| C'era una volta un ubriaco che,
                    avendo perso il suo orologio in un vicolo
                    buio, lo cercava sotto un lampione. Qualcuno gli
                    chiese che senso aveva la sua ricerca, e lui rispose
                    che non c'erano altri posti illuminati. Pensiamo ora al vicolo buio come all'inconscio, e
                    alla coscienza come al cono di luce del lampione. Di
                    notte, sognando, o nella follia, delirando, vaghiamo
                    nell'oscurità, che è piena di figure, lampi, colori,
                    pericolosamente fascinanti e quasi impossibili da
                    riportare, anche solo per frammenti, nell'area
                    illuminata della coscienza. Le figure della parte
                    oscura segnalano la loro presenza anche durante la
                    veglia, attraverso i lapsus, gli atti mancati, con
                    innumerevoli sgambetti e agguati tesi al nostro
                    controllo. Più nell'oscurità che nella coscienza
                    risiedono quanto più desideriamo, Eros, e temiamo,
                    Thanatos: quando si manifestano sotto il lampione
                    rendono malcerte tutte le misure e le
                    classificazioni che credevamo di aver stabilito.
 Dove ha luogo l'educazione, e di cosa deve tener
                    conto? Nella misura in cui coincide con l'istruzione
                    e confina con l'ammaestramento, l'educazione
                    prescinde dall'oscurità, e ha come scopo quello di
                    convincere i bambini che devono stare sotto il
                    lampione, nell'area della cultura di appartenenza.
                    Si può considerare un alunno troppo fantasioso, o
                    perfino troppo intelligente, se le sue espressioni
                    non si mantengono entro il cono di luce.
 Se poi lo psicoanalista viene chiamato nella scuola
                    a offrire un contributo agli insegnanti, come mi
                    capita di fare da vent'anni con miti e favole
                    antiche, dove si colloca? Forse vuole illuminare col
                    suo sapere le parti oscure? È ciò che gli viene
                    chiesto quasi sempre: dire chi ha problemi, fornire
                    ricette per far diagnosi o prognosi. Come se avesse
                    una lampada per andare nell'oscurità, e non fosse
                    semplicemente attento a quanto dell'oscurità lascia
                    tracce nella parte illuminata. Lo psicoanalista che
                    fornisse agli insegnanti l'ideale di un'educazione
                    psicoanaliticamente illuminata seguirebbe piste
                    estranee alla realtà psichica descritta da Freud:
                    l'inconscio non è colonizzabile, l'anima può essere
                    ascoltata con più attenzione, ma il suo discorso
                    affonda sempre nel mistero. Meglio pensare a una
                    possibilità di ombreggiare con la psicoanalisi
                    qualche luogo dell'educazione in cui troppa luce
                    impedisce di crescere ai fiori delicati, come quelli
                    della realtà infantile.
 A dispetto dell'illusione umana, per la quale
                    l'ubriaco della storiella sarebbe qualcun altro, noi
                    tutti vaghiamo incerti sotto qualche lampione, ma
                    siamo anche l'orologio perduto, il vicolo buio, e il
                    cono stesso di luce. Lo psicoanalista nella scuola
                    può offrire solo un contributo alla consapevolezza
                    di tutto questo, ricordando che non esiste
                    procedimento fecondo se si trascura la domanda sul
                    senso della ricerca stessa. La parte luminosa e
                    quella oscura sono opposte e complementari, traendo
                    vita una dall'altra: il greco Esiodo raccontava che
                    dall'unione della Notte col Buio, generati dal Caos,
                    nacquero l'Etere e il Giorno.
 Se l'educatore vuole illudersi che la realtà umana
                    possa ridursi a ciò che è oggettivabile e
                    misurabile, svilendo la funzione del pensiero a una
                    pratica ossessiva di classificazione, deve negare
                    ascolto a ciò che il bambino presenta, se non gli
                    appare immediatamente iscrivibile nel suo cono di
                    luce. Non eludere la domanda sul senso
                    dell'educazione o della ricerca, che sono forme
                    della domanda sul senso della vita, permette di
                    osservare che il grado di verità di un racconto,
                    tradizionale o narrato da un bambino, non poggia
                    sulla verosimiglianza delle sue figure e della
                    successione dei suoi eventi, ma sulla pregnanza che
                    si sprigiona fra narratore e ascoltatore, e sui
                    rilanci di senso che arricchiscono e trasformano la
                    loro relazione.
 I miti e le fiabe antiche o raccolte da narratori
                    analfabeti non hanno come destinatari i bambini,
                    sono storie attraverso le quali gli esseri umani
                    comunicano indipendentemente dalla loro età, come
                    sono indipendenti da ogni confine di spazio e di
                    tempo: Cenerentola si può trovare in una tribù
                    africana come alla corte del Re Sole come in Tibet.
                    Quando l'adulto seleziona o modifica le fiabe per
                    destinarle a un pubblico infantile non pensa al
                    bambino che ha accanto, ma al suo proprio bambino
                    ideale, e del resto i grandi capolavori per
                    l'infanzia non si lasciano mai circoscrivere in
                    un'età particolare.
 Nell'ambito di un ciclo di interventi promossi dalla
                    Biblioteca Comunale di Bovezzo (BS) nel mese di
                    maggio scorso, ho raccontato in una terza elementare
                    una parte della Teogonia di Esiodo e l'episodio di
                    Ulisse col Ciclope. Il mio racconto dalla Teogonia è
                    consistito nella fabula che a partire dai quattro
                    dei originari porta alla creazione di Urano/Cielo,
                    alla sua evirazione da parte di Crono/Tempo, alla
                    nascita di Afrodite/Venere, e di Giove/Zeus. Ho
                    raccontato per mezz'ora circa, e i bambini hanno
                    avuto altrettanto tempo per disegnare o scrivere, a
                    loro scelta. Un bambino ha scritto la favola dalla
                    Teogonia, e sull'altro lato del foglio ha disegnato
                    la Terra che chiama i suoi figli in aiuto contro il
                    padre Crono (nel disegno, in
                      fondo alla pagine, si vede trasparire la parte
                      scritta dall'altra parte del foglio). 
                    Nella rinarrazione del bambino osserviamo come il
                    figlio Crono, l'eroe, sia più attivo e determinante,
                    secondo il desiderio del bambino stesso: nel mio
                    racconto, come nella Teogonia, il progetto
                    dell'agguato è tutto della Terra.
 
                   
                    Tanto tempo fa, si creò il CAOS, la
                          TERRA, l'INFERNO ed Eros. La TERRA creò, tutto da sola, il CIELO
                          affinche potessero creare nuovi esseri che
                          vivevano sulla terra.
 Nacquero i TITANI, ma dopo un po' il CIELO che
                          era invidioso costrinse la TERRA a tenere gli
                          esseri che avevano creato dentro di lei.
 Allora la TERRA chiamò i suoi figli titani e
                          chiese chi la voleva aiutare. Nessuno si fece
                          avanti tranne Crono, il più piccolo, che
                          chiese alla terra di tirare fuori, dalle sue
                          viscere, un metallo potentissimo di nome
                          Adamante per costruire una falce.
 Di notte CRONO quando il cielo scese si
                          avvicinò e tagliò gli organi genitali del
                          CIELO che caddero nel mare e formarono la
                          schiuma e dalla schiuma nacque Venere, la dea
                          dell'amore.
 Anche nel disegno che ha fatto
                    sul retro il bambino attribuisce a Crono l'idea,
                    come si legge nel fumetto. E' solo un esempio, fra
                    gli ultimi che ho raccolto, di come i bambini
                    rispondano alle favole antiche, sorprendendo i loro
                    insegnanti che si domandano come siano riusciti a
                    ricordare tutto e a rappresentarlo così bene, non
                    meno di me, che pure lo sperimento da vent'anni. Non
                    ci si abitua mai alla creatività e alla felicità
                    espressiva, come non smette mai di parlare una
                    poesia.
 
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