PICCOLO FESTIVAL DI CASI LIRICI
PER NON MORIRE


A
M A R I A   C A L L A S

A
NEW YORK 1923 - PARIGI 1977
VIDEO PER NON MORIRE
1923-1977 DICONO E RACCONTANO
500 PAROLE PER NON MORIRE

APPROFONDIMENTI
LAVORI IN CORSO


























PER NON MORIRE
CINQUECENTO PAROLE PER MARIA CALLAS
Sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poi essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia.(Pier Paolo Pasolini)

Pasolini ha compreso in Maria Callas la ferita insanabile che la donna può subire dall'uomo che ama, quando è oggetto della sua distruttività dopo essere stata oggetto del suo amore. Se è vero che Maria Callas ha  pensato a un'unione con Pasolini durante le riprese del film Medea (1969), possiamo immaginare che abbia creduto che la profonda comprensione di Pasolini potesse darle finalmente quel che aveva sempre desiderato: essere amata e compresa come donna. Ignorava che la comprensione di Pasolini era intrecciata alla sua omosessualità. Conoscendo bene il valore della poesia e dell'arte, Maria Callas non ha mai pensato che potesse riempire il vuoto dell'amore che ogni donna desidera: non avrebbe mai scelto di essere frantumata in mille schegge per essere ricostruita – da chi, da un uomo? - con il materiale della poesia. Senza che questo abbia significato per lei sottrarsi alla frantumazione – la sua sofferenza - e alla ricostruzione, in vita, ma soprattutto dopo il 1977.
Dalla storia fra Maria Callas e Aristotele Onassis, iniziata nel 1959, si dice che era nato un bambino, Omero, nato morto o morto poco dopo la nascita. In ogni caso l'armatore greco abbandonò Callas nel 1968 come Giasone aveva lasciato Medea: l'eroe greco per occupare il posto del re accanto a una futura regina, dopo aver guadagnato una posizione altissima grazie all'unione con la potentissima maga, l'armatore greco per occupare il posto lasciato vuoto dal rimpianto presidente accanto alla sua vedova Jacqueline Kennedy, dopo aver avuto accesso a una posizione prestigiosa grazie all'unione con la diva, il soprano Maria Callas.
Così Marina Abramović, sulla performance, già citata, Sevent Deaths of Maria Callas: "In molte scene, la figura dell’opera non muore da sola, ma viene uccisa da un uomo. Per Maria Callas, l’uomo che la uccide sul palcoscenico dell’opera è sempre stato Aristoteles Onassis".
Per Onassis Maria Callas potrebbe aver perduto il velo che proteggeva la sua femminilità più segreta, quella che il mito personifica con la vergine lunare Artemide. Nel filmato del 1959 nel quale Callas canta la preghiera alla dea lunare è possibile vedere la donna che diversamente da Medea, come Norma nell'opera di Bellini, sceglierà di non uccidere i figli, ovvero di annullare con la sua potenza indomabile l'ordine patriarcale al quale si era assoggettata. La donna che permette all'uomo di vedere la sua nudità si scopre a lui, gli dedica tutto ciò che ha, subordinando la sua maternità al desiderio di lui, dandogli il potere di legittimare i loro figli.
Il primo progetto di questo Piccolo Festival comprendeva, a mo' di prologo, la centesima novella del Decameron. In questa storia, che conserva intatto il suo fascino e il suo segreto a distanza di quasi sette secoli, quando Gualtieri la ripudia dicendole che sposerà una donna più giovane e nobile di lei (come Giasone e Onassis!), lasciandola sola e priva di mezzi, nuda come quando l'ha sposata,  Griselda chiede al marchese suo sposo una camicia in compenso della verginità che ha perduto, camicia che nei dipinti quattrocenteschi  è appena un velo sulla sua nudità. Griselda gli chiede di riconoscere che c'è qualcosa nella donna che l'uomo non può possedere: la sua verginità, il grembo che ha portato i suoi figli. E Gualtieri, che finge il ripudio, diversamente dal suo analogo di diciassette secoli prima e da quello di sei secoli dopo, non potrebbe aspirare a un lieto fine se non le rispondesse E tu una camiscia ne porta. Ma neanche queste parole basterebbero: il potente duca Gualtieri pronunciandole distoglie il viso per nascondere la sua commozione. Occorre che il cuore si apra e resti aperto, nell'uomo e nella donna. Per farlo occorre liberare e ascoltare i suoi battiti, sciogliendo al giusto tempo lacci e catene. Per non morire...  



BREVE BIOGRAFIA
DA NEW-YORK A PARIGI ALL'EGEO, PASSANDO PER LA GRECIA, L'ITALIA, L'EUROPA, IL MONDO



PER NON MORIRE - VIDEO DI LAURA CIONI


I PER NON MORIRE

AMAMI AMORE MIO; h 00:02:25


II PER NON MORIRE

MARIA E BATTISTA; h 00:06:23


III PER NON MORIRE

LA MUSICA E IL CIELO
, h: 0:01:23


PER NON MORIRE

L'UOMO È MOBILE?, h: 0:02:29


1923-1977




1969 Pierre Desgraupes intervista Maria Callas

Pierre Desgraupes intervista Maria Callas, per il progamma L'Invite du Dimanche, French television. Con la partecipazione di Helvira de Hidalgo, Francesco Siciliani e Luchino Visconti.

L'intervista, in francese, è sottotitolata in inglese. Qui l'ultima parte della lunga intervista, concessa nello stesso anno della Medea con Pasolini.
A Maria Callas restavano solo otto anni da vivere.
La rottura con Onassis era avvenuta solo l'anno prima, quando l'armatore l'aveva lasciata per sposare Jacqueline Kennedy.
Questa intervista contraddice la visione di Callas come grande cantante ma donna sfortunata, morta di crepacuore per le sue delusioni sentimentali dipendenti anche dalla sua incapacità di difendersi nei rapporti sentimentali. Come se questo fosse un problema solo delle dive.
La tendenza a fornire questa immagine è il tradimento peggiore nei confronti di Maria Callas, che in tutta la sua vita non ha mai scisso la sua figura privata da quella pubblica. Cadere in questo tranello, riconoscendo la grandezza dell'artista e sminuendola come donna significa non comprendere la grande cantante e attrice e ripetere banalmente la storia della donna, che se eccelle nell'arte o nella scienza è però povera e/o sfortunata nella vita sentimentale. E viceversa. Si sa fra l'altro che dopo averla lasciata Onassis tornò a bussare alla porta della Callas dopo il matrimonio con la vedova di J. F. Kennedy.

Callas: Non tutti i giorni sono buoni, questo vale per i cantanti come per gli atleti, ma bisogna sempre tendere al massimo.
D: Da tutto quello che ha detto, dal suo modo di essere, si deduce che lei ha uno straordinario senso del dovere, non tanto verso la morale comune, ma nei confronti del suo lavoro
R: Sì, si ha un dovere verso ogni cosa, e prima di tutto verso la vita. Dio, o qualunque cosa ci abbia dato la vita, e noi non abbiamo chiestodi venire al mondo, ma il nostro dovere è esserne degni, di essere un buon essere umano. In questo senso si può essere un uomo forte, o una donna, questo per me non cambia nulla, ma non si può sfuggire a questo, non ci si può nascondere dietro il dito mignolo. Per quanto sia duro, si deve essere degni di questa vita, in piccolo o in grande, ciascuno di noi dovrebbe sempre fare il proprio dovere: essere uomo o donna buoni, crescere bene i propri figli. Non si può sfuggire al dovere verso la vita.
D: Cosa significa essere degni di se stessi nel suo lavoro?
R: Cerco di esserla nella vita, non è sempre facile, non per gli altri. La gente può pensare che io sia impossibile, difficile, cattiva...
D: A volte lei parla di quel che avrebbe voluto essere, di quello che è stata, e che vorrebbe essere...
R: Sono stata tutto quello che volevo! Ho avuto una vita e una carriera che mai avrei potuto sognare, nemmeno in sogno avevo mai immginato una vita come questa. Non potrei chiedere di più, vorrei solo qualche anno ancora, per finire al massimo. Non chiedo altro.
D: A volte lei parla di se stessa come di un'altra, con la quale c'è una competizione.
R: Certo, c'è sempre un'altra. È come dice lei, ho una doppia personalità: quella che mi dà la direzione e quella che mi critica. Non è lo stesso per tutte le persone creative? Da una parte la donna che crea, lo strumento, i riflessi, e da una parte l'altra, che ascolta e dice: "Non era male, è meglio". Ci sono due persone.
D: È come se una di queste due persone fosse costretta ad essere degna dall'altra.
R: No, non sono costretta, è una forma d'amore, non posso non farlo.
D: Spesso è un sacrificio?
R: Non se si ama il proprio lavoro. Il sacrificio è dover sopportare la stupidità... degli altri, e anche la mia, a tutti capita di essere stupidi. Ma questo che appare come un sacrificio, per amore non è un sacrificio. Cos'altro avrei dovuto fare? Se avessi avuto altri interessi nella vita invece del mio canto e del mio lavoro avrei fatto altre cose, avrei avuto dei figli e sarei stata la stessa con una famiglia mia, immagino, oppure avrei suonato il pianoforte... Qualunque sia il nostro lavoro, anche pulire questo tavolo, si può farlo bene e farlo male. Non c'è modo di eludere questo punto: non è un sacrificio, è un dovere.
D: Questo sforzo implica una certa solitudine?
R: Certamente. In questa solitudine, che a volte è la cosa più difficile da sopportare, capita anche di trovare se stessi. Essere circondati dalla confusione può creare confusione, si sentono tante parole, un'infinità di parole, dette senza pensare... per questo serve la solitudine.
D: Le capita spesso di essere sola?
R: Qualche volta. Come tutti.
D: E per Maria Callas, con tutta questa fatica, è facile essere felici?
R: Spesso sono felice. Specialmente quando vedo che anno dopo anno sono riuscita a raggiungere il mio scopo, che era esprimermi con la musica, trovare, fra le note, la verità. Trovare qualcosa che, con la musica, posso trasmettere ad altri. Quel che mi ha trasmesso Hidalgo, quel che mi ha trasmesso Serafin, quel che spero di trasmettere ad altri. È una cosa bellissima, e io ho avuto questo privilegio, di esprimere me stessa, e di esser compresa dal mondo, anno dopo anno, perché io sono stata 'famosa' come dite per pochi anni, e restarla per tanti anni è molto, molto difficile. Essere compresa e apprezzata, mio Dio, cosa si può chiedere di più? 
Dispiaceri? Ne ho avuti tanti. Ma non mi è mai mancato il sostegno dei miei ammiratori, dei miei amici, dei miei fan, sia quelli che restano in silenzio che quelli che scrivono, e allora io dico: sono felice, e piena di gratitudine.
D: Questa alta concezione del suo dovere come artista dipende dal fatto che quel che lei serve è di per sé grandissimo?
R: È immenso, è inafferrabile.
D: Ha detto che sarebbe stata la stessa se il suo lavoro fosse stato pulire questo tavolo. Sarebbe stata la stessa come donna delle pulizie?
R: Sì. Perché no? E' la stessa cosa. C'è solo una differenza di dimensioni, perché questa cosa può essere  piccola o grande, ma è sempre la stessa. Non è forse così?
X: Questo è molto bello
.
R: Io penso che sia vero. Non è una questione di bellezza. Ognuno può essere grande in quello che fa, qualunque sia il suo lavoro. Non c'è nulla di cui vergognarsi se si è piccoli, perché il piccolo deve essere grande nella propria  misura. E il grande deve essere gentile verso il piccolo nella propria misura. Voi dite che io sono grande, ma non è così che io mi vedo. Quando mi fate tanti e tali complimenti, scusatemi, ma io penso che siate pazzi. Capite? Chi può capirlo? Ecco la solitudine, ecco la paura, quando mi chiedo "Buon Dio! Come farò a cantare stasera? Cosa vorranno da me? Come potrò far meglio di ieri? Meglio di quanto vorrei, sempre meglio..." È una tragedia senza fine, ma non posso farci nulla, sono nata così. Farò ancora tutto e lo farò meglio, se possibile.
- Lei si sente libera?
- Certo, io sono libera. Sono libera perché non cedo in nulla. Sono quasi sempre stata libera perché non ho mai concesso nulla. Per questo tanta gente dice che sono cattiva. (Tr. it. nostra)



DICONO E RACCONTANO

MARIA CALLAS OFFICIAL WEBSITE https://www.maria-callas.com/it/
ultimo accesso 16/08/2023


1997 Carmelo Bene, Era, ed è, l'arte

Maria Callas ha dalla sua prima apparizione ecceduto le attese stucchevoli dei melomani, imponendosi carismatica come un altrove, non solo del melodramma, di pur gradevole routine, ma soprattutto in quanto musicalità in persona, perfetta, eppure oltre la musica.

[...]
Sgombriamo il campo dall'equivoco che la commozione tributata dallo spettatore al Callas Day sia stato influenzato dal ricordo vivissimo della più grande artista lirica del secolo, e forse d'ogni tempo. Vedete, la Callas, coloritura splendida a parte, era tecnicamente un soprano drammatico, esemplare. Al tempo stesso, soprano, mezzo soprano e contralto. Sarebbe un oltraggio definirla miseramente una grande cantante. Era, ed è: l'arte!

Carmelo Bene, intervento a Zona, 18/04/2008; video online, h 00:04:42; ultimo accesso 09/08/2023.


2007 Enrico Stinchelli, Mito e paradossi di una donna sola

A distanza  di  trent’anni dalla morte  possiamo  ben parlare di  “paradosso Callas”. Abbiamo  verificato   dalle  innumerevoli  biografie e  dai  tanti  filmati a Lei  dedicati  che la Callas è oggi  più  viva  che  mai. I  suoi  dischi  vendono  a  raffica, con continue  ristampe, incessanti  rimasterizzazioni,  copertine che  mutano  di colore e  di impostazione grafica  ma  che  restituiscono sempre  lo stesso, importantissimo  lascito. Non so  quante  repliche  esistano  di quella  famosa  “Tosca”  diretta  da  De  Sabata, per quante  etichette. Si  sono  moltiplicate  le  pellicole  e i documentari  dedicati alla  Divina; la  Emi  ha  fatto la  propria  fortuna e mentre si  registra il crollo delle vendite di qualsiasi altro  cofanetto  operistico, quelli della  Callas, preziosi  scrigni  di un’ Arte  che  è  ancora  tutta  da  scoprire, continuano  magicamente ad  andare  a ruba. Il  post-Callas  ha  registrato  la  vera  e  propria  esplosione  delle   cosiddette  “nuove-Callas” , un fenomeno  imitatorio che  ha  coinvolto  schiere  di vocaliste  anche  superbe, ma  invasate  dallo  spirito  della  grande  greca. In almeno  due  casi assistiamo alla possessione medianica... (continua online; ultimo accesso 10/08/2023)


APPROFONDIMENTI
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