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PICCOLO FESTIVAL DI CASI
LIRICI PER NON MORIRE |
T O S C A ROMA TEATRO COSTANZI 1900 |
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CINQUECENTO PAROLE PER TOSCA Tosca è una cantante lirica, Lucia di
Lammermoor è una nobildonna. Entrambe conoscono la
passione, la loro e quella degli uomini. Tosca ha un
amante pittore, come lei un artista, che si ribella
all'ordine papalino che governa Roma aderendo alla
carboneria, Lucia ha per amante il peggior nemico del
fratello che sposa in segreto, come Giulietta sposa
Romeo. Uomini costretti ad agire nell'ombra, donne che
solo apparentemente si piegano all'autorità - Tosca a
quella di Scarpia, Lucia a quella del fratello. Ma
entrambe si ribellano all'ordine uccidendo chi rende
impossibile il loro amore, ed entrambe muoiono. Tosca
si getta nel vuoto dopo aver scoperto che non è
riuscita a salvare il suo amato, Lucia muore folle di
dolore. Il suo amato Edgar si uccide quando ne scopre
la morte. Come nella tragedia degli amanti
shakespeariani, alla morte dell'amato/a l'amante si
uccide. E il fascino di Tosca e di Lucia è tale che
ogni donna almeno per un momento desidera essere nei
loro panni, come ogni uomo desidera essere nei panni
di Cavaradossi e di Edgardo.
Scarpia vanta il suo sadismo come il suo potere, credendo di sottomettere la donna, ancor più desiderata se, indipendente e forte come Tosca, gli manifesta il suo odio e il suo disprezzo: Scarpia esulta per la sua potenza, ingannando Tosca col farle credere che Cavaradossi sarà fucilato a salve e potrà partire con lei, mentre in realtà lo farà giustiziare. Credendo di averla così in suo potere, Scarpia l'abbraccia ma invece del possesso della donna trova la perdita della vita, per mano di Tosca armata di pugnale. A questo punto è impossibile non osservare il lamento esterrefatto di Scarpia, seguito dalle parole di Tosca, che mostrano come emerga la natura immaginaria dell'ordine fallocratico quando si scontra con l'irriducibile potenza femminile. Altrettanto il fratello di Lucia crede di usarla per rafforzare il suo potere facendo appello al valore della stirpe e degli affetti familiari. E come Scarpia ricorre alla menzogna per portarla dalla sua parte. Se da un lato il melodramma sembra celebrare la donna come se la sua natura la portasse a scegliere l'amore mentre l'uomo sceglierebbe l'onore - quel che scrive nell'Estetica Hegel - confermando il valore della cultura patriarcale, dall'altro lo sconferma. Con la morte del barone Scarpia, capo della polizia papale, l'ordine fallocentrico rivela la sua natura immaginaria, e la donna esprime una potenza feroce proprio quando l'uomo crede di averla ridotta in suo potere. Tosca afferma la propria potenza quando ne colpisce a morte il rappresentante. Nella cultura patriarcale il maschio crescendo costruisce la sua forza al prezzo di ridurre la sua fragilità, mentre la donna vive fin da bambina sia sua forza sia la sua debolezza. Queste le parole alla fine del secondo atto: SCARPIA: Muoio!
muoio!
TOSCA: E ucciso da una donna!
[...]
E
avanti a lui tremava tutta Roma!La diversa costruzione culturale del
femminile e del maschile permettono alla donna una
flessibilità che all'uomo è inaccessibile. Almeno fino
a quando non comprende che la propria fragilità non è
più un difetto.
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TRAMA
I ATTO La Tosca di Puccini si apre con la fuga di Cesare Angelotti, console della Repubblica Romana caduta. Evaso da Castel Sant’Angelo, Angelotti si rifugia nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, nascondendosi nella cappella della marchesa Attavanti, sua sorella. Qui conosce il pittore che sta lavorando ad alcune opere della chiesa, Mario Cavaradossi: anche lui seguace delle stesse idee politiche, è pronto ad aiutarlo a fuggire. Il loro dialogo viene interrotto dall'arrivo inatteso di Floria Tosca, celebre soprano e amante di Mario che nasconde all’amata la presenza del console. Dopo una scenata di gelosia di Tosca, che ha intravisto un dipinto in cui Mario ha ritratto la marchesa mentre pregava nella chiesa, Mario la convince a calmarsi e la allontana. L’evaso, così, può uscire dal nascondiglio e rifugiarsi proprio nella villa di Mario e Tosca. Un colpo di cannone sparato da Castel Sant’Angelo avvisa che l’evasione è stata scoperta, così il barone Scarpia, capo della polizia, si mette sulle tracce di Angelotti. Entrato nella chiesa, Scarpia nota che il paniere della colazione del pittore è vuoto e trova un ventaglio della marchesa fuori posto: ne deduce che il fuggiasco potrebbe essere passato proprio di lì. Scarpia, che desidera Tosca, approfitta della sua gelosia e aumenta i suoi sospetti mostrandole il ventaglio della marchesa, come se con lei la tradisse il pittore. Quando Tosca va a cercare l'amato traditore, Scarpia la fa seguire da due sbirri. II ATTO ![]() III ATTO Tosca corre dall’amato per raccontagli della morte di Scarpia e del salvacondotto che li condurrà verso la libertà, a patto che Mario accetti di partecipare a una finta esecuzione. L'amante accetta e cade davanti al plotone: ma quando Tosca si avvicina dicendogli che può rialzarsi, scopre che Mario è morto. La morte di Scarpia e il suo innamoramento per Tosca non gli ha impedito di ingannarla, e Tosca, che gli sbirri stanno per arrestare, corre sul parapetto del torrione di Castel Sant'Angelo e si getta nel vuoto. |
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VISSI
D'ARTE |
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E LUCEVAN LE STELLE |
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OPERA
COMPLETA |
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OPERA COMPLETA, solo audio Maria Callas con Giuseppe di Stefano e Tito Gobbi Orchestra e coro del Teatro alla Scala Direttore Victor De Sabata Teatro alla Scala, Milano 1953 https://www.youtube.com/watch?v=B1kmKD-94yc; h: 01:48:52 II ATTO, audio e video Maria Callas con Renato Cioni e Tito Gobbi Regia di Franco Zeffirelli Convent Garden 1964 https://www.youtube.com/watch?v=rT-86OtwzDI; h: 00:44:38 |
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LIBRETTO |
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Melodramma in tre atti libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica musica di Giacomo Puccini La Fenice prima dell'Opera - 2008 https://www.teatrolafenice.it/wp-content/uploads/2019/03/TOSCA.pdf |
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PRIMA
DEL 1900 |
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1887, Victorien
Sardou, La Tosca, dramma in storico cinque atti |
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"Victorien Sardou (1831–1908) oggi si trova appena in una nota a piè pagina nella storia dell teatro francese del Novecento. Se non fosse per l'opera di Puccini, basata sulla sua opera, il nome di Sardou sarebbe probabilmente noto solo a studiosi di letteratura francese. Nel suo tempo fu invece uno scrittore di teatro di grande successo, universalmente riconosciuto come un uomo nato per il teatro, che aveva sulla punta delle dita tutti i trucchi del mestiere. Ispirandosi per la sua tecnica a quella del suo famosissimo predecessore, Eugene Scribe, di cui si può dire che aveva iniziato quel che oggi sichiama (con una punta di disprezzo) l'opera ben costruita, Sardou scrisse molte opere teatrali di questo genere. Una trama perfettamente meditata, sostanzialmente naturalistica, che si svolge con coerenza logica, sorprendenti colpi di scena, dialoghi ben articolati, e spesso assai incisivi – questi sono gli aspetti positivi dei drammi di Sardou. Non vi si trova però profondità di pensiero e di sentimento, mancano significati morali o sociali, manca la poesia. Sardou scrive drammi da boulevard il cui scopo principale è l'intrattenimento – l'intrattenimento gradito a una classe alta, che crea un'atmosfera di crescente suspense che cattura l'attenzione dello spettatore grazie a sensazionali eventi scenici che per il loro autore erano di gran lunga più importanti dell'approfondimento della psicologia dei personaggi. Nelle opere di Sardou l'azione sovrasta il personaggio, che si trova per così dire un piano più basso. ‘Sardoodledom’ è il termine poco lusinghiero coniato da G. B. Shaw per questo genere di opera." (Da Sardou and his La Tosca, Cambridge University Press, 2010; trad. nostra) La musica di Puccini salva dall'oblio La Tosca di Sardou perché conferisce profondità alla trama ben congegnata ma piuttosto superficiale, ed eleva i personaggi conferendo loro spessore psicologico. La popolarità straordinaria di opere come La Tosca anziché essere limitata da fonti di dubbio valore, o da libretti spesso scadenti, ne è esaltata, perché l'opera con le sue contraddizioni colpisce non solo diversi livelli di cultura e competenza musicale, ma l'intera sensibilità del singolo soggetto, composto di parti basse e parti alte. |
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DOPO
IL 1900 |
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2020 Marina
Abramović Seven Deaths of Maria Callas. Jumping |
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L'attante-soprano Tosca secondo la performer Marina Abramović Vedi la performance alla Lisson Gallery, Londra, 14 settembre - 30 ottobre 2021 ultimo accesso: 13/09/2023 Nella parte della performance del 2020
dedicata a Tosca, intitolata Jumping,
l'artista serba come la Madonna porta Willem Dafoe
sulle braccia come Maria porta il Figlio morto. Il
riferimento alla Pietà, vedi la più celebre, di
Michelangelo in San Pietro, cita il tableau vivant Pietà
(Anima Mundi) realizzato dalla performer col
compagno Ulay nel 1983. (Fig. A)
Non è difficile osservare che all'abbandono di Ulay corrisponde un irrigidimento di Willem Dafoe, le cui dita dei piedi in particolare rivelano uno scarso abbandono (Fig. B). Abramović ha dichiarato che l'attante tenore nella performance, al quale l'attante soprano Callas sacrifica la vita, è sempre una icona di Aristotele Onassis. La fascinazione esercitata su Marina da Maria Callas ha la sua origine nel ricordo... (leggi ancora) |
![]() Fig. A ![]() Fig.B |
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APPROFONDIMENTI |
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2023 Qualche parola
sul sacrifizio |
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[continua da Marina Abramović]
La fascinazione esercitata su Marina da Maria Callas ha la sua origine nel ricordo di quando l'artista aveva quattordici anni e sentì per la prima volta la voce di Callas: ne fu folgorata. La sua recente performance mette in scena la sovrapposizione della certezza di Marina Abramović che legarsi col matrimonio all'amato/amante e avere figli, avrebbe ostacolato la sua carriera, vale a dire la piena espressione della sua arte. Innamorandosi e/o cedendo alla seduzione maschile, Callas sarebbe morta, morta sette volte (Seven Deaths) come le attanti-soprano da lei interpretate (Violetta, Desdemona, Carmen, Butterfly, Lucia, Norma, Tosca). Aristotele Onassis, interpretato dall'attore statunitense, sarebbe sempre il suo carnefice. Questa lettura del sacrifizio estremo dell'attante soprano era anche la nostra lettura prima di lavorare seriamente intorno a questo tema. La nostra lettura è cambiata: l'attante-soprano si sacrifica per salvare la gerarchia fallocentrica del patriarcato, e il successo del melodramma italiano risiede proprio nella verità che questi casi-lirici raccontano. L'attante soprano, che non è per nascita l'angelo del focolare, (cortigiana, nobile, gitana, geisha, nobile della famiglia nemica, sacerdotessa) ha la possibilità di offrire la propria vita per salvare l'attante tenore, e noi ci commuoviamo fino alle lacrime o almeno sentendo la pelle d'oca ogni votla che accade. Ma l'attante tenore non beneficia del sacrificio: attanti tenori come Pinkerton o Alfredo Germont, hanno salva la vita, ma come rappresentanti del patriarcato fallocentrico risultano affatto inaffidabili. Altri attanti tenori, più innamorati, come Mario Cavaradossi amante amato di Tosca, o Pollione di Norma, muoiono insieme alla donna che si è sacrificata per loro. Resta l'eccezione di Calaf che ama Turandot e rischiando la vita per lei la conquista e ottiene l'unico finale felice del melodramma pucciniano. Peccato, come abbiamo annotato in altre pagine dedicate al nostro Piccolo Festival, che muoia il musicista Puccini, lasciando l'opera priva del finale felice. Finale felice perfetto per la storia sapienziale di Nezami nel XII secolo e per le fiabe, come quella contenuta nei Mille et un jour. Contes persans di François Pétis de la Croix (Parigi 1710-1712), dalla quale tante altre sono derivate, compresa la Turandot di Puccini. Ma non per il melodramma, dove l'amore senza limiti, infinito diciamo, trionfa, e trionfando esige la morte degli amanti, prima che abbiano occasione distancarsi l'uno dell'altro. O, meglio, prima che l'attante-soprano possa immaginare di non affrontare il sacrifizio, e vivere. Come accade a Madama Butterfly nella versione di John Luther Long (1898). Non è vero che la morte eviti che gli attanti amanti vivendo diventino noiosi e banali. Alle fiabe, le piccole immense fiabe, basta la pagina bianca, subito dopo la formula del finale e vissero felici e contenti. O forse non basta, se è vero che il racconto esige un rito di sortita che riporti alla vita quotidiana, dopo aver abitato un paese che partecipa del sogno e della fantasticheria. Riportiamo il più famoso, insieme a quello più disilluso rispetto alla presenza del magico e del meraviglioso: Ma il nostro finale non è questo. Noi non abbiamo un finale, perché non siamo personaggi di un melodramma né di una favola né di una tragedia. Siamo persone, e la nostra storia si sta ancora scrivendo.Stretta la foglia (o la soglia) larga la via Per questo ci chiediamo se ci sia una possibilità di non morire come le nostre attanti soprano senza per questo diventare né noiose né annoiate. Diciamo la nostra, sperando che ciascuno dei nostri quattro ospiti, e chi sabato 11 novembre si iscriverà al nostro Piccolo Festival... dica la sua. |
Responsabile delle citazioni e degli
appunti originali di questa pagina è Adalinda Gasparini. Grazie a Elio Martini per aver generosamente segnalato sviste o errori, grazie a chi voglia farlo. |
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2023 ultima revisione: 18 settembre 2023 |