In su la riva in quel fiume venia;
Cosi andando l'occhio dritto volta,
E verso i bei figliuoli s'incontrava,
Maravigliossi, e forte gli guardava.

32 Che gli vedea star sì crudelmente,
Nudi in quel mantel senz'altra invoglia,
Prima che gli toccassi di niente,
Diceva, o Dio, non che soffri tal doglia,
De' non voler che tanta belle gente,
Or piaciati, Signor, che gli raccoglia;
Ed una voce per l'aria gli favella,
Togli, Romito, e vanne alia tua cella.


33 Ond'e' gli guarda con sua fede pura,
Tosto gli prese, e vanne via con quelli,
Dicendo, Madre di Dio santa, e pura,
Questi figliuoli son pur tanto belli;
E quando in un tempo tutti gli affigura,
Son d'una madre, disse, e son fratelli.
Vedendo le catenelle, ed ogni cosa,
Vassene via con la mente giojosa.

34 E vidde quel ch'aveva il dritto segnale,
Che d'esser Re di Spagna parea dicesse,
Questi son figli di stirpe regale,
Qualche Regina tal fallo commesse;
E poi pregava Iddio celestiale,
Non avendo latte, che dar gli potesse,
Concedimi, Signor, ch'in questi inventi
Tanto di grazia, che costor governi.


35 Or giungendo alia cella in su la porta,
Ecco una cervia bellissima allattata,
E quella cervia dilettosa, ed accorta
Cristo benigno si l'ebbe mandata;
II Romito di questo si conforta,
Giugnendo con la man l'ebbe segnata,
E quella cervia in terra si distese,
La grazia di Dio il buon Romito intese.

36 Le poppe a bocca de figliuoli pose,
Geme la cervia per gran tenerezza,
Lascia poppar le poppe graziose;
E quel Romito con molta allegrezza
Giva cogliendo erbette dilettose,
Poi tornava alia cervia con dolcezza,
Davagli da mangiare e Cristo ringrazia,
Che quella cervia stava grassa, e sazia.

37 E quella cervia santa, e benedetta,
Da quei figliuoli mai non si partia,
Sempre stava con lor nella celletta,
II Romito d'erba ben la custodia;
Cosi cresceva la brigata perfetta,
Tanto che ciascun con suoi piedi ne gia,
Le catenelle pe'l simil crescevano,
Che i putti dilettosi addosso avevano.

38 E la Regina Stella di Belfiore
Sendo in prigione in dolorosi lutti,
Gridava giorno, e notte con dolore:
- Figliuoli miei, per me sete distrutti,
E Mattabruna, per mio disonore
Me gli togliesti, e destimi can brutti;
So che son morti, lassa me tapina
Per tua man, Mattabruna paterina! -


39 Tapina me, gentile Oriano,
Credo non vederai ma più i tuoi figli,
Morta fuss'io a tal caso si strano, 
Che sarei fuora di tanti perigli;
Dapoi che voi tu creder per certano
Alla tua madre con suoi rei consigli,
Che la ti toglie ogni bene, e tesoro,
Ed io per suo fallir ho tal martoro.

40 Or qui lasciamo Stella in questa volta,
Diciamo de figliuoli, e del Romito,
Come la cervia la poppa a lor tolta,
Poi che fur grandi si parti dal sito,
A spasso andava per la selva folta,
E Cristo benigno, ch'è Signor gradito,
Spesso per un Angelo gli mandava
Del pan celeste, che gli nutricava.

41 Quel servo di Dio con molta festa
Teneva quei figliuoli nella cella,
Menava or l'uno, or l'altro alla foresta;
Ma pur del primo la storia favella,
Ch'aveva una tal forza manifesta
Piu, che mai huomo, che montasse in sella,
Alla sua vita non trovò barone,
Ch'abbatter lo potesse de l'arcione.

42 Qual fu poi di costui gran nominanza,
E più de gl'altri era grande, e membruto;
II Romito per maggior figuranza
Se lo menava sempre per ajuto,
Gl'altri lasciava in cella per baldanza,
A Cristo benigno, fin che rivenuto,
In un bel prato fuori della porta,
Dove ciascun si sollazza, e conforta.


43 Uno ch'aveva nome Triadasse,
Che stava in quella selva a far la guardia,
Che'l Re mi par che quivi lo mandasse,
Ch'aveva forza rigida, e gagliarda,
Per struggere i malandrini, che trovasse,
La selva cerca ogni dì, né mai tarda,
Di Mattabruna era servo suggetto,
E d'un Gigante avea forma, ed aspetto.

44 Acciò che i malandrini a creatura
Non facia danno, stava con alquanti,
Andanda per la selva alla Ventura,
Giunse alla cella, e veddesi davanti
Quei bei figliuoli, e 'nver' di lor pon cura;
Vidde i segnali, ch'avean tutti quanti,
Triadasse disse: - O Dio, che bei puttini.
Vedo in si gran povertà, e sì meschini! -

45 Ché gli vedeva nudi e senza panni,
Altro che alcune pelle avevan in dosso,
Disse il Gigante: - In quanti crudi affanni
Stan questi figli, che patir non posso,
D'andarlo a dire al Re parve mill'anni. -
Ed a camminar presto si fu mosso,
Più presto va, che destrier corridore,
Tanto cammina, che giunse a Belfiore.

46 La gente che vedevan Triadasse
Dicevan - Novella arreca per certano -
Non gia che quel Gigante si fermasse,
Ch'al palazzo n'andò con volto humano,
Ma parea che'l Re non vi trovasse,
Ch'arebbe avuto da lui la buona mano, 
Pur trova Mattabruna paterina,
Con riverenza la saluta, ed inchina.

47 Ella disse: - Tu sia il ben venuto,
Hor che novella arrechi tu vassallo? -
E lui rispose: - Donna, io ho veduto
La maggior nobil cosa senza fallo,
Tre bei figliuoli senza alcuno ajuto,
Quali in questa selva fan suo stallo
Con una catenella d'argento, e d'oro,
Ch'al collo porta ciaschedun di loro. -

48 Mattabruna all'hora si maraviglia,
Sentendo ricordar cotal novella,
E nel suo cuor par, che dica e bisbiglia,
- Questi seran i figli della Stella. -
E comandogli con ardite ciglia,
Che a nessun giammai non ne favella,
- Vanne alla selva, e se gli troverrai,
To' le catene, e sì gli ucciderai. -


49 Fa' che da te nol sappi mai persona,
Che da me toccherai un gran tesoro;
Triadasse all'hor piu non sermona,
Ma prestamente senza far dimoro
Inver la selva presto s'abbandona,
Che parea proprio un' arrabbiato toro,
Con il cuor di dar morte a quei fantini, 
E non guardare che lor sian piccini.

50 Tanto si volse per quel bosco folto,
Che a quella cella pure e pervenuto;
La donzella era in un mantello involto,
Che fu di Guido; il Gigante forzuto,
Quei due fratelli ciaschedun in volto,
II maggior col Romito fuor'era uscito
Per quella selva alquanto per ispasso,
Guardando il Gigante disse: - Oimè lasso.


51 Ucciderogli io mai? O che follia,
O che impietà si fo tal crudeltade! -
E poi tra se parlando ancor dicia,
- Ma s'io non faccio la sua volontade,
Mattabruna uccider mi faria. -
E detto questo senz'altra pietade
Andonne verso la brigata bella,
E lor per paura si fuggirno in cella.

52 Ma quel Gigante non fu tardo, o lento,
Sì presto, che non posson l'uscio serrare,
E drento entrava con un mal talento,
Per voler tutti di vita privare;
Pur le catenelle qual'eran d'argento
Si gli tolse, e non volse altro mal fare,
Fu tanta la pietà, che l'ebbe al cuore,
Che uccider non gli volse ed usci fuore.


53 Poi ritorna alla vecchia Mattabruna,
Dolente lasciò quei figliuoli in cella,
Perche rubata gl'aveva ciascuna,
La preziosa, e ricca catenella.
Più presto va che saetta nessuna,
Tanto che giunse a Mattabruna fella;
Quando ella il vidde, con carezze molte,
Andogl' incontro, e le catene ha tolte.

54 E in camera lo mena, e si gli disse:
- Uccidestigli tu veracemente? -
E lui rispose prima che partisse:
- Con questo brando ognun feci dolente. -
E Mattabruna le catenelle misse
In un forzier ch'aveva li presente,
E poi gli disse, io ti farò piu lieto,
Un castel ti donerò, se il tien segreto.


55 Poi Mattabruna al figliuol se n'è gita,
Dicendo: - Al viso gran vergogna porti,
Di questa gran puttana sì forbita,
Che piu di mille assai ne sono morti,
Che non hanno come lei morte servita,
Hor fa, figliuol, che questo non sopporti. -
II Re sentendo la madre cosi dire,
Rispose: - Mora, se pur dee morire. -

56 Credendo fusse il ver di quei cagnuoli,
Acconsentì che Stella si morisse,
Benché nel cuor ne portava gran duoli,
E Mattabruna parea, che godisse.
Torniamo al Romito, ch'ebbe li figliuoli,
Giunse alla cella, e parve che sentisse
Pianger quell' altri con gran stridore.
Corse là presto col fratel maggiore.

57 Trovogli in cella tutti paurosi,
In terra stavan come che sconfitti,
Disse il Romito: - O figli dilettosi,
Ch'avete, che sete da dolor trafitti? -
E non vedendo i segnali giojosi
Delle catenelle levati su ritti,
Gli dimandò: - Chi v'ha cosi rubati? -
E lor risposon tutti addolorati:

58 - El maggior huom, che si vedesse mai,
Si è colui, che nostre catene ebbe. -
Piangendo il maggior con pene, e guai,
Tanto ebbe a dir che, vendicar vorrebbe.
- O s'io ci fossi pur stato giammai,
Nessuna via portata non arebbe -
E certamente ben diceva il vero,
Tanto era con un frusto ardito, e fiero.


59 E 'l Romito si messe in orazione
Dicendo: - Dio, che facesti cielo, e terra,
Acqua, e fuoco, e tutte le persone,
A chi pace donasti, e a chi guerra,
A tal ventura, ed a tal perdizione,
A tal richezza, o povertade afferra,
Alcun facesti piu disgraziato,
Ed alcun'altro piu avventurato.

60 Sì come ogni cosa, Signor, tu facesti,
Di questi figli mi facesti dono,
Cosi ti prego che mi manifesti,
Dove son nati, e di chi figli sono.
L' Angel di Dio all'or con canti onesti,
Si disse a quel Romito santo, e buono,
Questi figli son del Re Oriano,
Odi che ti comanda Dio soprano.


61 Che tu battezzi ciaschedun di loro,
E poi ti metti in via, e vanne a corte,
Cristo benigno ti vuol far dimoro,
Che Mattabruna ha messo alla morte
La madre loro con un gran martoro,
E vuol che sopraggiunga a lei la sorte -
E dissegli come stava ogni cosa,
II Romito all'hor non fece posa.

62 L'Angel di Dio gl'ajutò a battezzare,
A uno a uno sì gli messe il nome,
Tasso il primo si ebbe a nominare,
II secondo Oriano, il terzo come
Urian Fulvian si fece chiamare,
E la donzella si chiama Belpome;
Poi comandò l'Angiolo divino,
Che al Belfiore pigliassi il cammino.


63 E comandò al Tasso che combattesse,
Per campar la lor madre dalla morte,
Arditamente con chiunque volesse,
Che Dio lo camperà d'ogni ria sorte;
Dipoi al Romito pare che dicesse,
Che dica al Re tutte le cose scorte,
Di Mattabruna, come il fatto stava,
II Romito con lor la via pigliava.

64 Belpome, la dilettosa donzella,
Lasciolla il Romito a un monastero,
II Tasso, ch'avea ancor sua catenella,
Pareva con quel frusto ardito, e fiero;
Una pelle d'orso aveva per gonnella,
II quale uccise quel garzone altero,
Degli altri fratelli le lor veste anch'elle
Eran di certe bestie le lor pelle.

65 Così camminando tutt'a tre via ratti
Con quel santo Romito in compagnia,
II Tasso gia mostrando alcun fier'atti,
Cosi parlando vanno per la via; 
Giunti a Belfiore, fuora viddon tratti
Molti stendardi con la turba ria, 
I quali menavan la Regina a morte
Ad ardere in tal fuoco a cotal sorte.

66 Eravi il Re, ed ancor Mattabruna,
Con tutta l'altra gente di Belfiore,
E la Regina Stella più che nessuna
V'era piangendo con molto dolore
Per veder la gran gente si raguna;
II Re gran doglia si n'aveva al core,
Dov'era il fuoco fu menata presente,
Un savio venne a legger fortemente.


67 La sentenzia del mal che non ha fatto,
E molt'altri falli par che mescolasse,
Poi Mattabruna fe' bandir tal patto:
A chi difender l'animo bastasse,
Venga in sul campo per provarsi un tratto
Col corpo del Gigante Triadasse;
Fatto l'aveva armar per far temenza,
A chi tenea per falsa tal sentenza.

68 E la Regina Stella di Belfiore
Diceva: - Dio, poi ch'io sono alla morte,
Una grazia domando pel mio honore,
Che miei figliuoli non abbin simil sorte,
Se alcun ne venga al mio misero core,
Acciocché alcun gaudio meco ne porte.
II Romito ciò vedendo disse al Tasso:
- Guarda, figlio, tua madre da tal passo! -

69 Non creder già, che fusse sordo, o muto,
Presto si misse con quel frusto possente :
Tutta la gente, che l'ebbon veduto,
Maravigliossi di lui fortemente,
Vedendolo si grande, e sì membruto,
Con furia camminar tra quella gente.
II Romito dietro gl'andava a vedere
Le sue forza magnanime, e'l gran potere.

70 L'altri fratelli stavan piu lontano;
Stella diceva: - O Vergine Maria,
Come mai fallo non feci al Re Oriano,
Cosi ricevi tu l'anima mia -
All'hora gli rispose quel villano
Di Triadasse dicendo: - O puttana ria,
Ch'arsa sarai in quell 'ardente fuoco! - 
Al Tasso all'hora non pareva giuoco.


71 M'a quel rispose: - Menti per la gola,
Benché tu sia sì grande, e sì armato,
Ch'io ti farò mangiar quella parola! -
E di quel frusto su l'elmo gl'ha dato
Tal colpo, che gl'occhi dalla testa cola,
E morto cadde in terra stramazzato,
Per quel colpo terribile, e possente,
Che a vederlo correva tutta la gente.

72 Ognuno diceva all'hor: - Campata è Stella
Per la man del donzel nobil persona - 
All'hora il Romito con la sua loquella
Verso del Re cosi parla, e sermona:
- Presto fa scioglier la Regina Stella,
E fa venir tua madre -  gli ragiona,
- Che ti farò insegnare i tuoi figliuoli,
Che la non partorì quattro cagnuoli. -


73 Il Re venir fe' sua madre presente,
Ch'era crucciata per colui, ch'è morto;
Udite bel miracol, buona gente,
Che fece Cristo per darci conforto.
A quella vecchia così fraudolente
Disse il Romito: - Hai tu ragione, o torto,
Mattabruna, di far morire Stella?
Udirete, Signor, strana novella. - 

74 Presente il Re, e tutta la sua gente,
Volse ogni cosa il Romito rivelare, 
Questa malvagia vecchia da niente
Voleva pure in tutto il ver negare.
Disse il Romito: - O falsa discredente,
Che i figli del Re mandasti ad annegare! - 
Poi gli disse de' cani e delle catene:
- Io ho gran voglia che ne porti le pene. -


75 All'hora il Re si fe' gran maraviglia,
Sentendo ricordar de suoi figliuoli,
E con gran rabbia la sua spada piglia,
Per dare alla sua madre mortal duoli;
Ma il Romito presto quella piglia,
E metter fe' la vecchia a cotal duoli,
In una prigione con mortale asprezza,
E Stella fu sciolta con grand'allegrezza.

76 E 'l Romito diceva al Re Oriano,
Presente la Regina, e tutta gente:
- Hor chi ti desse i tuoi figliuoli in mano,
Non saresti in tua vita piu gaudente? - 
E lui rispose: Più che mai Cristiano,
Se piacesse a Cristo onnipotente. -
II Romito menò il Re, e la Dama,
Dov'eran gl'altri duoi sotto una rama.


77 Poi fe' venir Belpome lor sorella,
Ch'era in un monaster poco lontano;
E'l Romito al Re del Tasso favella:
- Questo è 'l primo genito soprano,
E quel secondo in tal modo s'appella,
Come che te, e si chiama Oriano,
II terzo Urian Furian ha nome,
E la donzella si chiama Belpome. -

78 E 'l Re sentendo sì fatto parlare,
E ch'erano suoi figli certamente,
Per allegrezza gli corse abbracciare
Con la Regina insieme similmente.
Ma chi potrebbe le feste contare,
Per tenerezza piangeva la gente,
Alzando al ciel le man con voce pia,
Laudando Iddio, e la madre Maria.


79 El Romito poi tornava alla sua cella,
E Mattabruna che in prigion restava,
La fe' trar fuori la Regina Stella,
E col Re insieme sì gli perdonava,
Ma il gran consiglio sentì tal novella,
Che Mattabruna di tale error scampava,
La fe squartar, che ben se gli conviene,
Chi male fa, non speri d'aver bene.
Historia della Regina Stella e Mattabruna, An Italian Metrical Version of the Knight of the Swan; Henry Alfred Todd La Naissance du Chevalier du Cygne 1889, full text; http://archive.org/stream/jstor-456264/456264_djvu.txt; ultimo accesso, 28 novembre 2022.
Si è corretto parzialmente il testo per facilitarne la comprensione. Vedi anche: Cantari novellistici dal tre al cinquecento, 2002.


____________________
© Adalinda Gasparini
Online dal 22 novembre 2022
Ultima revisione: 14 marzo 2024